9517566be0c73de69a7be0d03c89622e-d4yf070Forse ci abbiamo pensato in questi giorni, guardando gli occhi e i volti di disperati che salgono su una nave, rischiando il macello e puntando alla speranza, mentre incrementano sempre più le maglie della fitta rete della criminalità che li ghermisce come una ragnatela.
Ognuno con la propria storia, ognuno col proprio dolore, ognuno col proprio carattere, i propri sogni, la propria interiorità, da custodire gelosamente di fronte a sguardi indiscreti.
Siamo tanti. Sei miliardi su tutto il globo. Ma tutti estremamente diversi da qualunque altro. Come le sfumature cangianti di un arcobaleno che si riflette su una goccia di rugiada.
Siamo scontenti del nostro aspetto fisico e siamo troppo spesso influenzati da paradigmi di estetica incapaci di valorizzare la varietà ed unicità dei nostri corpi.
Tuttavia, un altro pericolo resta in agguato e si aggira, pronto a ghermirci al momento più opportuno (per lui!). Anche il nostro carattere fa parte di noi, ci distingue e contraddistingue; ci caratterizza, facendoci essere ciò che siamo. Chi ci conosce, impara a riconoscerci anche e soprattutto in base a quello, impara a scontarsi con quello, ad apprezzarlo, ad amarlo, ad esserne infastidito, talvolta addirittura ad odiarlo.
È molto bella la nuova formula del matrimonio, quando i coniugi si dicono l’un l’altro “io accolgo te”. L’accoglienza mi fa pensare ad una capacità, ad una capienza, nel senso di una capacità di contenere qualcosa. E nel reciproco abbraccio, gli sposi imparano giorno dopo giorno ad accogliersi, contenendosi e cingendosi, non come un limite ma come un sostegno e un “ricevimento” reciproci della totalità dell’altro, con tutto il suo bagaglio di passato, di storia familiare e personale, di pregi, di difetti, di aspettative, di aspirazioni, di sogni e di desideri. Perché noi non siamo solo questo, ma siamo fatti anche di questo: siamo un tutt’uno con i nostri pensieri, la nostra interiorità e la nostra natura più profonda.
Quanto è bello trovare qualcuno che ci faccia sentire accolti: ci fa assaporare il profumo di un ritorno a casa, la fragranza delle cose semplici e genuine, la freschezza di chi tocca con mano l’essenzialità del proprio essere!

Talvolta, il rischio maggiore è un altro. Siamo noi a rivelarci incapaci di accogliere noi stessi. Noi ci viviamo accanto ogni giorno e al nostro occhio critico è più facile essere infastiditi dal proprio carattere, scorgerne le sfumature meno evidenti e di cui nessuno può andare fiero, i retropensieri, le malizie, i secondi fini mai totalmente palesati… e chi più ne ha, più ne metta. Ad un’attenta disamina, nessuno potrà mai rimanerne totalmente immune: il male che l’uomo commette nasce dai suoi pensieri negativi, di odio, di egoismo, di rancore, di vendetta, spesso dettati da sete di guadagno, di potere, di successo.
Come San Paolo, anche noi ci ritroviamo a combattere, per primi, contro noi stessi, per poter realizzare la nostra vera e più profonda volontà
I cristiani possono vedere proprio qui il segreto della misericordia: Dio ci ama nella nostra fragilità. Viene a cercare le nostre ferite per riempirle di luce. Senza queste fessure, la luce dove potrebbe passare?
Prima di fraintendimenti, vorrei specificare una cosa. Queste ferite non sono delle colpe, per così dire, oggettive. É vero che Dio viene a cercare il peccatore, ma certo non siamo chiamati a sostarvi volutamente! Io mi riferisco a quelle peculiarità caratteriali, spesso viste solo in accezione negativa, quando possiedono invece una molteplicità di sfumature che non le fa essere totalmente negative.
Faccio un esempio con due opposti, per essere più chiara. Alcuni dicono: “Ah , se fossi meno chiacchierona.. proprio non riesco a tenere a freno la lingua!”; altri invece: “Oh, se fossi meno timido! Avrei più coraggio nel prendere l’iniziativa e aiutare le persone!”. Bene, quel che intendo è che proprio quella timidezza vista come un ostacolo può ispirare quella confidenza e quella profondità che, al contrario, non ispira l’espansività: può consentire quindi, di ricevere confidenze anche da una persona poco conosciuta, oppure assicurare maggiore profondità e serietà nei rapporti. L’espansività e la capacità di coinvolgere possono invece rallegrare e ricordare la gioia di vivere anche a chi vede le sue giornate nel grigio più assoluto.
Tuttavia, queste caratteristiche ricche di sfumature ma di cui ne vediamo una sola rischiano di essere una fragilità per noi, perché ci provocano sofferenza, senso di inadeguatezza e suscitano le domande più profonde su di noi. Eppure, è proprio attraverso queste “croci e delizie” che potremo raggiungere la nostra pienezza.
Del resto, Dio ci ama nella fragilità, perché è proprio lì ci viene a cercare, allora siamo chiamati noi per primi ad accogliere le nostre debolezze ed amarle in quanto luogo privilegiato della presenza di Dio, che va a cercare, da sempre, ciò che è debole e perduto e che a chi era reietto ha aperto le porte del Cielo, di fronte alla speranza di saper guardare oltre.

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