Il pontificato di Giovanni Paolo II è stato per lunghezza il secondo nella storia della Chiesa dell’ultimo millennio con 26 anni, 5 mesi e 17 giorni, secondo solo a quello di Pio IX, Giovanni Maria Mastai Ferretti, eletto il 16 giugno 1846 e morto il 7 febbraio 1878 ( 31 anni, 7 mesi e 22 giorni). Ma quello di Wojtyla è il terzo pontificato per durata nella storia bimillenaria della Chiesa, contando anche san Pietro cui la tradizione attribuisce, come primo successore di Cristo, una durata in carica tra i 34 e i 37 anni. Nel calcolo dei pontificati più lunghi non rientra quello di Benedetto XIII, il cardinale spagnolo Pedro Martinez de Luna, antipapa d’obbedienza avignonese, rimasto in carica 28 anni.
Non fosse altro che per la durata del suo regno, Giovanni Paolo II è stato un papa eccezionale. Un solo confronto: durante il suo pontificato si sono succeduti cinque presidenti degli Stati Uniti e sei capi della Russia (Per gli Stati Uniti: Jimmy Carter, Ronald Reagan, George Bush, Bill Clinton, George Bush Jr. Per la Russia: Leonid Breznev, Yuri Andropov, Constantin Cernenko, Mikhail Gorbacev, Boris Eltsin, Vladimir Putin.). Ciò significa che, dopo la sua elezione al trono di Pietro, nel mondo si sono verificati grandi cambiamenti: la morte del comunismo, l’allargamento dell’Europa, la crescita dell’Islam, lo sviluppo del terrorismo, la mondializzazione, tutti fenomeni sconosciuti, se non addirittura inimmaginabili, nel 1978. Ciò significa, inoltre, che il papa è stato testimone ed artefice di un’evoluzione profonda della Chiesa cattolica, passata da 757 milioni ad oltre un miliardo di fedeli, che ha affrontato la rapida decristianizzazione dell’Europa, la crescente concorrenza delle sette, l’importante spostamento del cattolicesimo verso il Sud del pianeta, il rifiuto d’ogni magistero, specie se morale, nelle società ricche. Questo lungo pontificato di Wojtyla – quasi 10000 giorni vissuti in Vaticano -, lo si può riassumere con quattro motti, che ne caratterizzano le stagioni più creative, corrispondenti ai bienni 1978-1979, 1985-1986, 1994-1995 e agli anni della resistenza alla malattia, seguiti al Grande Giubileo.
“Aprite le porte a Cristo”
Il primo motto lo pronuncia durante la celebrazione d’apertura del suo ministero come Pastore Universale della Chiesa, il 22 ottobre 1978. Gladioli rossi e bianchi circondano l’altare; alla messa inaugurale, celebrata all’aperto, assistono più di trecentomila persone, di cui 2000 fanno parte della delegazione polacca capeggiata dal presidente della Repubblica, Henryk Jablonski.
Il pontefice pronuncia in italiano l’omelia della messa. Celebre rimane il passaggio: “Aprite, spalancate le porte a Cristo. Al suo potere di salvazione, aprite i confini degli Stati, i sistemi economici e politici, i vasti campi della cultura, della civiltà e del progresso. Non temete. Cristo sa che cosa c’è nell’uomo. Egli solo lo sa… Vi chiedo, vi prego con umiltà e fiducia, lasciate che Cristo parli all’uomo. Egli solo ha parole di vita, sì, di vita eterna”. Questo motto caratterizza la fase nascente del Pontificato, la sua felice proiezione missionaria in ogni continente, l’uso creativo dei media, il primo scontro con le “potenze mondane”, fino al dramma dell’attentato e alla lunga sfida con il sistema comunista e l’impero sovietico. Già l’elezione del cardinale Wojtyla aveva incoraggiato i polacchi e allarmato il Cremlino. Quell’incoraggiamento diviene pieno con la prima visita in Polonia (2-10 giugno 1979): per nove giorni la fede cristiana torna sulla scena pubblica e la domina, mostrando che è in grado di convocare folle più grandi di quante la propaganda atea non ne abbia mai adunate. Quelle folle non si scioglieranno più: da assemblee di Chiesa, diverranno adunate sindacali ed, infine, manifestazioni politiche. L’attitudine dell’uomo Wojtyla all’uso dei media fu stimolata dall’eco straordinaria suscitata dalla sua elezione e ancor più dall’attenzione da essi prestata al viaggio in Messico (gennaio 1979) e soprattutto a quello in Polonia: “Vi ringrazio per aver portato tutto il mondo in Polonia, tenendolo al mio fianco e facendolo partecipare a queste preziose giornate di preghiera e di mio ritorno a casa“, così salutò i giornalisti il 10 giugno 1979 a Cracovia. Già nel primo anno di pontificato, papa Giovanni Paolo II dà corpo alla proiezione universale della sua missione alle genti: verso il Sud del mondo con il viaggio in Messico, verso Est con il trionfale “ritorno in Patria”, verso il Nord e l’Ovest con la missione congiunta in Irlanda e negli Usa (29 settembre-8 ottobre). Poco dopo il compimento del primo anno di pontificato, la visita in Turchia e a Costantinopoli del novembre del 1979, dove ha incontrato il patriarca ortodosso Demetrio I, completa lo scenario della missione pontificale con i primi approcci al mondo dell’Ortodossia e a quello dell’Islam, che tanto l’occuperanno nello sviluppo del pontificato.
Il 12 settembre 1982, durante la visita pastorale a Padova, anche la nostra Università spalanca le porte a Giovanni Paolo II: “Con viva e profonda gioia mi trovo qui oggi, in mezzo a voi, in questa celebre università e vi porgo il mio saluto, unito al sentimento di alta stima nei confronti della cultura, che voi rappresentate, e di questo luogo privilegiato, in cui essa ha avuto singolari manifestazioni, che hanno lasciato una incisiva impronta nel pensiero umano…“.
Della fase nascente del pontificato e a contrasto della sua proiezione ad extra, fa parte l’attentato alla sua vita perpetrato con due colpi esplosi da una Browning calibro 9 dal ventitreenne estremista turco, militante dei “Lupi Grigi”, Mehemet Alì Agca il 13 maggio 1981 alle ore 17.17, mentre il Santo Padre in automobile percorre Piazza San Pietro tra gli applausi della folla. Il rapido ricovero al policlinico Gemelli lo salva, lasciando, però, serie conseguenze sulla sua salute. Il Papa è andato poi a trovare il terrorista nel carcere di Rebibbia il 27 dicembre 1983 e il 13 giugno 2000 Agca è stato graziato dal presidente della Repubblica Ciampi ed estradato in Turchia.
Agli occhi dell’opinione pubblica, il Pontificato di Giovanni Paolo II è caratterizzato dal segno drammatico dell’attentato e da quello pacifico dei viaggi. Ha usato le visite pastorali e i pellegrinaggi sia come mezzo di comunicazione di massa, sia come strumento per il governo della Chiesa. Il continuo viaggiare – anche quando gli divenne faticoso – è stato l’aspetto più vistoso ed originale del Pontificato.