Ci sono due modi per raccontare una notizia: uno diabolico e uno simbolico. Affrontarla in modo diabolico significa farlo in un modo frammentario, sospettoso, analitico: è il modo di ragionare del Demonio nei Vangeli. Affrontarla in maniera simbolica, invece, significa farlo con uno sguardo che tenti di coglierne la totalità, la profondità, il mistero stesso in essa racchiuso. Apri i giornali e le notizie affrontate in maniera diabolica prosperano: il mondo va male, si cercano le cause, si analizzano le circostanze, si compie l’analisi grammaticale delle singole azioni. Raccontare le stesse notizie in modo simbolico non ne cambierebbe affatto il significato, semplicemente le si guarderebbe con gli occhi degli innamorati, con un colpo d’ala che renda l’informazione una vera e propria occasione di tenere “in-forma” chi legge.
Giorni fa qualche giornale locale trattava come uno scoop una notizia riguardante il mondo del carcere: la procura respinge a due detenuti la possibilità di usufruire di alcuni giorni per partecipare ad una vacanza formativa. Precisato che la procura potrà avere avuto le sue buone ragioni per ritenerla una “concessione eccessiva” e salvo restando che i due detenuti hanno semplicemente chiesto ciò che per loro prevede la legge (i “permessi premio” fanno parte del percorso di esecuzione della pena), la notizia è stata presentata in maniera diabolica, seppur corretta: “agli assassini la procura dice no”. Hanno fatto, cioè, l’analisi grammaticale della loro biografia, dei loro delitti e delle conseguenze dei loro atti delittuosi. Fino a far dire al lettore dell’osteria: “anche in ferie vogliono andare gli assassini!”. Fosse stata raccontata in maniera simbolica – pur salvando la precisazione della procura e il rispetto di coloro che soffrono a causa delle loro gesta -, si sarebbe dovuto porre l’accento su un altro aspetto della notizia, cioè sul fatto che centocinquanta famiglie padovane, con relativi pargoli, bambini e adolescenti al seguito, abbia da anni il coraggio e l’ardire di ospitare durante le loro vacanze gente che nella vita ha sbagliato, fino a fare deragliare la loro vita e quelle altrui. Sarebbe stata la stessa notizia ma affrontata con il piglio dell’amore e, quindi, sarebbe divenuta una notizia buona da leggersi. Con un accredito maggiore: probabilmente avrebbe instillato nel cuore di chi la leggeva il sospetto che l’umanità non sia poi così aguzzina e razzista ma tenga ancora notevoli sprazzi di misericordia e di amore. Facendo di una vacanza – tempo sacro per coloro che durante l’anno s’adoprano nella laboriosità del quotidiano – un’occasione per testimoniare alla gente un amore più viscerale per la vita e, laddove le condizioni del cuore lo permettano, l’invito ad una maggiore misericordia nei confronti della gente che sbaglia.
Dentro ogni giornale ci sono fiumi di parole e tonnellate di notizie: Ignazio Ramonet, scrittore e giornalista spagnolo, ha calcolato che negli ultimi trent’anni siano state prodotte nel mondo più informazioni che nei cinquemila anni precedenti, mentre un solo numero domenicale del New York Times contiene più informazioni di quante ne poteva consumare un erudito del Settecento in tutta la sua vita. Aumentata a dismisura la copiosità delle notizie, non cambia la duplice possibilità in esse custodite: raccontarle in maniera diabolica o simbolica. Oggi la gente va cercando speranza tra i percorsi del mondo: intestardirci a raccontare questo splendido mondo in maniera diabolica non aiuta la gente a provare sussulti d’innamoramento. Perchè la creatura ha bisogno di “visioni simboliche” per convertirsi. E ci si converte solo lasciandosi sorprendere, per poter essere veri. Era una notizia da scoop quella citata: forse lo scoop, però, non stava nel “no” della Legge ma nel “sì” dell’accoglienza.
(da Il Mattino di Padova, 21 luglio 2013)