magi

Come costruttori di strade. Così giaceranno nella nostra memoria quei tre uomini profumati d’Oriente e di sapienza. Sono gli ultimi a fare capolino nel presepio e, subito dopo, se ne allontanano con la stessa leggerezza e rapidità, lasciando come gesto d’altissima eredità quei piccoli gesti di una sapienza che diventa ricerca e di una ricerca che non manca di sapienza. Quella notte hanno sentito il cuore vibrare e si sono scomodati, agganciando una stella al bramire dei loro cammelli accomodati nelle stalle d’oltre Oriente: “Dov’è il Re dei Giudei?” (liturgia della Solennità dell’Epifania del Signore). Disturbati magari nell’attimo esatto in cui erano riusciti a decifrare le costellazioni, hanno accantonato scienza e sapienza e sono partiti alla volta di Betlemme, barattando la sicurezza delle abitudini con l’ingenuità fanciullesca di un viaggio, fedeli al primo dovere dell’uomo ch’è da millenni quello della speranza. Nelle loro stanze d’Oriente ci si fidava dell’astrologia e ci s’inchinava di fronte alla divinità; ma pur fedeli a Zoroastro e teorici dei calcoli dei Caldei, alla vista di quella stella non capirono più nulla. Un Battito d’insopportabile gaudio accese i loro passi; disturbati nel sogno da voci angeliche – microfoni fidati per anime vaganti alla ricerca del Vero – seppero come pochi altri trafficare la ricchezza senza prendersi gioco della dottrina, fino a strappare qualche rigo dentro l’immensità luminosa dei Vangeli. Quei tre sono uomini piantati nel tempo, ma lesti a fiutare quell’inedita novità di cui raccontava quella stella. S’imbatteranno nell’inganno di Erode – “Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo” -, faranno i conti con il velarsi di quella stella, s’inginocchieranno e, alzatisi, sperimenteranno che nulla più è come prima. “E prostratisi lo adorarono” (Mt 2,11): adorarono il Bambino: e quella rimase la lezione magistrale della loro carriera di dottori. Non un Re, non un Crocifisso perdonante, non un Risorto: semplicemente un bambino, il quasi niente. E si prostrano, si fanno piccoli davanti all’infinitamente piccolo, davanti ad una scena già vista innumerevoli volte in tante case. Proprio a Betlemme, la “casa del pane”: anche Dio ora sa di pane. E pur ammantati di titoli e onori, avvertono che l’essenza del cristianesimo non risiede nell’originalità di una dottrina ma nella persona di un Dio fatto uomo in Gesù . Non nella sublimità della parola, non nell’altezza della spiritualità neppure nell’audacia dell’impegno per gli altri. Ma nella divinità di Gesù: il tutto di Dio.

Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”».
Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo».
Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.
(Dal Vangelo di Matteo, cap. 2 vv. 1-12)

I Magi. E pure noi, cercatori come loro della carne di Dio, d’ora innanzi la cercheremo là dove abita: “vederti splendere negli occhi di un bimbo / e poi incontrarti nell’ultimo povero; / vederti piangere le lacrime nostre, / oppur sorridere come nessuno” (D. M. Turoldo). Aprono i loro scrigni e offrono oro, incenso e mirra: non c’è adorazione senza regalo. Oro, incenso e mirra portano i misteriosi lettori di stelle; e non fiori, giocattoli o dolciumi. L’oro della nostra obbedienza, l’incenso della nostra adorazione, la mirra delle angosce e delle delusioni. Il prezioso, il sublime, l’austero; il nobile, il divino, il tragico: in quel bambino c’è tutto questo. S’inginocchiano, per poi rincasare.
I magi scompaiono nei gorghi dell’Oriente ma non si smarriscono, perchè ormai portano una stella in fondo al cuore. La fede è un incontro che cambia la vita e ci rende capaci di sostenere il confronto con ogni opposizione: saputo di Erode, per un’altra via fecero ritorno alle loro case (Mt 2,12). Chi ha incontrato il Signore scopre che la sua vita prende una nuova direzione, che il ritorno a casa – che altro non è che un ritorno al centro di se stessi – avviene per una strada nuova, attraverso la sorpresa di gesti inattesi e di parole impensate. I gesti di quel Bambino appena sarà svezzato:uomo delle strade e amico dei pubblicani, i suoi anni nascosti e i suoi gesti pubblici, le sue mani sui malati e i suoi occhi negli occhi dei re, i suoi piedi e la polvere delle strade di Palestina, e poi il nardo che scende, il sangue che cola.
Perchè Cristo è un incontro che cambia la vita. E apre una strada inedita: in barba all’arroganza di Erode e della sua discendenza nei secoli a venire.

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