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Il proprio nome, sulla bocca di tutti. Citato dal Presidente della Repubblica, nel suo discorso di fine d’anno. Come esempio positivo, a causa di gesta sportive degne di note. È quello che è capitato a Nicole Orlando, ospite la sera del 12 gennaio della trasmissione Ballarò.
Il motivo per cui è tributata tanta gloria a lei è che si tratta di un’atleta plurimedagliata, a seguito della spedizione azzurra in Sudafrica , per i mondiali di atletica dedicati alle persone con sindrome di Down. Ha fatto il giro del mondo quella foto di Nicole, avvolta nella bandiera italiana, con la medaglia al collo, sollevata, gli occhi lucidi, rivolti al cielo; è la mamma a spiegare il dettaglio più intimo e familiare: Stava pensando alla nonna, che è morta l’anno scorso e avrebbe dovuto accompagnarla nella trasferta africana».
È buffo. Mentre la cultura occidentale insegue la perfezione dei nati, fino al considerare il figlio sano un diritto inalienabile per cui chiedere i danni all’ospedale, in caso di mancata ricezione, mentre è considerato un successo da festeggiare la diminuzione del diffusione della sindrome di Down (vi disilludo subito: no, non significa che la medicina ha progredito nella sua cura, è semplicemente aumentato il numero di aborti, per cui ne nascono meno), accade che Nicole Orlando sia citata nel discorso di fine anno.
Saranno i paradossi dell’età moderna.
A voler essere caparbiamente ottimisti, viene da pensare che… Qualcosa si muove.
Forse è ancora possibile pensare che una persona diversa dalla norma non sia un danno da risarcire, ma abbia, al contrario, dignità e capacità di offrire qualcosa di sé al mondo.
Anzi, di più, le sia possibile diventare un testimonial positivo per lo sport, mondo fin troppo inquinato da esecrabili esempi di truffa ed imbrogli, dal calcio scommesse al doping, dall‘incapacità di perdere alla mancanza di rispetto nei confronti del proprio pubblico.
Proprio di fronte a ciò, Nicole è un riscatto non solo per tutti i “perdenti” della storia, che, come Rocky Balboa, inseguono un sogno a partire dal fondo, senza nessun privilegio e con niente da perdere perché partono con nulla e nulla devono dimostrare. E arrivano a vincere, proprio per questo motivo: non hanno paura di farlo, di scommettere tutto sul nulla, consapevoli che anche il poco, conquistato con fatica, sudore e passione, è un infinito che straborda e arriva all’inverosimile di portare alla felicità.
Scherzi della matematica, che a fronte dell’abisso del cuore umano, finisce in bambola, incapace di soggiogare alle proprie regole le sue necessità.
Perché sì, oltre tutto, alla domanda delle domande, cioè “sei felice?” ha il coraggio di rispondere quel sì che abbatte non solo barriere, ma pregiudizi, paure ed ipocrisie di fronte ad una diversa normalità, di fronte alla quale i più si sentono spiazzati e confusi.
Perché, in effetti, a spiazzare è la sua normalità. La passione per lo sport, il tifo calcistico per l’Inter, la preferenza per il giocatore Liajic, il lavoro come segretaria, gli allenamenti costanti (preludio inevitabile ad ogni successo sportivo che non sia solo utopico) e il sogno di fare l’attrice.

Davvero c’è bisogno di specificare la diversità? Sì, ce n’è bisogno, perché la diversità è – sempre – una ricchezza e, probabilmente, la delicatezza con cui lei ci sa spiazzare, forse, non avrebbe la stessa forza carismatica, in nessun “normodotato”. Sportiva sin da piccola, prima col nuoto, in seguito con la ginnastica artistica: si ritrova ora, a ventidue anni, a tornare a casa dai Mondiali, con quattro medaglie d’oro (100 metri, salto in lungo, triathlon con record del mondo e staffetta 4 x 100) ed una d’argento (200 metri). Un bel bottino per chiunque. Senza far distinzione alcuna.
Perché una medaglia è pur sempre una medaglia. Ha sempre il proprio rovescio, certo, ma riceverne una è sempre ed indistintamente un attestato di stima e di merito, oltreché riconoscimento dell’impegno profuso, di allenamenti continui, di tenacia e caparbia. Perché, inutile dirlo, un campione si costruisce sempre – innanzitutto – a partire dalla testa: in particolare, quando si parla di sport e di performance individuali, dove ci si ritrova soli con se stessi, le proprie potenzialità, ma anche le proprie paure e le proprie insufficienze. Infatti, quando il primo avversario da sconfiggere è se stessi, è sempre, inevitabilmente, anche il più ostico da superare, perché rappresenta non solo il primo ma anche l’ultimo ostacolo da superare, prima di raggiungere la vittoria.
Ma a spiazzare è anche la sincerità. Perché ammette, senza ipocrisie e falsa modestia “Sono contenta, mi piace vincere le medaglie”. Ma poi, non perde i piedi ben “piantati per terra, perché si affretta ad aggiungere: devo preparare alle Olimpiadi di luglio, a Firenze”.
Sì, l’Italia ha proprio bisogno di donne come Nicole. Ma forse è riduttivo. Perché il mondo intero ha bisogno di persone: semplici, concrete, coi piedi per terra , ma lo sguardo alto, verso il cielo.


Per un approfondimento:

Nicole Orlando, l’atleta down entra nella leggenda 

La sindrome di down non ferma l’atleta dei record

Nicole Orlando, 4 volte d’oro

Nicole, 4 ori contro i pregiudizi

Le lacrime di Nicole Orlando

“Mi piace vincere e adoro la vita”

Puntata di Ballarò

 

 

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