grano

Finalmente un uomo – e che Uomo, ndr – dallo sguardo meraviglioso. Mentre tutti se ne stanno chini a suonare malinconiche nenie sul mondo che soffre, sulla gioventù che si lascia andare, sulla speranza che sembra marcire sotto i contraccolpi della disperazione, c’è un Uomo tutto solo che canta lodi ad un mondo di bontà: “la messe è molta!” (liturgia della XIV^ domenica del tempo ordinario). Basterebbe questo per mostrare quanto è lungi dalla sua bellezza un certo cristianesimo: quello dei cristiani piagnucoloni, dei vescovi che lamentano scarsità di vocazioni, della gente che inneggia alla fine del mondo. Tutta gente, costoro, che ha sempre puntato l’accento sul seguito della frase: “gli operai sono pochi”. Come se Cristo – così parco e puntuale nel maneggiare aggettivi, congiuntivi e imperativi – fosse un brontolone incallito, un pessimista della prima generazione cristiana, uno di quei patriarchi tutti barba e ciglio arruffato. Invece Lui la frase – che è poi l’augurio e l’annuncio per un mondo tutto da illuminare – la inizia in positivo. Quasi a dire: “guardate che meraviglia il mondo, che abbondanza di bene, che granaio di speranza”. E solo dopo firma la sua constatazione, che è come dire: “però sono pochi quelli che se ne accorgono, quanto pochi sono i cristiani che cercano di raccogliere il bene, è misero il numero di coloro che s’arrestano a contemplarlo”. Per Lui prima viene il Bene e solo dopo c’è spazio per tutto il resto.
Un giorno s’accorse che dodici – i primi Dodici della storia – non bastavano: ne servivano settantadue. Forse già a quel tempo il bene era così sovrabbondante che servivano tanti occhi per scovarlo, tante mani per raccoglierlo, tante vite per testimoniarlo. E’ incredibile quello che dovranno fare, dovranno essere voce della sua Voce, annuncio di un futuro che è già presente, messaggeri di una parola che è benedizione: “è vicino a voi il regno di Dio!”. Macchè lamentarsi, brontolare, tenere il broncio sul viso: dovranno dire a tutti che l’Eterno è così vicino a loro da fare attenzione che non ci passino accanto senza accorgersene, dovranno mostrare al mondo come l’Eterno si giochi nel tempo di quaggiù, terranno l’arduo compito di predisporre i cuori al passaggio dell’Amico di Nazareth. E lo faranno da disarmati, senza nulla da perdere ma il Tutto da giocarsi: niente sandali, niente bisaccia, niente sacca addosso, solo un pugno di sillabe – che diventano la sua Parola – che aprirà loro strade nel deserto, farà scorrere fiumi nella steppa fino a far vedere cose che prima erano inimmaginabili. Certo che ci sono i lupi e Cristo lo sa: ma Lui sa pure che, anche qualora fossero in numero maggiore, nulla potranno conrto la mansuetudine degli agnelli. E nulla riuscirà loro contro quelli che, alzati di buon mattino, scorgeranno nel mondo una sovrabbondanza di bene che metterà loro le ali al cuore.

«Non sono sorpreso, ma resto comuqnue scandalizzato, nel vedere i discorsi ufficiali assai più occupati dei funzionari dell’istituzione, dello statuto dei preti, o del mantenimento dei principi tradizionali, decorazione fittizia distaccata dall’esperienza credente e oggetto di una gestione burocratica, piuttosto che dalla questione di Dio e dai suoi percorsi segreti nell’esistenza».
(M. de Certeau, Il cristianesimo in frantumi).

Il mondo lo si può guardare in modo diabolico e in modo simbolico. Se dicendo che nel mondo oggi non c’è molta speranza, volessimo cercare le ragioni di questa disperazione, e indugiassimo a fare l’analisi logica e grammaticale delle tristezze umane, affronteremmo il tema in modo diabolico. In modo simbolico, invece, significa con uno sguardo d’insieme, con uno sguardo da innamorati, con colpi d’ala tesi a farci alzare dalla bassa quota a cui siamo volando. Il Vangelo questa domenica non è per il mondo, prima di tutto è per noi, cristiani dallo sguardo diabolico: troppo pessimismo, troppe analisi di causa ed effetto di ogni realtà spirituale, troppa poco sguardo di poeti. E la gente non si converte, rimane imbrigliata da impostazioni moraleggianti negative, se ne rincasa delusa: invece di ricevere sussulti di speranza, viene coperta da tonnellate di amarezza. Eppure il Vangelo è una riserva inesauribile di ottimismo, di sguardo ammantato di bellezza, di serenità del cuore. Il bene c’è in abbondanza – “la messe è molta” -, a mancare sono uomini e donne che lo sappiano vedere, che lo custodiscano, che lo sparpaglino negli occhi altrui. Mancano dei folli che su un mondo disperato aprano degli squarci di luce.

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