Nel nome del Padre inizia il segno della croce. Nel nome della Madre inizia il segno della vita vita. Nel nome della Pace inizia l’anno nuovo. E inizia pure con uno sguardo inedito, sotto il segno dei pastori: “(i pastori) andarono senza indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella magiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro” (cfr Lc 2,16-21).
Loro, sdraiati a squadernare le costellazioni e le galassie, sono saltati in piedi e si sono messi a correre. Tutto il giorno a fiutare pascoli d’occasione, a conquistare tappe nel deserto, ad annusare l’odore della pioggia e il riverbero della terra prossima al risveglio. I loro orecchi sono come pozzi in cui salgono e scendono secchi vuoti da riempire, domande e risposte vuote e piene. Poi – dopo notti a contare pecore e faville – la sorpresa. La grande sorpresa, quella che vale un’eternità d’attesa: “trovarono Maria e Giuseppe e il bambino che giaceva nella mangiatoia”. Eccola lì, Maria, la donna nelle cui pupille s’intrecciano attese secolari, fuochi sopiti sotto le ceneri di un tempo. Eccolo lì, Giuseppe. Finalmente un volto all’uomo più silenzioso dei Vangeli, l’uomo dei sogni. Di giorno l’esperienza dura, scabra, interminabile della bottega, popolata di clienti e di problemi. Di notte l’irruzione scontata, serena, inesprimibile in un pezzo di cielo, popolato di angeli e di presagi. Eppoi eccolo, finalmente, il concentrato d’Attesa, il Bambino più capriccioso e paradossale della storia nei cuoi occhi s’incrocia la speranza di un’umanità assetata di trasparenza che sogna la salvezza. Volti e storie – Maria, Giuseppe, l’Emmanuele – e un arnese: la mangiatoia. Poche parole per il primo presepio, ancor prima di quello architettato sulla costola della collina di Greccio da Frate Francesco: le ha scritte un medico di Antiochia senza che la sua penna tremasse per la tentazione di dire di più. Nemmeno lui l’ha visto, come non lo vide il suo maestro Paolo di Tarso: lo videro solo quei pastori notturni polverizzati nel nulla. E dentro il nulla la potenza del Mistero: “non temete, vi annuncio una grande gioia che sarà di tutto il popolo: oggi nella città di Davide è nato un Salvatore, Cristo Signore”. E allora giù di corsa, magari spettinati dal vento che sale nel pieno della notte di Palestina, giù di corsa lungo il pendìo delle colline, saltando il greto di qualche torrente, forse un quarto d’ora di marcia guadagnato.
Nel nome dei pastori inizia l’anno: pastori di pace nel grembo della storia. Perchè Dio non è un qualcosa di aggiunto, è dentro la storia: dentro la tua gioia, dentro la tua stanchezza, dentro la tua repulsione o dentro la tua simpatia, dentro la tua convivenza o dentro la tua connivenza. E’ una presenza drammatica, sfigurata di bellezza e luminosa di fulgore che oggi dà inizio a qualcosa di nuovo: oggi all’una, alle sei, alle dieci. O forse domani alle tre, alle quattro. In qualsiasi momento inizia qualcosa di nuovo perchè “un Bambino è nato per voi!” A Maria l’angelo era apparso nell’ora che precede il giorno quando la casa era limpida come un acquario. Ai pastori viene nell’ora della fiamma, quando un’ebetudine stanca rende prigioniero l’uomo. L’angelo cala come un falco su quegli uomini che sognano, sui sognatori della storia. Perchè solo su di essi si poserà la benedizione divina.
“Giovanni e Andrea avevano fede, perchè avevano certezza in una Presenza sperimentabile: quando erano là a casa sua seduti, verso sera, a guardarlo parlare, era una certezza in una Presenza sperimentabile di una cosa eccezionale, del divino in una Presenza sperimentabile.
Invece che Lui coi capelli al vento, invece di guardarlo parlare con la bocca che si apre e si chiude, ti arriva addosso con le nostre presenze, che siamo come la fragile pelle, le fragili mascehere di qualcosa di potente che è Lui che sta dentro” (don Luigi Giussani)
Sui davanzali della storia il popolo del Bambino poggerà le palpebre per assistere all’aurora di un nuovo inizio. Lo derideranno, lo minacceranno, ne diranno mendaci verità perchè sono decadi e millenni che la Bellezza non trova nulla di meglio che un ricovero precario di grotta per nascere. E la sfida resterà la medesima: “Come faccio a spiegare a mia moglie che quando guardo fuori dalla finestra sto lavorando?” (J. Conrad). Un po’ come spiegare al mondo che quando guardiamo quel Bambino stiamo sognando. Coi piedi per terra.