POSTO_FISSOL’ingenuità è stata forse quella d’aver espresso la sua convinzione in un momento storico infelice. Cosicchè quello che a mente fredda sarebbe uno degli auspici più colorati da dedicare al mondo giovane, è stata tacciata d’essere un’infelice battuta, se non un’elegante offesa per chi oggi deve fare i conti col precariato. La frase può suonare negativa ma non irrealistica se la si legge come provocazione che apra discussioni sul miraggio del posto fisso, sulla precarietà che è in crescita costante e su uno stato che è ancora ancorato ad un sistema vecchio e statico. La contestazione alla frase nasce quando il premier si lascia andare ad un tentativo mal riuscito di sdrammatizzare il contenuto della sua riflessione: “Del resto, diciamo la verità, che monotonia un posto fisso per tutta la vita”. Stavolta l’ironia non gli riesce – lo potremmo definire un tentativo fallito di emulare il suo predecessore, maestro almeno nell’ironia, ndr – e rimane quel miscuglio di alto borghesismo difficile da comprendere in maniera positiva da chi ha smarrito il lavoro o lo sta disperatamente cercando in questo momento. Ecco che il premier si riprende dalla gaffe, o presunta tale, e rilancia la riflessione: “è più bello cambiare e accettare nuove sfide purchè siano in condizioni accettabili”. Dietro e dentro ogni sfida c’è una possibilità di migliorarsi e di far fare un passo avanti alla propria esistenza e a quella dell’umanità stessa. Purchè le sfide ci siano e siano patrimonio di tutti. Questo significa tutelare chi è schiavo del mercato e usare l’aggettivo “monotono/a” non tanto all’aspirazione ad un posto fisso ma ad una società che – come ha scritto Gianluca Briguglia – è più monotona del posto fisso perchè “alla mancanza di posto fisso i giovani sono abituati, ma non possono abituarsi alle banche che danno il mutuo solo a chi ha il posto fisso”. Sembra un gioco di parole: in realtà ne va del presente del mondo giovane.

Al di là dell’espressione di Monti e con pieno rispetto di chi lotta per un posto di lavoro – ricordo il volto rattristato di mio padre anni fa quando una sera rincasò senza più lavoro – rimane la tristezza di vedere una mancanza di estro e di inventiva nell’immaginazione di tanti giovani oggi. E’ vero: tutti studiano con l’aspirazione d’imbattersi in un lavoro che sia all’altezza dei loro sogni, ma non sempre è così. Karen Blixen diceva che nella realizzazione di un progetto il cinque per cento è ispirazione, il resto soltanto duro lavoro. Oggi la fatica è quella di trasmettere la passione a chi l’ha già smarrita da un pezzo, far capire che quella mossa fantastica che mille volte ti ha condotto al successo, o quella tattica che pensavi da “Nobel per l’originalità” oggi non funziona più. E’ necessario spingere, creare, rischiare: nell’economia, nella cultura, nella società, laddove oggi sta crollando – per fortuna o purtroppo – il “posto fisso” del cristiano. Non basta più attaccarsi l’etichetta perché si aprano le porte della considerazione: qualcuno accetta ancora un cristianesimo di facciata ma i più oggi chiedono un’eterna capacità a rimotivare la tua fede, a ringiovanire la tua passione per l’uomo, a rinnovare il tuo repertorio di frasi fatte e di circostanza. Ad essere credente e credibile. C’è stato un tempo in cui essere intelligenti corrispondeva alla capacità più o meno spiccata di dimostrare un teorema, sciogliere un’equazione, snocciolare pagine di letteratura. Oggi l’intelligenza è sinonimo di velocità ad adattarsi, di lentezza a lamentarsi e di prontezza al cambiamento. E’ forse questa l’unica certezza “fissa” che abbiamo.

Per vincere le battaglie senza arrivare allo scontro finale.


La frase incriminata di Mario Monti a Matrix

“I giovani devono abituarsi all’idea che non avranno un posto fisso per tutta la vita. Del resto, diciamo la verità, che monotonia un posto fisso per tutta la vita. E’ più bello cambiare e accettare nuove sfide purchè siano in condizioni accettabili. E questo vuole dire che bisogna tutelare un po’ meno chi oggi è ipertutelato e tutelare un po’ di più chi oggi è quasi schiavo nel mercato del lavoro o proprio non riesce ad entrarci”

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