sfinge

Tra una scodella di latte e un gomitolo di lana capita che un giorno il profeta di Nazareth esponga un quadro nell’intento di fare scuola: un gregge, un pastore, l’eco di una voce. Se l’immagine è familiare, il concetto s’addentrerà facilmente pensa Lui. Una pedagogia furba e indovinata! “Le mie pecore ascoltano la mia voce, non andranno perdute, nessuno le rapirà”. La voce di Cristo: uomo dalla voce straordinaria, metteva sete in chi lo ascoltava, riusciva a creare gocce di emozione solo con il timbro della voce. Potenza di quell’Uomo. In trent’anni di silenzio ha imparato la differenza tra parlare e chiacchierare: parlare è riempire il silenzio di idee e pensieri, chiacchierare è riempire il suono di bla-bla-bla. Ai suoi discepoli insegnò che le parole sono come l’acqua: quella più buona, dissetante, limpida o viene dalle profondità della terra o dalle altezze dei monti. Capisci perché Lui incantava? Le sue parole profumavano di bucato, non s’arrestavano al suono ma le firmava con la vita. Parlava e qualche volta il cuore era in anticipo: allora sentivi il brivido della forza, della passione. Si, ti commuovevi! Sulla strada di Emmaus, due discepoli tristi, dopo aver scoperto chi stava sotto le sembianze di quel Viandante così anonimo e apparentemente distratto si regalarono una domanda: non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino?” (Lc 24,32). Personalità spigliata, fastidiosa, incandescente. Pensa che un giorno i farisei, nemici dichiarati di Gesù, scocciati han detto: “Tutto il mondo gli è andato dietro” (Gv 12,19). Hanno ragione: quell’Uomo era una calamita, un incantatore. Mite ma non debole, povero ma non pitocco, calmo e slanciato, franco e umile, denso e semplice, disinvolto e saggio. Uomo di fuoco e di lacrime, di adorazione e di azione, uomo di pani, di pesci e di vertiginosi pensieri. Ha usato sapientemente la voce. Ma una ragione c’era: perché quand’anche avessimo fatto sparire la fame dal mondo, avremmo fatto ancora poco. Troppo poco. L’uomo non è solo un essere da sfamare, da vestire, da alloggiare, da difendere, da curare, da assicurare. E’ anche una creatura da illuminare, da guidare, da consigliare, da confortare, da incoraggiare, da elevare. L’uomo è un essere che ha bisogno di parole! “Le mie pecore ascoltano la mia voce, non andranno perdute, nessuno le rapirà” (liturgia della IV? domenica di Pasqua). Il Vangelo ti da ragione: il Pastore deve saper parlare. Con le parole, con la vita. Ma il gregge?
Il gregge ascolta e segue. Nel Vangelo. Da noi? Qualche settimana fa, parlando con degli amici dopo messa, uno di loro mi ha detto: “Perché rompi? Guarda gente che si spacca la schiena per te”. Ha ragione: mi stupisco di loro, ma non perché si spaccano la schiena. No: non me ne può fregare di meno! Non li voglio a due a due, con il grembiulino, schierati a parata e dire: “Agli ordini, comandante”. Qui non siamo a scuola: qui stiamo camminando verso la Terra Promessa. E, allora, mi sorprendono perché accettano di cambiare le cose. Son disposti a tradurre nei fatti la Parola che abbiamo pregato. Li custodisco come un pastore il suo gregge perché mi chiedono coerenza, perché collaborano, perché nel quotidiano si fanno trovare puntuali. Perché hanno imparato a suggerirmi strade nuove, strappi in avanti. Perché mi supplicano di vedere il bicchiere mezzo pieno, di essere felice, di pregare-piangere-sorridere con loro. Una pecora che ascolta – nel Vangelo – è una pecora che si sveglia, si scuote, allunga il passo. Si spaccano la schiena, per carità! Ma io non voglio la testa bassa, gli occhi chiusi, il cervello disattivato. Insomma, tentiamo di unire tante mani per tenere accesa la bellezza di un volto: Gesù di Nazareth. Come vedi, noi crediamo che tutto dipende dalle mani in cui gli oggetti si trovano. Due pesci e cinque pani nelle mie mani sono una buona merenda. Due pesci e cinque pani nelle mani di Dio sfamano le moltitudini. Allora pensa: se i miei ragionamenti, le mie preoccupazioni, le mie paure, le mie speranze, i miei sogni, la mia famiglia, i miei rapporti con gli altri li tengo in mano, m’innervosisco e basta. Io provo e insegno a rischiare di spostarli nelle mani di Dio. Sai, tante volte dipende dalle mani in cui si trovano. E cambia tutto!

Un giorno, un uomo non vedente stava seduto sui gradini di un edificio con un cappello ai suoi piedi ed un cartello recante la scritta: “Sono cieco, aiutatemi per favore”.
Un pubblicitario che passeggiava lì vicino si fermò e notò che aveva solo pochi centesimi nel suo cappello. Si chinò e versò altre monete, poi, senza chiedere il permesso dell’uomo, prese il cartello, lo girò e scrisse un’altra frase. Quello stesso pomeriggio il pubblicitario tornò dal non vedente e notò che il suo cappello era pieno di monete e banconote. Il non vedente riconobbe il passo dell’uomo: chiese se non fosse stato lui ad aver riscritto il suo cartello e cosa avesse scritto. Il pubblicitario rispose : “Niente che non fosse vero ! ho solo riscritto il tuo in maniera diversa”, sorrise e andò via. Il non vedente non seppe mai che ora sul suo cartello c’era scritto: “Oggi è primavera… ed io non la posso vedere”. (B. Ferrero)

Ascolta parole vere quando le cose non vanno bene e vedrai che sarà per il meglio. Perchè in tempi di crisi la gente ha imparato maggiormente a distinguere la voce di un pastore da quella diun mercenario. O di un venditore di fumo, ch’è il suo fratello gemello.

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