partire1Come per i grandi generali dell’antichità l’importante era andare, conquistare la terra e ritornare, così è del popolo cristiano che s’appresta a celebrare la Settimana Santa. Anche qui si tratta – seguendo Cristo sulla strada dei Vangeli – di andare all’assalto, conquistare la vittoria sulla morte e ritornare a sperare. Al pari di Ulisse che, imbarcatosi per sfidare l’ignoto, seppe custodire nel cuore la nostalgia della sua Itaca e di sua moglie Penelope. Una settimana intera di celebrazioni popolate di personaggi evangelici così strani che nessuna letteratura avrebbe osato tanto: dalla Veronica a Simone di Cirene, da Giuda Iscariota a Maria di Nazareth, dalle donne di Gerusalemme ai pavidi dicepoli fuggiaschi. Da Pietro a Giuseppe d’Arimatea, passando per ladroni, furfanti, centurioni e sciacalli. Fino a giungere là in fondo, per fare pace con quello sgarbo liturgico che i nostri “buoni parrocchiani” a fatica accettano: aver fatto di un ladrone – riconciliatosi negli ultimi cinque minuti della sua esistenza burrascosa – il primo santo dell’era cristiana. Perchè nulla è mai perduto quando ad essere in gioco è il destino ultimo dell’uomo.
Una settimana intera per riscoprire l’austera bellezza del cristianesimo. Questa storia così ambiziosa ch’è nata da un incontro, perchè anche dentro le pagine sudate dei Vangeli tutto nasce da un incontro. O forse anche da uno scontro. E’ capitata la stessa cosa ad un gruppo di persone, nemmeno tutte troppo giovani, alcuni erano anche padri di famiglia. Passa Gesù che li aveva notati tante volte immersi nei loro lavori, nei loro pensieri, abbarbicati alla loro terra, o meglio al loro lago e alle loro abitudini, li guarda e li chiama. Li toglie dal torpore, li lancia su un futuro diverso: “Andrea, non stare a raschiare questo lago con le tue reti tutta la vita, vuoi buttarti nella avventura del Regno di Dio? Guarda che non sarà una vita facile, ma io ti sosterrò. Ti interessa?”. Deve aver detto più o meno così quello Sconosciuto d’insopportabile bellezza il giorno in cui si è interessato di loro. Andarono e videro dove abitava, dice il Vangelo. La gioia dell’intimità con Gesù scatena un tam tam che non si ferma più. Andrea lo dice a Pietro, lo viene a sapere Natanaele, la voce corre per tutta la Palestina e correrà per tutto il mondo senza mai fermarsi. Da allora molti uomini e donne hanno sentito questo invito testimoniato e lo hanno seguito. Il cristianesimo non è sempre esistito: è iniziato quando Dio ha deciso in interessarsi in prima persona dell’uomo fino a sporcarsi di giorni, ore e secondi: fino a lasciarsi crocifiggere su una Croce per decretare la vittoria della Vita sulla Morte, del bene sul male, della bellezza sulla meschinità. Questa sarà pure l’avventura del popolo che vorrà seguirlo, magari su strade polverose e insanguinate di ferite: andare, conquistare la speranza, ritornare col cuore innamorato.
Credere il giorno di Pasqua non è vera fede. E’ sotto la Croce che campeggia il crocevia delirante e decisivo della storia: chi regge il peso di quesgli istanti al pari di Maria di Nazareth diventerà cireneo della speranza per l’umanità intera. Quella stessa umanità che, zoppicante e magari incerta, guarda ancor oggi al cristianesimo come al paradosso più sconvolgente della storia: quando troppi uomini hanno il sogno di diventare Dio, c’è un Dio che sogna di diventare uomo.
Per raccontarci che i nostri giorni quaggiù non sono proprio miserabili e insignificanti come sovente ci possono sembrare.

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