Dodicenne inconsapevole partorisce alla gita scolastica. Il papà è il padre”.

pedopornografiaUna notizia agghiacciante (anche se non recentissima: risale al 22 marzo 2011), in cui lo stupore lascia velocemente il proprio spazio all’angoscia. L’annichilimento è totale e chiunque è consapevole che l’osservazione: “Ma è accaduto in Olanda!” non può che essere un’illusione falsamente consolatoria. Sappiamo benissimo che in Italia non è diverso. Non è diverso il clima culturale. Non è diversa l’emergenza educativa in atto in tutta l’Europa e il mondo occidentale (e forse non solo quello). Non è diversa l’inefficacia  delle misure prese dalle forze dell’ordine, dai tribunali dei minori: entrambi si ritrovano, troppo spesso, a prendere provvedimenti  così tardivi e fuori luogo da sfiorare il ridicolo, oltre a mettere a nudo la loro pressoché totale impotenza. Impotenza in un certo senso inevitabile, quando si va all’interno della sfera più intima, quella del nucleo familiare, violandone la naturale riservatezza, pur per sensati e ragionevoli motivi.
Dodici anni. E qualcuno si illude che possa essere terribilmente piccola. Ma si sbaglia! La notizia choc della gravidanza significa in realtà che era una bambina appena entrata nel periodo della pubertà, e a quell’età difficilmente attirano dei pedofili, che prediligono fanciulli più piccoli. Sì, in realtà, i bambini, a 11-12 anni, per un pedofilo sono sul confine del termine d’interesse. Questa è solo la punta dell’iceberg, resa più evidente da una conseguenza fisica (la gravidanza e il parto) che riteniamo agghiaccianti per un corpo ancora minuto, come quello delle ragazzine di quell’età, che ancora non è del tutto sviluppato. Ma resta tutta la parte sommersa, che è la parte più numerosa e agghiacciante: sono moltissimi i bambini piccoli ad essere vittima di abusi, tanto che l’apice, secondo le rilevazioni CISMAI (1999) l’apice  di casi (conclamati!) è raggiunto con bambini di età compresa tra 6 e 10 anni. Ma quando dico piccoli, a volte significa anche al di sotto dell’anno d’età!
Probabilmente, a queste osservazioni iniziali, segue la domanda forse più sconfortante e sconcertante: che mondo stiamo lasciando ai nostri figli?
Perché sapere che, in qualunque parte nel mondo, possa accadere che una ragazzina di dodici anni possa essere rimasta incinta a causa del proprio padre è qualcosa di devastante. Fa crollare le certezze più profonde, radicate nel nostro intimo. Instilla dubbi e insicurezze, anche riguardo a ciò che riteniamo e abbiamo sempre ritenuto inattaccabile e inespugnabile. Questa nostra società “liquida”, che lascia uguale spazio, dignità e  valutazione a qualunque comportamento umano, sembra incapace di trovare una reazione ferma e giusta di fronte agli abusi sui membri più indifesi.

Accanto a queste considerazioni emotive, “di pancia”, si affollano le domande collaterali, accompagnate da qualche senso di colpa; prime fra tutte, le incertezze degli educatori, che si domandano: «Com’è possibile? Come ho potuto non accorgermene prima?».
Fatti di cronaca di questo calibro non possono rimanere relegati tra gli “affari di famiglia”, le “questioni private”: se i bambini sono il futuro del mondo, non possiamo disinteressarci del futuro dell’umanità!
Di questa brutta storia resta solo una nota positiva. Una figlia che nasce, per ricordarci che “dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori”. So che forse il mio pensiero non incontra quello della maggioranza, ma sono dell’idea che questa bimba appena nata (dallo stato civile  inusuale: figlia della propria sorella e sorella della propria madre) sia  l’unico bene in tutto questo e l’unica ancora di salvezza possibile. L’obiezione a ciò è – in genere – che questa bambina avrà una vita d’inferno, che non sarà amata dalla propria madre, peregrinerà da un istituto all’altro senza mai conoscere una vera famiglia: insomma, sarebbe stato meglio per lei non essere mai nata.
Io penso tuttavia che nessuno possa conoscere il futuro e certe supposizioni, non fondate sulla realtà effettuale, possono solo provenire da un pessimismo cronico. Questo fatto ha piuttosto delle conseguenze già sull’oggi. Senza di lei, sarebbe pressoché impossibile trovare dei risvolti positivi a questa vicenda dolorosa e drammatica. Con, lei, la speranza diventa fisicamente concreta. Lei è il segno visibile che anche l’uomo che si è macchiato del crimine peggiore di tutti, di quelli che gridano vendetta al Cielo, come carpire (con l’inganno o la violenza)  l’innocenza dei più piccoli, può essere causa di una nuova vita. Che non è solo simbolo, bensì reale possibilità di cambiamento e dimostrazione di fiducia nei confronti delle generazioni a venire.
Del resto, chi mai può arrogarsi il diritto di sentenziare sulla vita o sulla morte di una persona in base alla sua nascita? Ogni figlio è figlio del mondo, anche quando i genitori naturali non sono in grado di prendersene cura. “Per crescere un bambino, ci vuole un villaggio” recita un proverbio africano, che pare mettere in evidenza qualcosa che a volte ci sfugge: non esistono problemi familiari, ci sono solo problemi umani, perché niente di ciò che riguardi un singolo potrà mai essere del tutto alieno dalla vita del resto della comunità.
“Ogni bambino che nasce ci ricorda che Dio non è ancora stanco degli uomini” osserva Tagore. Facendo un breve calcolo sul numero di bambini che nasce ogni giorno, in questo mondo saturo di guerre, ingiustizie, violenze, sopraffazioni, miserie, invidie e “piccolezze” mi viene da pensare che il primo aggettivo con cui descrivere Dio non dovrebbe essere né Onnipotente, né Misericordioso, né Santo, ma paziente oltre l’umana concezione del termine.

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