uccello

Come un incrocio di suoni, di sangui e di profumi. Perché la mia terra è splendida e delicata: ha il profumo del sangue e l’eredità dei millenni, il fascino della sua civiltà e la nostalgia di un pensiero libero, il sapore delle vette e le burrasche dei mari. Addosso tiene le ferite di tante guerre e di altrettante battaglie, di navi salpate dai porti in cerca di fortuna e di gommoni che lambiscono le sue sponde per chiedere ospitalità. E’ di sangue cristiano ma nelle sue vene scorrono sangui berberi e arabi, turchi e slavi, dell’est e dell’ovest. La mia terra è stata predestinata alla bellezza: per poi condividerla e farla diventare un alfabeto col quale unire i popoli e tessere trame di civiltà. E’ una terra povera e nobile, le sue origini sono millenarie e fanciullesche, la sua voce è composta da mille accenti e altrettante sfumature: nel suo grembo ogni particolare è un microcosmo che cela le più inaspettate sorprese. La maledicono, tentano di fuggire da lei, qualche volta pure la ignorano: nessuno, però, anche a passaporto cambiato riesce mai a cancellare quella nostalgia di casa ch’è profumo di sicurezza sin dai tempi di Ulisse e della sua Itaca.
Questa settimana cambia il custode, un rito che si ripete da più di qualche decennio: c’è chi lo vuole bianco se gli altri lo vogliono nero, c’è chi lo vuole nero se gli altri lo vogliono bianco. A sentirli mai nessun presidente era quello il cui nome fosse cagione di unità: tanti di loro, però, a mandato terminato lasciarono come eredità il sospetto d’essere stati gli uomini più adatti nell’epoca in cui sono stati eletti. Da ultimo quel Giorgio Napolitano che con ago e filo è riuscito a tenere legata la trama di un’Italia sfilacciata dal malcostume e dall’arroganza degli improvvisatori. Chi sarà il prossimo non è dato sapere all’uomo di periferia: la falsa democrazia italica – o la morbida dittatura italica, a seconda di come la si guardi – dirà che sarà un presidente voluto dal popolo. In virtù dell’equazione che se a vota b e b vota c, allora a vota c. Diciamo che la matematica in quest’epoca in Italia è un po’ maltrattata e funziona a ranghi ristretti. Meglio sospettare che sarà il presidente che ci meritiamo, ancora una volta. Ci basterebbe solo che per una settimana lasciassero fuori il catechismo e dintorni, con annessi e connessi: già sappiamo che la storia dell’Italia viaggia tra il colle Vaticano e il colle del Quirinale, nessuna terra è mai uno scompartimento stagno. Per una volta, però, unicuique suum (“a ciascuno il suo”) come direbbero i nostri padri con l’accento latino. La Chiesa s’è scelta il suo successore: lo Spirito ha mostrato d’essere un fine intenditore di stile, capace di sorprendere e di commuovere, di stupire e di condurre. Adesso tocca allo Stato, o a chi per lui: ma per favore lasciamo fuori la questione della sua cattolicità o meno. Anche perché già troppi, saliti/scesi in politica vestiti da cattolici han poco dopo nascosto l’appartenenza. Che sia cattolico o agnostico, dunque, berbero o beduino, di destra o di sinistra poco importa alla salute di donna Italia: ciò che conta è che sia innamorato della sua terra e dei suoi profumi, capace di abitare le regge dei Savoia e i bassifondi delle periferie, con addosso il profumo delle ginestre del Leopardi e il puzzo oleoso dei monatti del Manzoni; che al di là delle Alpi tenga alto lo stile e l’amabilità di una terra abitata da gente laboriosa e passionale, capace di usare la penna e l’aratro, amante della terra e della cultura. Che la fede sia un dono, la terra di Pietro lo attesta da millenni. Un dono immenso da profumare di divino. Triste sarebbe che, proprio in questa settimana, tornasse di ribalta la cattolicità per discernere il Presidente: quasi fosse una cartina di tornasole per viaggi di fortuna e non un’ardua conquista quotidiana in bilico tra coscienza e responsabilità. A me non importa che la mia terra sia guidata da un Santo, da un uomo di fede o da un pagano: ciò che m’importa è che alla guida ci sia un animo così nobile da riuscire a tessere una trama dove c’è posto per tutti: nei Vangeli la salvezza arriva spesso dal mondo pagano per redarguire i vicini.
Perché ad un uomo che esibisca la sua fede e tradisca il suo popolo, preferisco di gran lunga un uomo dalla fede vacillante ma profondamente convinto che nella passio hominis vibra la passio Christi.

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