scatto

Hai presente la pubblicità dei Rubinetti Zucchetti? Un idraulico entra in una stanza e vede un buco dal quale esce dell’acqua. Ci mette un rubinetto per bloccarla. Nel frattempo se ne apre un altro. Altro rubinetto. Ma un foro s’apre sul pavimento. Bloccato. Poi un altro sul muro, poi uno sul soffitto, uno sull’angolo. E vedi quest’idraulico inzuppato d’acqua che corre, tappa buchi ma non ne da fuori. Cosa c’entra? Guardali! (liturgia della V^ domenica del Tempo di Pasqua) Partono da Antiochia: li danno per pazzi. Passano per Attaglia, Perge, Antiochia di Pisidia, Frigia, Iconio: fustigazioni, legnate, pelle insanguinata. Non s’arrendono: sandali ai piedi e via alla conquista di Listra, camminando sulla terra di Derbe, oltrepassano i confini della Galazia, entrano a Triade, radunano folla a Samotracia, parlano di Cristo a Neapolis. Insulti e sputi, qualche timido applauso ma successo zero. Non s’arrendono: varcano Filippi e Anfipoli, bussano a Tessalonica, Corinto e Atene: promesso! Un’altra volta li ascolteranno. Oggi no! Cencre, Samo, Mileto, Patos, Clivia e Rodi! Sono la rovina dei sommi sacerdoti, sono l’incubo delle piazze, sono l’ansia dei governatori. Ovunque vanno… creano confusione parlando dell’Uomo di Nazareth. E tu ti chiedi: cos’è successo? Semplice: si sono imbattuti in un Uomo! Ancora più semplice. Pietro ha pensato che se lui ha un euro e un altro ha un euro e se lo scambiano, alla fine si trovano ancora con un euro. Ma se lui ha un’idea e l’altro ha un’altra idea e se la scambiano, alla fine se ne vanno con due idee ciascuno.
Un Uomo che li ha amati, cercati, trovati, sedotti e inviati nel mondo. E io li ringrazio, eccome: se io sono cristiano, oggi, lo devo a quel qualcuno che un giorno, nonostante le minacce, ha scelto di non rientrare in aula al fischio della maestra, ma mettendo da parte la paura, ha raccontato una storia “proibita”: “Spiacenti – han detto sfidando le catene e le persecuzioni – ma noi dobbiamo obbedire a Dio piuttosto che agli uomini”. Pietro e Giovanni furono messi in galera e l’indomani furono fatti comparire davanti ai capi e agli anziani. Si sono “sputtanati” per Cristo! E hanno segnato l’inizio di una storia che qualcuno voleva ad ogni costo che fosse dimenticata. Non hanno chiesto l’applauso, la lacrima di commozione, un girotondo di sentimenti. Sarebbe stato troppo poco: chiedevano la conversione. Tutti pretendono che tu dica : a casa la mamma, a scuola la professoressa, nel crocicchio di amici la fidanzata, a calcio l’allenatore, in patronato il parroco, in parrocchia il parrocchiano, in strada il vigile o la vigilessa, E poi la pubblicità, le mode, i maestri di passaggio, i venditori delle ultime novità. Se vuoi avere successo devi dire di . Se ci tieni a far carriera, se vuoi scattare in avanti, se vuoi una posizione di privilegio, se vuoi quella donna, quella posizione, quel futuro devi rassegnarti a dire di . Per fortuna i primi cristiani erano un po’ come i cantastorie che trovi negli angoli delle piazze, ai crocicchi delle strade: ogni tanto, nella nuvola di passanti, brilla una fisarmonica, un vecchietto aleggia una canzone. E il cantastorie, imperterrito, senza badare al numero dei clienti, riprende il suo racconto antico e sempre nuovo. E alla fine non chiede di dire di sì aprendo il portafoglio, ma si accontenta che qualcuno custodisca quella storia nel fondo del cuore. Possono anche arrivare le guardie a sloggiare l’ultimo abusivo e impedirgli di intralciare il traffico, di disturbare gli affari. Lui, disobbediente nell’ubbidienza, si sposta in un altro angolo, recluta una manciata di bambini e riattacca il racconto. Spettacolare: si siede in mezzo alla gente, sente il sapore e il profumo del popolo, s’inebria di una canzone. E tutto questo è splendido perché da significato alla vita. E’ così: il Signore è in grado di renderti felice al punto tale che questa felicità senti il bisogno di trasferirla agli altri, di raccontarla a tutti coloro che t’accostano nel cammino della vita. Morale: le autorità, i grandi, i guardiani nostalgici dell’ordine possono chiudere le scuole, bloccare le prove, ostacolare la fantasia, proibire la novità, bruciare i testi che raccontano di un Amore. Ma non riusciranno mai ad estirpare un racconto, una canzone, una poesia dal cuore di un innamorato. Giovanni Paolo II, un cantastorie innamorato che faceva vibrare cantando l’Amore, lo disse con il cuore in mano a due milioni di giovani nella notte di un sabato d’agosto a Tor Vergata: “Carissimi amici, anche oggi credere in Gesù, seguire Gesù sulle orme di Pietro, di Tommaso, dei primi apostoli e testimoni, comporta una presa di posizione per Lui e non di rado quasi un nuovo martirio. Forse a voi non verrà chiesto il sangue, ma la fedeltà a Cristo certamente sì!”. Se non ha ragione quel vecchio papa(‘): il sangue forse no, ma la fedeltà si.

Ma ci sono anche alberi deboli che la tempesta di sabbia non può plasmare. Ci sono uomini fiacchi, incapaci di superarsi. Di una felicità mediocre fanno la loro felicità, dopo aver soffocato la parte migliore di sè. Essi si fermano in una locanda per tutta la vita. Si coprono d’infamia. Non m’importa di ciò che fanno costoro, non m’importa se vivono. Essi chiamano felicità il marcire sulle loro misere provviste. Rifiutano di avere dei nemici al di fuori di sè e dentro di sè. Rinunciano ad ascoltare la voce di Dio che è necessità, ricerca e sete indicibile. Non cercano il sole come lo cercano gli alberi nel folto della foresta; essi non lo trovano mai come una provvista abbondante perchè l’ombra degli altri alberi soffoca ogni albero, ma lo inseguono nella loro ascesa, modellati come colonne superbe e liscie, sbucate dal suolo e divenute potenza inseguendo la loro divinità”
(A. de Saint-Exupèry, Cittadella, Borla, Roma 1978)

In realtà, non vedete? Le proviamo tutte per essere felici. Vediamo nella pubblicità che sono contenti per aver cucinato i tortellini con il dado e proviamo anche noi. Ma a casa nostra, con tre dadi, mamma, papà e figlio litigano lo stesso. In TV padre, madre e figlio ballano perché hanno le fette biscottate a colazione. Proviamo anche noi: ma a casa nostra, anche con le fette biscottate a colazione, tutti urlano perché hanno fretta di uscire! Insomma: ci manca sempre qualcosa per essere felici: prima la bicicletta, poi la moto, poi la macchina, poi la casa, poi la salute, poi… In realtà è Gesù che noi cerchiamo quando sogniamo la felicità. Ci vergogniamo magari a dirlo, ma in realtà quell’Uomo c’incanta. Ci strega la profondità di quello sguardo, la tenerezza di quelle mani, la piacevolezza di quella bocca, la profondità di quel cervello. Ci fa impazzire quel suo essere bambino, quel nascondersi sotto le vesti di un Viandante curioso, quella capacità di amare senza imprigionare, quel sorriso che cela semi di speranza. Ci sconcerta che quell’uomo senza usare un telefono, senza vedere mai un film, senza mai esser stato inquadrato dalla tv agganci lo sguardo di milioni di persone.
Un uomo che è morto esattamente per quello che era vissuto: per insegnare a vedere in grande.

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