Come un tarlo mortale. Il tarlo è un insetto che si nutre della polpa del legno (da qui l’appellativo “tarlo del legno”). La sua incubazione all’interno del legno può durare anche tre – quattro anni: quando ci s’accorge dei fori sulla superficie legnosa, lo sviluppo è già terminato. All’interno del legno rimangono le gallerie vuote che compromettono la stabilità e la robustezza pure di un tavolo di ciliegio. Il tarlo non lo vedi ma il suo lavoro è devastante e viaggia indisturbato. Questa potrebbe essere ricordata come “l’estate del tarlo” a livello sportivo e non solo: dentro la mischia di accuse e controaccuse, di analisi e contro-analisi ormai si è nella fase finale dell’epica battaglia del “tutti contro tutti”. E’ doveroso che la giustizia sportiva faccia il suo percorso ma oggi sono troppi gli atleti che stanno perdendo lo smalto, la grinta e la passione a causa di sospetti sempre più velenosi che lambiscono i loro nomi, sopratutto di coloro che in un’estate olimpica rappresentano dei simboli. Cadono come foglie sbattute dal vento: a volte è per motivi accertati, altre volte è per semplici sospetti, il più delle volte è la malignità che al pari di un tarlo inizia a scavare una galleria nella vita di qualche campione. Nello sport come nella vita: per un sospetto si smantellano famiglie, si rompono dei legami affettivi, si complicano esistenze. Quella del sospetto è ormai una cultura con la quale abbiamo scelto di convivere, senza renderci conto che il semplice sospetto è già quasi una mezza condanna di fronte al pubblico. E’ il gioco di Satana nel Giardino Terrestre il quale – “maledetto demonio” è proprio il caso di dire – instillò in Adamo ed Eva il sospetto che Dio volesse tenere nascosto qualcosa che impedisse loro di diventare pienamente felici. Da quel giorno il sospetto divenne lo strumento più potente per distruggere le creature e roderne alla base la passione, la sopportazione della fatica e la gestione delle risorse.
Quest’estate sono state le vicende sportive a dettare legge in questo: il tempo che arrivi settembre e saranno vicende umane e quotidiane a riprendere quest’arte poco nobile ma così tanto umana che infiacchisce a dismisura, sopratutto le generazioni giovani che, come rondini stordite, non riescono più a credere che ci sia ancora qualcuno degno di fiducia. Come rondini stordite nel campo dello sport, nel campo della Chiesa, nel campo dell’educazione civica. Se lo sport può essere considerato la metafora della vita, allora l’estate che sta tramontando è stato un esempio planetario. Quanti bambini e atleti, sotto l’incalzare di denunce e deferimenti, si sono sentiti traditi dagli apostoli dello sport fino a convincersi che quel vangelo sia ormai dichiarato “tarocco”. Forse qualcuno avrà pure appeso le scarpe o la bici al chiodo, maledetto il giorno in cui s’innamorò di quell’atleta, rimpianto le alzate mattutine per emulare a pane e marmellata quella prestazione. Davvero è stato tutto tempo perso?
Fra qualche giorno partiranno le Paralimpiadi: i corpi superdotati delle Olimpiadi saranno sostituiti dai cervelli esagerati di chi ha trasformato le lacrime della disabilità in energia e smisurata forza d’animo per superare un destino a volte carogna e vigliacco. Finora sono state uguali alle Olimpiadi: deferimenti in extremis da entrambe le parti. La speranza è quella di andare a letto la sera è avvertire che c’è ancora un qualcosa che sposta dentro di noi il requiem della passione, una scintilla per dare allo sport un’altra piccola chance, un motivo per sperare che tutto non sia ancora andato perduto. Londra 2012 sarà la prima volta di Alex Zanardi: “un sogno, mi sono allenato come un pazzo, sono felice” ha detto qualche giorno fa. E lo sarò tremendamente anch’io con lui perchè non è da tutti mostrare che la sedia a rotelle è un mostro, ma il pietismo è dei perdenti e il traguardo è dei vincenti. Anche questo è lottare contro il sospetto.