In Nigeria Boko Haram – nome attribuito ad una setta di miliziani islamici dello stato africano – ha lanciato l’ultimatum ai cristiani, l’ennesimo: “tre giorni di tempo per scappare o morirete”. Alla grotta sono appena giunti i Magi – e migliaia di pance stanno ancora digerendo i panettoni – che il Dio fatto uomo ricorda il prezzo da pagare per continuare ad alimentare la Bellezza del fatto cristiano: ieri, oggi e sempre. Al martire Policarpo diedero fuoco, ma le fiamme fecero una specie di vela che impediva di lambirlo. Dovettero usare una daga per colpirlo nel petto: il getto di sangue estinse il fuoco e Policarpo morì. Perchè la storia tra il cristianesimo e la cultura moderna è una storia evolutasi in famiglia. La nonna era abituata a vivere con Dio, la cui adorazione scandiva il ritmo delle sue giornate. La mamma – che della nonna era figlia – si abituò da subito a vivere contro Dio per festeggiare il fatto che l’umanità era diventata maggiorenne. Il bambino – che della mamma è figlio e della nonna è nipote – vive oggi senza Dio. Credo; non credo, perchè dovrei credere? Fino a giungere al’imbarazzante situazione dipinta dal filosofo danese Kierkegaard che se Cristo ritornasse al mondo, forse non sarebbe messo a morte ma in ridicolo. E’ questo il martirio dei tempi dell’intelligenza; essere messi a morte è quello del tempo della passione e del sentimento. Dall’incidere il simbolo del pesce nelle catacombe e dal collocare l’immagine del Sacro Cuore di Gesù nelle stalle di montagna, siamo approdato a mettere Dio tra virgolette: la specie si è evoluta.
Il rischio del martirio – che nella storia cristiana è sempre stato occasione di successiva fecondità – ci ricorda l’esigenza del cristianesimo e il rischio che gran parte del mondo che si definisce cristiano sta correndo: essere cristiani senza diventarlo, praticanti senza un necessario cammino di fede. Come dei turisti distratti che sono saliti su un treno del quale s’ignora la provenienza e, forse, la destinazione ultima. Si è saliti perchè a quel tempo e in quella regione era di moda salire, senza per questo conoscere la sorgente dalla quale scaturisce la fede cristiana. Oggi che la coincidenza tra fede e cultura è scomparsa, rimane la situazione più affascinante per mostrare la credibilità del nostro dirci cristiani: la situazione di minoranza diventa l’opportunità per testimoniare una fede vissuta in libertà e amore. Una fede che non conosce il caso o la necessità. Salvaguardando pure la grammatica italiana, nella quale di chi crede si dice “credente” e non “creduto”, a significare un’avventura da rinnovare giorno dopo giorno. Una Chiesa perseguitata – dove la persecuzione non ha nulla da vedere con un certo vittimismo di stampo parrocchiale – è una Chiesa che predica un cristianesimo che irrita, infastidisce, innervosisce. Oggi una delle vere preoccupazioni – oltrechè spiegazione del fatto che in Italia non ci sia il rischio del martirio – è che l’uomo di fede non infastidisce più nessuno. Ma se chi ha fede non infastidisce nessuno, allora significa che il suo messaggio è vuoto; e affermare ciò significa dire che è destinato a perire domattina. Torneranno, pertanto, i piccoli “greggi” radunati attorno all’essenziale della Parola e decreteranno la scomparsa definitiva di un certo cristianesimo dell’abitudine per lasciar spazio ad un cristianesimo dell’innamoramento.
Perchè il Dio fatto Uomo non ha mai detto che seguirlo sia cosa facile; ha promesso che sarà cosa assai felice. E’ davvero la storia più ambiziosa quella che proclama una felicità che passa attraverso il sangue del martirio.