Li abbiamo colti di sorpresa. A loro, uomini d’armi e d’imboscate, abbiamo teso un agguato: “Dopo l’omelia, facciamo anche noi la lavanda dei piedi. Come ha fatto Gesù”. Pur sorpresi, hanno accettato senza opporre resistenze. Il sacrestano m’ha tolto la casula, m’ha fatto indossare il grembiule, mi ha armato di brocca e catino. Con stola e grembiule, poi, mi son messo a maneggiare gli arnesi folli dell’amore divino. Rattrappito per terra come una talpa – rattrappito per terra come Cristo – ho organizzato la festa al mio olfatto: l’odore lercio della pelle sudata, il mistero spietato di piedi senza dita, il gonfiore pallido di caviglie usurate. Unghie nero-caligine, piedi anoressici e ansimanti, vene varicose, dita ammuffite: odore, sudore, cicatrici. Ho versato acqua ad oltranza, ho asciugato l’acqua versata: ciò che con acqua e strofinaccio non ero riuscito a togliere, l’ho affidato alla scioltezza di un bacio. Era memoria, pro-memoria, memoria-le. Mentre facevo il bucato a quelle estremità, qualcuno sembrava ritrarre il piede, altri l’allungavano, altri parevano riluttanti: uno m’ha sussurrato un “grazie” soffuso, fanciullesco più che bambinesco. Senza guardarlo, ho chiesto alla Giustizia di chi fosse quel piede-di-grazie: “Del più bandito”, m’ha risposto. E’ piombata la Misericordia: “Cristo coi piedi di Giuda? Nessun differenza: stesso amore, identica dolcezza, medesimo trasporto”. Con le mani tra lo loro dita, ho intuito, giovedì, che stavo lavando, per conto terzi, i piedi al casato di Giuda: è stato d’incanto, è stato evangelico. Quel lerciume era soave: odore di pecore.
Venerdì gli hanno bloccato le mani a Cristo, mica la lingua. Il suo, dunque, fu un mastodontico peccato di mani, non di bocca: quella gliela lasciarono intatta, la veste non la strapparono. Le mani, invece, gliele trivellarono di ferro: erano pericolose, poco opportune, importune. L’eco delle parole va sfumando, la furia dei gesti rimane stampata nella memoria, ad imperitura memoria: per questo, forse, fu uomo di gesti più che di parole. Il mondo di quaggiù capì, non capì: dapprima non lo riconobbe, poi non lo volle. Crocifisso, s’accorse di volerlo: «Volgeranno lo sguardo a Colui che hanno trafitto» (Gv 19,37). Valli a capire tu gli uomini, vallo a capire tu quel parroco. In vista della lavanda dei piedi, sul bollettino ha messo le cose bene in chiaro, dieci giorni prima: “Ricordo ai genitori dei bambini che faranno la lavanda dei piedi che è opportuno lavare loro bene i piedi prima della messa”. Lui, giovedì, ha lavato piedi profumati, sbiancati di borotalco, carezzati da calze di lino: a lavare dei piedi-puliti, però, sono capaci in tanti. Sono quelli odorosi a segnare il destino delle mani che li sciacqueranno: «Se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario?» (Mt 5,47). Lavate dei piedi puliti: che fate di straordinario?
A Giuda-piedi-lavati quel bacio, poi, rimase come groppo in gola. Appena ebbe l’occasione, se ne sbarazzò tutto d’un tratto: «Giuda, con un bacio tu tradisci il Figlio dell’uomo» (Lc 22,48). Non s’accorse, pur discepolo, che quel bacio era una segnaletica stradale: abbandonatolo per strada, perdette la sua di strada. L’hanno trovato morto, squattrinato, della morte di un suicida: con la cianosi del viso, le emorragie sottocongiuntivali, la protrusione della lingua. L’unica stramberia trovatagli addosso furono i piedi-lavati, come di chi è pronto per un incontro d’amore. Chi glieli lavò – l’Amico dalle mani d’oro, inchiodate – anche per lui pagò dazio sul Golgota: tant’è che, appena risorto, ha continuato ad intestardirsi coi piedi dei fratelli di Giuda, mai stanco di perdonare, di lavare. Che sia risorto proprio per i fratelli dell’Iscariota, quest’anno? Che, differenti da Giuda, capiscano che, oltre il tradimento, c’è solo un crimine che fa piangere Dio: anche solo il pensiero che qualche peccato, dopo Pasqua, sia rimasto ancora più grande dell’amore. Che qualche peccato sia rimasto imperdonabile.
(da Il Mattino di Padova, 27 marzo 2016)