Si è appena conclusa l’ormai tradizionale “corsa ai regali” che, com’è noto, in periodo natalizio sostituisce altri sport come la corsa con i sacchi o quella a ostacoli e ambisce a diventare sport olimpico…. scherzi a parte, di quello parliamo, dei regali: croce e delizia dei nostri giorni!
In periodo di crisi, nonostante ci riesca talvolta difficile ammetterlo, è così. Tanti italiani faticano a chiudere il bilancio alla fine del mese, sempre di più si ritrovano a non riuscire a garantire i tanto raccomandati 3 pasti principali ai propri figli. E questa situazione si fa ancora più difficile e imbarazzante sotto le feste. Perché addolora vedere i compagni del proprio figlio ricevere regali, partire per la settimana bianca e partecipare a ricchi banchetti, mentre si prende coscienza di non essere in grado di garantire lo stesso al proprio figlio. Nonostante non sia possibile considerare i regali il “cuore” del Natale, è – almeno per il bambino – un’importante chiave di lettura a disposizione del bamibno per comprendere il Mistero. Ricevere qualcosa che corrisponde al proprio desiderio fa sentire ascoltati, aiuta a sviluppare il senso di gratitudine che, gradualmente, potrà imparare a trasferire su cose meno concrete, dalla bellezza (e la fatica!) alla grazia di avere degli amici, fino alla gioia semplice derivante dall’aprire gli occhi ogni mattino al giorno nuovo. Per il genitore, tuttavia,il confronto con gli anni precedenti, oltre che gettare nello sconforto, può anche ingigantire (ingiusti) sensi di colpa, può non far sentire “adeguati” proprio perché non si è in grado di garantire quello che si era sempre fatto, senza problemi, durante gli anni precedenti.
E anche chi non si trova vittima di disagi economici, si ritrova a vivere con stress e ansia questo momento, che a volte assume caratteri sociali esagerati, oppure diventa “banco di prova” della propria adeguatezza sul posto di lavoro, in famiglia, nel proprio gruppo di amici. Forse, proprio per questo motivo, tanti altri reagiscono con un senso di rifiuto, quanto meno di principio, anche se poi, il più delle volte, si ritrovano a rispettare questa usanza, anche solo per non scontentare qualche familiare.
Credo non sia inutile riflettere sul perché fare un dono, perché solo la consapevolezza dei motivi profondi può farne riscoprire il senso, fornendo un significato (quello originario, ma, a volte, sovrastato dall’abitudine) che possa ridonare lustro a un’abitudine che rischia di essere odiata solo perché malintesa o mistificata. Penso che ci sarebbero molti meno “ricicli” se si trovasse il senso di un dono, fatto o ricevuto. Troppo spesso, si sbaglia la prospettiva. Innanzitutto, partendo da un budget che lo definisca, dimentichi del fatto che un regalo apprezzato del costo di pochi euro potrebbe valere, agli occhi di quella persona, molto di più di un regalo quantitativamente importante, ma di poco valore. Concretizzando con un esempio: un plettro autografato da un grande chitarrista potrebbe essere, per un apprendista chitarrista, più apprezzato di una chitarra nuova, se quest’ultima non rispecchia i gusti dell’interessato. Inoltre, spesso, il metro di giudizio è il proprio, tanto che si esclama: “Questo maglione lo prenderei per me!”. Ecco, qui sta il problema… quando si cerca un regalo, bisogna pensare con i gusti dell’altro, perché sarebbe ingiusto utilizzare un dono quale occasione per assoggettare l’altro o modificare in qualche modo lui o i suoi gusti.
Del resto, che questa sia la prospettiva giusta lo scopriamo quando si tratta di noi. Quando siamo contenti di aver ricevuto un regalo. Quando ci ritroviamo a esclamare: “Come hai fatto? Era proprio quel che volevo!”. Quando capita, in genere, più ancora del regalo in sé, ci riempie di gioia il toccare con mano il sentirci compresi e penetrati nei nostri gusti e nei nostri interessi da chi ci ha fatto proprio quel dono. Comprendere cosa significhi veramente fare un dono, aiuta a capire meglio cosa valga davvero di un regalo, o, meglio, cosa lo renda importante (non il prezzo, quindi; piuttosto, l’affetto e il pensiero rivolti alla nostra persona, nel tentativo non di comprare qualcosa di bello in senso assoluto, bensì qualcosa che possa essere apprezzato dalla sensibilità di chi lo riceve, in quanto si addice a lui o lei).
In base a questa prospettiva, è anche possibile guardare con distacco ai doni materiali, per scoprire chi davvero ci dona qualcosa di prezioso, anche senza che sia impacchettato o infiocchettato, perché fa parte di un’altra categoria.
Il regalo più grande e ricco possibile è infatti il tempo donato: per la comprensione, l’ascolto, il supporto, il sostegno, l’aiuto. È il regalo più impegnativo e coinvolgente che possa essere scambiato fra due esseri umani.
Regalare tempo significa dire all’altro: “Tu per me sei importante. Talmente importante che sono disposta a regalarti qualcosa di cui non sono sicura quanto potrei averne a disposizione, né ora né in altri momenti”. Perché è così, non si tratta di pessimismo apocalittico, ma di semplice realismo: nessuno, proprio nessuno è in grado di aggiungere un’ora sola alla propria vita, né può dire, con certezza assoluta, quante ore possa avere a disposizione.
Del resto, pensiamoci bene. Qual è il primo regalo che chi andò alla mangiatoia, più di duemila anni fa, portò con sé? Il proprio tempo!
I pastori lo donarono. Erano con il gregge, poco distanti, ed ebbero l’ardire di credere a un annuncio strano e insolito; datogli credito, s’incamminarono. Probabilmente, non tutti si fidavano completamente di questo annuncio o gli credevano. Ugualmente, partirono. Misero in gioco il proprio tempo, impiegandolo nella scommessa di trovare il Figlio dell’uomo avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia, come era stato detto loro da uno sconosciuto con sembianze angeliche.
Per non parlare dei Magi, venuti da lontano. Probabilmente studiosi, che avevano preparato, tramite la riflessione sui libri, la loro partenza e il loro viaggio con destinazione Betlemme. Anche se, probabilmente non sapevano dove si trovasse questa città, né che essa fosse la loro meta finale. O forse, iniziale, dato che fu principio di un nuovo inizio: a partire dal cambio di percorso, resosi necessario per sfuggire alle grinfie del tetrarca Erode.
Se la crisi ci mette a nudo, benvenuta sia la riscoperta della semplicità, a partire dal bene in assoluto più prezioso che possiamo regalare alle persone che amiamo: è proprio il nostro tempo, tanto prezioso proprio perché non ne sappiamo mai l’ammontare totale. Questa è la realtà. Neppure i famosi annunci di “tempo rimanente” ai malati terminali sono così affidabili da poterne fare conto. Ed è proprio questo che ne spiega l’inenarrabile preziosità. In qualunque momento decidiamo di regalare il nostro tempo, anche quando non siamo pienamente consapevoli di questo, noi stiamo facendo un regalo che potrebbe essere l’ultimo o che potrebbe non avere restituzione. E, a parte il pensare al termine ultimo della vita terrena, questo può anche voler dire, semplicemente, che potremmo non aver più altrettanto tempo disponibile quanto ne abbiamo avuto in precedenza.