E’ il 16 ottobre 1978, un lunedì sera di quasi 33 anni fa. Dopo due giorni di Conclave e otto scrutini, alle 18.18 la folla ammassata in Piazza San Pietro scorge finalmente una voluta di fumo che esce dal comignolo della Sistina. “Bianca! Bianca!“. Sì, questa volta la fumata è bianca – la sera in cui era stato eletto Giovanni Paolo I per un inspiegabile motivo tecnico, si era riusciti a fare solo una fumata grigia -. Un frastuono invade la piazza. La folla è in fermento. Si ride, si fa baccano, si scommette, addirittura si punta. Trascorrono lunghi minuti. Su San Pietro cala la notte. Una luna arancione sovrasta via della Conciliazione. Le luci della sala dei Benedettini si accendono.
Alle 18.40, Pericle Felici, cardinale diacono della Chiesa Romana, latinista e docente di diritto canonico, esita un attimo, dall’alto balcone di San Pietro, prima di annunciare il nome del nuovo Papa alle centomila persone raccolte nell’immensa piazza rinascimentale sottostante. Non è la prima volta che lo pronunzia, ma fino a quel momento ognuno ha pronunziato quel nome a modo suo, magari con l’accento sulla prima sillaba. Questa volta bisogna pronunziarlo bene. È così che il romano frena il flusso sonoro della formula latina dell’annuncio (“Annuntio vobis … habemus Papam … Carolum … cardinalem“) e facendo sdrucciolare l’accento fino alla Y e arricciando le labbra, tenta di emettere il suono delle lingue slave (simile al nostro U, o anche al W inglese). Giù, nella piazza, la gente capta un nome esotico (Un asiatico? Un africano?), un qualcosa che suona come Voi-Tiua. E chi è? Passano alcuni secondi prima che, dai microfoni della Radio Vaticana, l’annuncio sia formulato in modo chiaro per tutti. E solo allora si fa strada la certezza che il nuovo Papa è un polacco.
Le sorprese, quella sera d’autunno, sono tre. La prima è che il 263° successore di Pietro non è italiano. È dal 31 agosto 1522, da ben 456 anni, che i cardinali non scelgono un’alternativa simile; allora era stato eletto al soglio pontificio l’olandese Adriano VI. Il segreto del conclave non è stato sciolto, ma fonti autorevoli inducono a concludere che fu l’insanabile contrasto tra due cardinali italiani, l’arcivescovo di Genova Giuseppe Siri e quello di Firenze Giovanni Benelli, che indusse i 111 cardinali a rivolgersi ad un “non italiano”. L’arcivescovo di Cracovia raggiunse addirittura 99 voti secondo la lettera di un cardinale riportata da Giulio Andreotti.
La seconda e di gran lunga più stupefacente sorpresa è che alla fine la scelta sia caduta su un polacco. Mai è accaduto una cosa simile, a memoria della lunga storia dei papi, ed è a stento credibile che il senato della Chiesa romana si sia assunto il rischio “geopolitico” di andare a prendere il nuovo pontefice in uno stato ancora soggetto alla dittatura comunista. Circondata dalla Turchia islamica, dalla Prussia e dalla Svezia luterana e dalla Russia ortodossa, la Polonia deteneva forse una speciale predestinazione divina per la cristianizzazione di tutti i popoli al di là dei suoi confini orientali.
La terza sorpresa è l’età relativamente giovane di Wojtyla: 58 anni. Appena due mesi prima, dopo la morte di Paolo VI (1963-1978), 65 anni sono apparsi l’età minima per un candidato al trono papale. Si erano espressi dubbi di fronte alla prospettiva di un lungo pontificato. Ora, sotto l’impressione della morte prematura di Giovanni Paolo I – che, a 66 anni, è morto dopo soli 33 giorni di pontificato (mai un pontificato è durato così poco, se si esclude quello di Pio III, morto nel 1503, 26 giorni dopo essere salito al trono di Pietro) – sembra che i cardinali abbiano inclinato piuttosto verso una persona di un comparativamente più giovanile vigore e di fisico robusto.
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