Nizza

Forse aveva ragione Jorge Luis Borges quando scrisse che «stampando una notizia in grandi lettere, la gente pensa che sia indiscutibilmente vera». La notizia, pochi giorni fa, era da pubblicare a grandi-lettere: «Il serial killer Donato Bilancia si è diplomato in carcere». Si sono diplomati quasi cinquecentomila studenti in questi giorni: della maggior parte di loro, “centini con lode” a parte, la stampa non ha dedicato nessun cenno. Per lo studente-Bilancia s’è mossa, ancora una volta e suo malgrado, la stampa nazionale. Ne valeva-la-pena, sopratutto per uno la cui pena da scontare supera di gran lunga la durata di un’esistenza umana qualsiasi: tredici ergastoli più parecchi anni da aggiungerci. Sarebbe stato meglio far scorrere sottobanco la notizia? Chi scrive è convinto che fosse necessario raccontarla: la notizia vera, però, non quella giornalistica. E la verità di quella notizia non era tanto il diploma di ragioniere del detenuto in questione quanto il fatto che ad un uomo con siffatta storia addosso qualcuno, dentro l’inferno della detenzione, abbia deciso d’investirci il suo tempo, la sua passione, esprimere il suo credo nella risurrezione-dei-viventi prima che dei morti (Amen). Quand’è arrivato nella galera di Padova, quasi quattro lustri fa, Donato era un killer inferocito, catturato poco tempo prima: dopo vent’anni, con buona pace di chi non l’accetterà mai, è un uomo che sta imparando, risalendo a tentoni la ripida scarpata, a riconoscere nel suo inferno ciò che inferno non è: mica poca cosa per uno ch’era abituato a confondere il suo cervello per il Cielo.
E’ una notizia-bomba in giorni nei quali sono le bombe a fare notizia: i giorni del terrore, delle bombe mirate, dei tir usati come falci per recidere la primavera. Il sospetto ormai è una certezza: buona parte del terrorismo sboccia nelle galere, qualcuno entra con un diploma in marijuana ed esce con dottorato in terrorismo. Il guadagno d’averlo chiuso, tenuto rinchiuso, è un coccodrillo che ringrazia per l’opportunità datagli. Lo si capisce bene all’indomani di certe stragi del terrore, come quella dell’altra sera sul lungomare di Nizza: tutti esperti, tanti “era da aspettarselo”, forse troppi topi-da-biblioteca: “le carceri sono filiere di terrorismo”. Che farsene di sismologi che prendono il microfono all’indomani di un terremoto? O di geologi che intervengono subito il dramma di un’alluvione? Il beneficio è che sismologo e geologo (anche il prete) intervengano prendendo parola prima che le cose accadano: «Se noi salveremo solo i nostri corpi dai campi di prigionia – scriveva Etty Hillesum -, dovunque essi siano, sarà troppo poco. Non si tratta infatti di conservare questa vita a ogni costo, ma di come la si conserva». Il disinteresse delle carceri, dunque, è il disinteresse nei confronti di un’intera città, anche di un’intera civiltà: prendersene cura – lasciando come prezzo l’insinuazione d’essere ingenui – è intervenire prima che le cose accadano, predire bel tempo quand’è buio fitto, stanare la bellezza nell’opacità del male. L’impopolarità di chi spende giorni e stagioni dentro il ventre magmatico delle patrie galere è tutto qui: credere che, prendendosi cura, le loro vite potranno un giorno andare diversamente da come sono andate finora.
Come nel caso del ragioniere-Bilancia. Il suo potenziale di terrore è stato disinnescato da una presenza femminile, una di quelle che, dietro il ferro e il cemento, son capaci di ricostruire case nuove usando le pietre di quelle andate in rovina: l’arte del rammendo, da queste parti, è un anticipo di bel-tempo. Per due decadi s’è presa cura di lui, scordandosi forse di lei. Oggi che il male ne sta arrestando il cammino, il ragioniere ha imparato a far quadrare i conti: «Ho fatto tutto il possibile a scuola: volevo che lei capisse che non ha perso tempo con me tutti questi anni». Il terrorismo vinto dall’amore: è notizia a grandi-lettere.

(da Il Mattino di Padova, 17 luglio 2016)

 


Leggi anche:
Donato Bilancia. La vera notizia è un’altra, da Il Sussidiario, 16 luglio 2016

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