Volevo raccontare cosa è successo ad una coppia di miei amici (lui e lei fidanzati, quasi 30enni, da pochi mesi conviventi) della parrocchia del Sacro Cuore a Padova. Entrambi, almeno da dieci anni a questa parte, hanno svolto con molta passione attività parrocchiali come animatori (e io con loro) nell’ACR e al Grest, come volontari alla sagra, alla preparazione del presepe di Natale in chiesa, e nel coro giovani (lei addirittura era la direttrice). Bene, dopo quello che hanno fatto per la parrocchia, appena il parroco e il cappellano hanno saputo che loro sono andati a convivere, li hanno esclusi da ogni attività parrocchiale. E’ successo poco prima di Natale, e giustamente per protesta il coro giovani si è rifiutato di cantare alla messa di Natale. Addirittura, al momento di preparare il presepe in chiesa, a loro sarebbe stato detto: “il presepe potete prepararlo, tanto è dentro la Chiesa e nessuno vi vede”. Trattati come lebbrosi (con tutto il rispetto per i lebbrosi). E’ una cosa vergognosa, e purtroppo in parrocchia non si è sparsa abbastanza la voce. Ma perchè i preti non lo scrivono sul bollettino parrocchiale? Non è che la Chiesa, piuttosto, sia un po’ troppo in ritardo coi tempi di oggi? Se non avete umiltà. Abbiate almeno un po’ di buon senso.
Gradirei avere in proposito l’opinione di don Marco Pozza.
Lettera firmata
Il Mattino di Padova, 7 febbraio 2014
Come degli elefanti che passeggiano dentro negozi di Swarovski. Perché quando noi preti dimentichiamo che “la chiesa è come un ospedale da campo dopo una battaglia” scordiamo l’avvertenza prima che Cristo ha immesso nelle nostre storie: in qualunque caos l’uomo abiti, quello sarà il punto di partenza di ogni ritorno verso Lui. Che è poi la sorpresa dell’avventura cristiana: Dio ti sta cercando, non te lo perdere per non perderti. A Gerico – città gemellata di tante parrocchie – la gente è ancora fuori che mormora per quell’entrare di Cristo a casa di Zaccheo: come se, qualora fosse entrato da loro – a casa mia – l’ambiente ne fosse stato più degno. D’altronde quando dimentichiamo che il cristianesimo è prima di tutto un fatto umanizzante, rischiamo di fare dell’inutile moralismo: ovvero, di narrare un volto di Dio ch’è lontano mille miglia dallo sguardo misericordioso e inedito del Cristo dei Vangeli. Del Cristo d’Iddio.
L’aspetto morale non va certo sottovalutato, ma va messo nella giusta posizione: rimane secondario rispetto all’invito che Cristo fa di mettersi in gioco alla sua sequela. Se non faccio memoria di ciò che Dio ho fatto per me – “Ascolta, Israele!” – non capirò mai perché vengo invitato ad uno stile di vita diverso, più umano, più all’altezza della mia storia con Dio. I comandamenti stessi – citati con innata passione nelle nostre aule di catechismo, ndr – fioriscono in un contesto di amicizia, di confidenza, di passione per l’uomo per l’appunto. Forse per questo la gente avverte certe entrate a “gambe tese” da parte di certuni preti: per il semplice struggimento di sentirsi giudicati prima che amati, costretti all’amore prima che stretti dall’Amore, imbrigliati prima che sedotti. Colpevoli fino a prova contraria e non innocenti fino a prova contraria. Il popolo che vive dietro le sbarre della galera – con il quale Dio mi dà il privilegio di camminare – mi sta ammaestrando alla severa legge del Vangelo, laddove vien chiesto di essere ostinati e flessibili, più o meno contemporaneamente. La cosa, ovviamente difficile, è capire quando essere l’uno o l’altro. Se dietro le sbarre Dio non chiede di giustificare il male ma di inabissarsi in esso per cercarne le ragioni, all’esterno delle sbarre immagino sia la medesima sfida: non tanto quello di divertirsi a creare differenze ma inabissarsi nella fatica del quotidiano cercando ragioni di speranza. L’aspetto morale è importante, ma è secondario all’incontro con Cristo: quando lo s’inverte, il cristianesimo è un masochismo della peggior specie. Da rifuggire, perché ateo: cioè senza Amore.
Nell’Evangelii Gaudium, Francesco ha esagerato nel suo splendore: c’è gente che “si accontenta di avere qualche potere e preferisce essere generale di esercito sconfitto piuttosto che semplice soldato di uno squadrone che continua a combattere”. Forse per questo, da Papa, nella Festa del Battesimo del Signore ha battezzato il bambino di una coppia convivente: perché nessun uomo e nessuna donna si senta estraneo all’amore del Cielo. La mia “morale da seminarista” è andata in frantumi (grazie a Dio) quando ho conosciuto i “perdenti” della storia: i falliti, i briganti, la miseria più cupa ma anche la misericordia più luccicante. Sono stati loro ad evangelizzarmi sulla sovrabbondanza della Grazia laddove c’è l’abbondanza del peccato, ad aiutarmi a preferire il purgatorio della storia al paradiso della teologia. E quando penso a loro, mi rammento la storia di Maddalena, quella del Vangelo: probabilmente in parrocchia non l’avrebbero lasciata cantare, e nemmeno più servire come un tempo. Eppure lei con Cristo scrisse una delle pagine più imbarazzanti: lei non prese sottogamba la sua Misericordia ma Lui non la discriminò in nessun modo. In barba a coloro che la definivano ad oltranza una donna di malaffare.
(da Il Mattino di Padova, 8 febbraio 2014)