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Gli era morta la moglie, forse. Però gli eran rimasti due figliuoli. Che, se ci pensate, due è sempre meglio che uno: se il primo è fuori (in qualsiasi senso), a casa c’è il secondo. Se uno s’ammala, l’altro lavora per due. Due, trattati in una maniera, però, identica: quel padre era amoroso per natura. Ma, questo lo san tutti, «anche tra i figlioli d’uno stesso padre, chi ha un’idea e chi un’altra. Non succede quasi mai che due fratelli abbiano gli stessi umori» (G. Papini). Anche Cristo, improvvisatosi narratore, mostra d’esserne conscio: «Il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano» (liturgia della XXIV^ domenica del tempo ordinario). Uno savio, posato, serio: era quasi un uomo-fatto. L’altro, d’altra razza: smanioso, rampante, bollente.
Anche col padre: a seconda della luna, funzionava. Un giorno al lavoro, l’altro a zonzo.
Quando partì – capita, tra figli, d’essersi annoiati dei discorsi di casa – l’umore dei rimasti si spartì lacrime e sorrisi: al padre il pianto, al fratello gli sghignazzi. Una parabola? No, «una storia vera, la storia di tutti i ritorni a Dio, dopo questa follia che è la giovinezza di molti uomini» (F. Mauriac). Amori che, per sentirsi tali, avvertono il bisogno d’annullarsi, fin quasi a perdersi: «Partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto». A perder tutto, a diventare guardiano di quelle bestie il cui nome, per tanti, è già il tuo soprannome: “E’ un porco, quell’uomo. E’ una porca, quella donna”. Il fratello casa-e-chiesa ci mette la firma, il padre ci mette le lacrime: “Chissà dove dormi stanotte, amore?” Lui, così duro con dottori, farisei – gli imbecilli che non vogliono capire cos’è che fa battere il cuore di Dio – s’addolcisce, fin quasi a sciogliersi, per i più farabutti. Certe vite non possono durare a lungo, lui lo sa: per questo, fedele, s’accantona fuori dalla porta di casa e attende. Al padre non saziano le parole di sollievo dei vicini: “Vedrai che torna: senza soldi dove vuoi che vada? Sprazzi di gioventù, vecchio: questi son i giovani d’oggi”. La risposta del padre sono i gomiti poggiati alla finestra, la sbirciata a fissare l’orizzonte, il cuore a dettare il ritmo dei pensieri. A tendere una mano a quelli del figlio: «Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e conto di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni». Ch’era l’unica cosa che al padre nessuno, tra i savi, aveva detto a mò d’incitamento: un giorno si ricorderà che tu lo pensi, e rincaserà. Abbi fede, non stancarti d’attendere.
Convintosi d’esser ancora nei pensieri del padre, s’incamminò verso casa. A fregarlo, lui che pensava d’essersi fregato per sempre il domicilio, furono le membra fiacche del padre che, d’agguato, gli piombarono addosso senza che nemmeno s’accorgesse. Ancor prima di battere al portone: «Era ancora lontano quando il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò». Al padre parve rifarsi padre una seconda-volta: anche madre, visto che si vien tutti da là. Al figlio parve, tutto d’un tratto, d’essersi innamorato del padre come mai prima d’oggi: da domattina son tuo servo, papà. Ho un debito con te. E’ per questo, però, che ci sono le vacche: per venire ammazzate nel caso certi debiti vengano estinti di buon-cuore. Senza l’obbligo di farli rientrare: «Il Signore preferisce a qualsiasi cosa la resa d’un cuore che, avendo consumato le strade e toccato il limite della propria nullità, ritorna cosciente della propria nullità» (F. Mauriac). Letteralmente distrutto, per consegnarsi alle mani della misericordia. Che, a casa di papà, per il fratello savio – quello ch’era già uomo solo perchè sapeva lavorare bene i campi – sarà sempre la forma più alta d’ingiustizia.
Alla festa c’è una sedia vuota: “Tu hai sempre fatto il bravo a casa. Fammi un regalo: lascia che faccia festa. Eran giorni che non lo vedevo che in sogno”. Il savio, di getto, a suo padre: «Questo tuo figlio». Il padre, in risposta, al figlio-maturo: «Questo tuo fratello». Per uno è figlio, per l’altro è fratello: vi sono smarrimenti che solo il cuore di chi è padre vede e misura: «Se per stare in piedi abbiamo proprio bisogno di un altro, che almeno l’Altro abbia il volto e il cuore del Padre» (P. Mazzolari).
Che, da dentro, spia ancora il ritorno del figlio che mai se n’è andato di casa.

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