Tante sono le ore che i ragazzi italiani passano tra i banchi di scuola. Pochi passano più ore di loro. Tuttavia, ogni tanto sembra che manchi qualcosa. E non parlo solo del materiale scolastico, delle strutture spesso fatiscenti e persino poco sicure.
Ci sono idee interessanti, come progetti di storia locale nelle scuole primarie, volti a valorizzare l’immenso patrimonio storico – culturale dislocato sul suolo italiano e spesso sconosciuto agli stessi abitanti dei dintorni.
Tuttavia, il problema è più profondo. Troppo spesso, forse pressati dagli incalzanti programmi, pare che nessuno si interessi dei reali gusti degli alunni o delle loro attitudini artistiche.
Le nozioni sono tante, ma totalmente assente è lo spazio dedicato alla creatività. Anche quando l’arte entra nelle scuole, è eccessivamente segregata negli angusti confini delle regole tecniche, quasi che la storia di millenni non abbia insegnato nulla.
I geni non sono stati forse quelli che hanno precorso i tempi, scostandosi dalle regole e seguendo l’estro, la fantasia, quelle doti innate inesplicabili e forse persino inesprimibili, che rendevano il loro modo di esprimersi di un valore così fuori dalle norme da essere e – norme e inclassificabile? Non erano integrabili in uno stile, esclusivamente perché ne avevano creato uno nuovo. La sua diversità era la sua vera ricchezza.
Ma tutto questo è in un certo senso negato, finché l’arte resterà sempre relegata in un cassetto, pia illusione di sognatori.
Nessuno diventa artista perché ha studiato eppure studiare e conoscere è fondamentale per appassionarsi. E per fare questo è necessario disporre degli strumenti adatti.
Come sapere qual è il proprio strumento preferito se non si è mai ascoltato un concerto? Come valutare se davvero la poesia è noiosa se l’unico approccio è stato quello di studiarla a memoria per ripeterla all’insegnante (mentre non si è mai, ad esempio, ascoltato un attore declamare dei versi?) Come poter comprendere i numerosissimi generi musicali, compresi quelli che non sono nei libri di scuola? Come trovare il proprio modo di dipingere, se l’unica proposta è quella di matite e pennarelli? Con questi supporti, non avremmo mai avuto alcun Michelangelo!
Non si tratta di cercare affannosamente i nuovi artisti di domani, di creare nuovi Mozart o nuovi Donne, ma semplicemente di garantire ad ognuno la possibilità di scoprire chi è e di realizzare ciò che è. Creare opportunità di conoscenza e scoperta, di manipolazione diretta, di tempo e spazio per dare libero sfogo alla fantasia e alle sue potenzialità troppo spesso tenute a freno da troppo angusti confini.
Nessun bambino potrà conoscere il fascino del darbouka, se nessuno glielo fa ascoltare. Non potrà scoprire gusti nuovi, se non può avvicinarsi ad essi. Non potrà comprendere l’infinita pazienza che si nasconde dietro l’intarsio di un mobile, finché non vede un Maestro all’opera. Non potrà capire il valore del silenzio, finché intorno a sé trova gente spaventata da esso, che si riempie di chiacchiere inutili pur di eliminarlo.
Leggendo un libro di storia della letteratura, è proclamata come una rivoluzione il fatto che l’autore, nel periodo dell’Illuminismo possa vivere del suo lavoro di letterato. E allora, perché ora è quasi impossibile vivere del proprio lavoro di artista? Perché è considerata una chimera poter vivere di musica, di arte, di letteratura? Perché è improponibile affermare di essere musicisti di professione, perché dovrebbe suscitare ilarità il solo pensare di fare della proprio passione il lavoro della propria vita?
No, sinceramente non penso che gli artisti abbiano bisogno di scuole per essere artisti. Tuttavia, penso che le scuole siano chiamate a qualcosa di più che essere contenitori di studenti e rivelatrici di informazioni. Credo che siano rivestite di quel ruolo educativo che non può esimersi dall’interessarsi alla persona a livello integrale. Ed è in base a questo principio che non è possibile lavarsi le mani e dire, semplicisticamente che “non riguarda la scuola”. La formazione riguarda la scuola. L’apprendimento di un pensiero critico, di una capacità di scelta, di una conoscenza di base è compito della scuola. Poi starà a ciascun alunno interessarsi personalmente delle proprie passioni, non è certo compito della scuola costringerli a frequentare ore in più. Lo è però non istigarli all’odio di materie che potrebbero amare, con l’applicazione di metodi e strategie didattiche diverse e più rispettose dei loro tempi di maturazione e di apprendimento.
Se, da un lato, mi rendo conto, che si tratti della sfida educativa più importante esigente, ma anche più entusiasmante (perché parte di un più vasto progetto educativo che miri a prendersi cura dell’individuo “tutto intero”, così com’è, con l’obiettivo di aiutarlo a conoscersi, sfruttare le proprie potenzialità e mitigare i propri punti deboli), dall’altro forse chiedo troppo alla scuola che, dal punto di vista strutturale, è forse troppo poco flessibile perché possa presentarsi come il luogo di approccio alle arti e laboratorio creativo.
In ultima analisi, poi, se guardiamo alla storia, gli artisti hanno da sempre dovuto affrontare mille ostacoli e difficoltà, spesso a partire da situazioni oggettivamente e intrinsecamente avverse (basti pensare al fatto che molti di essi presentassero malattie) oppure ostacoli di tipo esteriore (la famiglia o la società). Dunque, perché pensare che siano diventati artisti “nonostante” queste cose? Magari sono invece diventati artisti proprio “in forza” delle difficoltà, vale a dire che esse sono state uno sprone e una “verifica” su quanto ci tenessero al proprio sogno.
Quindi pur mantenendo intatta la sfida lanciata alla scuola, nell’augurio che qualcuno possa prenderla sul serio, penso che, tutto sommato, per quanti sforzi possa fare la scuola, tutte le arti rimangano, in buona sostanza, qualcosa che , pur attingendo in parte a conoscenze che la scuola fornisce, si basa soprattutto su doni innati e sulla capacità di trasporre queste conoscenze su terreni totalmente “altri”, che gridano la loro totale diversità come loro più grande ricchezza e totale indipendenza.
Nota:
in conclusione vi allego la lettura del parere del Maestro Morricone, che ritengo dia da riflettere