Il passaggio di Cristo sulla terra é moto perpetuo e tangibile ancor oggi: nei poggi imboscati delle nostre miserie, nelle distese di uliveti delle nostre attese, nei mari tempestosi delle nostre interiorità, nelle vigne infestate dai nostri peccaminosi veleni e negli aridi deserti delle nostre Galilee. Venuto al mondo quasi nascosto, in un lembo di terra dalla quale si credeva che niente di buono sarebbe mai venuto, Cristo amò rivelare sè stesso divenendo troppo uomo tra gli uomini. Procedette terra-terra, immischiando la sua natura divina con la polvere di sentieri tortuosi e scelse di confondersi nel traffico delle innumerevoli contraddizioni del cuore di gente povera, amabile, esecrabile. Dal giorno che allacciò i suoi sandali per incamminarsi verso la vita pubblica – con Nazareth alle spalle e gli attrezzi del carpentiere in soffitta – la sua meta fu il cuore dell’uomo. Per arrivarci scelse di passare per Gerusalemme; per conquistarlo scelse di farsi crocifiggere. Il punto più alto in cui Cristo accettò di stare per guardare il punto più basso e infimo del cuore dell’uomo fu la Croce. L’Amore pazzo, folle – stolto! a detta dei Giudei – ebbe il suo trionfo in un delirio di impotenza. Il tutto é compiuto – che ci donò anzitempo la vita piena – prese la forma di uno squarcio nel Suo costato. L’Uomo Nuovo, da quel momento, sará la somma di Cristo squarciato dall’amore per ciascun uomo squarciato dal peccato. Non esisterá più Cristo sganciato dall’uomo peccatore, e non esisterá peccatore che non sia in-seguito da Cristo. Per questo il passaggio di Cristo nella vita di ciascun uomo é la storia di un incontro. Il tete-a-tete con Cristo é storia di cuori squarciati, di una tela tagliata, di un cuore ferito, inciso, ghermito: «Tutti i più grandi cristiani sono stati anime ferite» (A.W. Tozer). Un taglio che é storia di un cuore a cui Dio ha fatto una proposta (im)possibile: “Seguimi”. Avere incrociato sul proprio cammino l’Uomo-di-Galilea-che- passando-va é tripudio sinestetico di sensi: occhi che graffiano, braccia che gustano, piedi che hanno olfatto da tartufo per le rotte incerte dei dispersi. É affannosa ricerca del pastore che lascia le novantanove pecore e si smarrisce con quella smarrita, perché Dio s’é fatto uomo per smarrirsi dell’uomo, e per far fiorire, nell’umano, gelsomini di divino. Egli si smarrisce con l’uomo nel dolore e si lascia incontrare nella gioia; lo si ri-trova al croce-via di una malattia e si manifesta nel pieno della salute. Come il più passionale degli amanti traduce l’Amore in versi: «O mia colomba che stai nelle fenditure della roccia, nei nascondigli dei tuoi dirupi, fammi udire la tua voce” implorandoci, poi, di ricambiarlo: “Alzati amica mia, alzati mia bella e vieni» (Ct 2,8-14). Dentro quella fenditura che é vuoto, buco nello spazio, fallimento, il Seminatore si allieta a seminare i semi della santità e della elezione, immergendo tutta la persona in uno stato di rinnovamento e di purificazione. Cosa accade non si sa, forse un cenno, una voce, una visione, un tocco: «Essere toccati é uno degli accadimenti più emozionanti e importanti della vita: colui che ti ha toccato nell’intimo, anche una sola volta, resterà tra i tuoi profeti. Chi ti tocca é entrato in te, ormai lo ospiti in casa, traccia solchi, lavora il tuo terreno, estirpa radici, porta semi, sollecita e risveglia le sorgenti della vita» (Ermes Ronchi). Si scopre che il proprio sottosuolo é interamente posseduto da Cristo, che non ci si appartiene più, che ci si lascia condurre dove non si vuole, balbettando continuamente nel cuore e nella mente un generoso e incondizionato ‘sì’. Solo nella ferita del sì si scopre che il seme di elezione germina nelle fibre dell’esistenza in modo unico e personale: «Io sono stato creato per fare o per essere qualche cosa per cui nessun altro é stato creato» (Newman). Nella ferita del sì, Maria é diventata la Madre, Saulo il persecutore divenne Paolo l’evangelizzatore, il Giona disobbediente divenne profeta, Mosé passò dal fallimento alla trasfigurazione, Levi si alzò dal banco delle imposte e, divenuto Matteo, andò a recuperare vite scucite dal peccato dietro al Maestro. Come Simone quando divenne Pietro.
Essere ghermiti da Cristo é testimonianza verace di una vita stravolta, di un nome che cambia, di nuovi indirizzi, della seduzione del lasciare tutto per ritrovare quel tutto centuplicato, del sentirsi felici. Dire sì é cercare la vita. Chi cerca la vita Lo incontrerá, e chi trova Lui troverà Vita in pienezza.