Avvolta nel suo scialle nero, discretamente donna, mani stanche a chiudersi e due occhi che impugnano la polvere, i tacchi dei passanti, l’anonimato del mondo. 60 anni o poco più: lineamenti mediterranei, capelli increspati, vestiti laceri. Davanti una sfilza di auto blu, di cellulari caldi, di uomini in giacca e cravatta: è la sede di uno dei due partiti che, a colpi di fucilate reciproche, sta tentando di comperare la torta che sarà messa all’asta il 13 e 14 aprile prossimo. Quando l’aspirante premier esce, lo anticipa una processione di bodyguard che, ovviamente, spostano la signora perché intralcia il traffico. O, semplicemente, macchierebbe gli scontati passaggi televisivi. Lei, commovente, raccoglie le sue misere reliquie e si sposta dietro la colonna. Troppi corrono dietro all’uomo vestito di nero: lo additano dai vetri della pizzeria e lo chiamano per ricevere un sorriso che, ovvio, è incluso nel “pacchetto” assieme alla scheda elettorale. Lei torna al suo angolo e riposta la ciotola sulle sdrucite scarpe.
Ennesima occasione naufragata. Mi sarebbe piaciuto veder il volto di quella donna – forse madre dalla tenerezza – campeggiare per le vie di Roma in vista delle elezioni. Come testimonial di una coalizione. Forse sarebbe stata nota di speranza per chi, come lei,  già trema pensando che quest’anno il Calvario non finirà il 22 marzo, Venerdì Santo, ma si protrarrà fino a metà aprile.
Con il dubbio che quel giorno, non solo per lei, ci sarà vera Risurrezione!

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