MariadiNazarethL’ultima occasione è capitata qualche giorno fa alla periferia di Padova: centinaia di fedeli sono accorsi ad ascoltare la testimonianza di uno dei veggenti di Medjugorje. Il motivo è fanciullesco: ciò che negli anni Ottanta era poco più che un pugno di case – fra povere vigne, strade sconnesse e campi di tabacco – è diventato oggi uno dei posti di fede più dibattuti al mondo. Talmente controverso che certi programmi d’informazione reggono il loro intero palinsesto (o quasi) sulle apparizioni di Medjugorje. “Ci vai, vero?” – mi hanno chiesto alcuni amici che conoscono la mia spiritualità mariana. Nell’apprendere la mia risposta – “Non ne vedo la necessità” – si sono infastiditi. Come per dire: “Anche tu sei di quelli che non credono a Medjugorje, allora?” In realtà la verità è tutt’altra: sin da bambino ho imparato ad affidarmi alla protezione della Madonna di Monte Berico, presenza che il popolo vicentino sente talmente familiare che non sento minimamente il bisogno d’andar più lontano per confidarmi con Lei. “Però la Madonna di Medjugorje è tutta un’altra cosa” – hanno ribattuto i miei amici. Nella risposta, un sospetto: non saranno per caso convinti che esistano madonne più o meno potenti in giro per il mondo?

Nessun figlio, nemmeno quello di Dio, potrebbe vantarsi d’avere più madri. Come spiegare ai miei amici che dopo l’avvento di Gesù di Nazareth tutto ciò che Dio voleva dire e voleva dare al mondo è stato detto e dato una volta per sempre? Che non ci sarà più nulla da aggiungere alla Rivelazione di Dio, nella cui confidenza c’è il tutto che serve per la salvezza? Che le apparizioni – oltre un migliaio quelle riconosciute – non aggiungono nulla alla dottrina della fede? E’ arduo da spiegare, sopratutto in un’epoca alla disperata ricerca di un cristianesimo che somigli sempre più ad un’emozione, ad un movimento del cuore, ad un’idea astratta di bontà e verità. Come spiegare loro – e quanto mi piacerebbe – quel vecchio adagio latino nel quale abita tutto l’intrigo della devozione cristiana, che è tutt’altra cosa da una specie di gelosa concorrenza tra Maria, la Trinità e i Santi: «ad Jesum per Mariam» (“Verso Cristo attraverso Maria). Cristo è l’approdo finale, Maria è la strada maestra: togliere a Maria non è ingigantire Cristo, e celebrare la gloria di Maria non è rimpicciolire Cristo. Pregare Maria somiglia tanto alle “ripetizioni” pomeridiane a scuola: t’aiutano a comprendere meglio la lezione del mattino, te la snocciolano con più calma, ti dispiegano i passaggi non capiti, quelli più difficili. Non ti fanno una lezione diversa, non t’aggiungono nulla al contenuto: semplicemente t’aiutano a farlo tuo. Così è di Maria: quando appare non è per una questione di “concorrenza” ma di maternità: per confortare i cuori, per ricordare la direzione (Cristo), per tradurre nel concreto di qualsiasi tempo ed epoca storica l’unico messaggio, quello del Figlio al quale mai s’azzarderebbe d’aggiungere o togliere nulla.
In un recente sondaggio circa le figure più pregate dai cristiani, Maria campeggia al primo posto; per trovare il nome di Gesù dobbiamo scendere al quinto, accettando d’incontrare prima padre Pio da Pietrelcina (quarto posto). Qualcosa, dunque, sembra non quadrare. D’altronde la Chiesa, nel valutare le apparizioni, ha sempre guardato se l’apparizione avvicina a Cristo o tende ad allontanare da Lui. Che significa: quando Cristo è messo un po’ da parte, qualcosa forse è stato traviato. Perché nei Vangeli Maria somiglia ad una vetrata attraverso la quale scorgere la meraviglia di un paesaggio chiamato Cristo. Alla vetrata non pensi mai perché l’umiltà di quel vetro lascia trasparire il tutto senza mai farsi guardare. E’ rimasta l’unica velleità di Maria: non quella di sorpassare Cristo ma di rimanerne il segnale più affidabile. Più discreto.

(da Il Mattino di Padova, 31 agosto 2014)

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