donFortunatoDiNoto

L’uomo l’hanno lasciato solo, spaventosamente solo. Ciò che da anni grida, però, non è “solo” un cruccio suo, è patrimonio mondiale dell’umanità: eppur sembra essere cagione di godimento velare la sua profezia con un mantello d’indifferenza. Perché l’opera di don Fortunato Di Noto – parroco di Avola (SR), fondatore di Associazione Meter – non è qualcosa di losco, di barbaro, di guercio. E’ qualcosa che ha a che fare direttamente con la presenza di Lucifero dentro la storia: violentare l’innocenza bambina è attentare al sogno primordiale di Dio. E’ voler inquinare le sorgenti per avvelenare l’intero corso del fiume: «Per comprendere meglio la questione e per superare l’idea che le foto e i video non sono realizzazioni virtuali ma reali – ha commentato presentando i dati del Report 2015 -, si pensi che stiamo denunciando il coinvolgimento di circa 700.000 bambini ridotti in schiavitù sessuale in tutto il mondo».
Per capire il dramma lancinante di questo prete – simile per stazza a Bud Spencer, identico nel cuore a Fra’ Cristoforo – centrano i numeri: in questo caso il numero “settecentomila”. I numeri non sono gli stessi per tutti gli uomini. Per qualcuno, quelli che fanno informazione, i numeri sono dei dati. Per altri sono cifre. Per altri, che sono dei sapienti, sono indici da analizzare. Per chi commercia sono indizi di fortuna. Per costoro, tutti questi numeri stanno zitti, non dicono più di tanto. Per don Fortunato, invece, questi numeri sono come le stelle del Piccolo Principe: sono numeri che sanno piangere. Solo a casa sua questi numeri singhiozzano, son numeri che nessuno possiede: «Credo sia opportuno – continua don Di Noto – sottolineare e ribadire che dietro una unità c’è un bambino violato e schiavizzato sessualmente». In ogni numero abita una storia bambina, quel bambino fa piangere il numero: settecentomila sonagli che piangono. Eppure il vicinato umano tace, lo vorrebbero muto pure lui che da trent’anni sta in piedi a denunciare abusi e nefandezze perpetrate nei confronti dell’infanzia violata. Osano ancora chiamarlo prete-anti-pedofili: chi fa uso di quest’espressione sa di mentire. Non esiste il pedofilo, esiste la pedofilia che è cosa assai più estesa. Il pedofilo, qualora esistesse, sarebbe una unità, una monade, un pezzo di corpo malato: lo esporti e la sua presenza è stata bandita. Il problema è che ad esistere è la pedofilia: che, grazie al silenzio omertoso di chi tace, è diventata una filosofia, una moda, uno stile di vita sposato da intere lobby criminali. Una tendenza, la cui valenza sessuale è solo l’ultimo approdo di un pensiero inquinato. Persino malsano, ignominioso, perverso.
I potenti, questo prete, l’hanno isolato. Qualcuno lo minaccia di morte a scadenze puntuali: sono troppi gli interessi che le sue parole destano dal sonno. Oggi, a Piazza San Pietro, celebrerà la XX^ Giornata Bambini Vittime. Il titolo è coraggioso: «Fanciulli, alzatevi!». I potenti si turano le orecchie: che importa? Gli vengono in soccorso i bambini: lui aiuta loro, loro ricambiano. L’hanno aiutato l’altro giorno i tre bambini di Parco Caivano (NA): hanno alzato la testa e hanno permesso agli investigatori di catturare Raimondo Caputo, l’uomo che due anni fa, dopo averla abusata, ha ucciso Fortuna Loffredo gettandola dal balcone del palazzo-muto. L’omertà degli adulti, però, non è più tutto: «Gli adulti ostacolavano le indagini, i piccoli hanno permesso una svolta» ha detto il procuratore aggiunto di Napoli Nord, Domenico Airoma. Da qualche giorno don Fortunato non è più completamente solo: i bambini stanno ridandogli quella speranza che lui, per decenni, ha assicurato loro, gridando nel deserto. Tre bambini che denunciano, però, sono il racconto di un sogno diventato segno: i bambini iniziano ad auto-difendersi. Ad alzarsi.
Una notizia-bomba pagata con trent’anni di lotte solitarie.

(da Il Mattino di Padova, 1 maggio 2016)

 

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