green_footsteps_IIL’ecologia prende sempre più piede nei discorsi attuali. Si  cercano i cibi “bio”, si parla di “ecocompatibilità”, “ecosostenibilità”… tutto ciò che è “eco” diventa di moda prima ancora che ci si renda conto se sia poi anche eco–nomico o, almeno, efficace nel suo utilizzo. Perché a volte si perde di vista anche questo: se un determinato oggetto risponda o meno all’utilizzo che se ne deve fare. L’ecologia sembra quasi più una moda che un meccanismo che punti a rispettare davvero l’uomo e l’ambiente naturale in cui vive.

Per non parlare poi delle mistificazioni vere e proprie, per cui una casa “ecosostenibile” sarebbe fatta in legno. Ma come? Non dovevamo salvare le foreste? E sarebbe ecologica una casa che abbatte nuovi alberi, o che riempie di legno infrastrutture o mobilia con cui arredarla?

Sullo stesso principio si allineano i cosiddetti ambientalisti che poi si accingono, lieti e soddisfatti, a preparare il loro bell’albero di Natale, rigorosamente vero (“perché è più bello!”), come se bastasse l’impatto estetico a giustificare l’inutile moria delle punte di sempreverdi costretti a soggiornare al chiuso, cariche di peso, che difficilmente riescono a sopravvivere dopo le festività.

Discorso completamente diverso richiedono invece quei progetti che puntano ad un utilizzo più razionale delle risorse disponibili e di difficile rinnovamento. Un esempio sono quelle case che vogliono riutilizzare l’acqua di modo che quella potabile che esce dai lavandini possa rientrare in circolo per gli scarichi del wc… l’iniziativa è lodevole perché è innegabile come sia assolutamente lontano dall’essere indispensabile la presenza di acqua potabile all’interno del wc! Naturalmente, la solita pecca è che soluzioni di questo tipo, ad oggi, sono decisamente antieconomiche: per cui, per quanto possa esserci una riduzione degli sprechi sulla lunga distanza, è difficile trovare un numero sufficientemente alto di consumatori disposti a rischiare la cifra iniziale per risparmiare in un secondo tempo. Spesso, tante soluzioni intelligenti, in termini di risparmio energetico, sono parecchio frenate nel loro utilizzo perché mancano dell’incentivo economico che le renda appetibili.

 

Vi sono poi gli ambientalisti secondo l’occasione, quelli “settoriali” che, ad esempio, sono contrari a priori all’utilizzo dell’automobile, considerandolo l’unico male della città; si illudono (o vogliono illudersi?!) allora che le domeniche senz’auto siano le uniche soluzioni possibili all’invivibilità e all’inquinamento atmosferico delle grandi città. Dimenticando, però, che le due cose potrebbero non essere concomitanti. Il traffico può essere fastidioso, stressante, stancante. Ma non è necessariamente l’unica e la principale fonte dell’inquinamento cittadino. Naturalmente, c’è anche chi non fa mistero sulle perplessità che tale misura sia realmente utile per lo scopo che si prefigge, ma ammette: “Però, senza le auto si circola meglio e si vive la città con più tranquillità”. Già, tranquillità. Che non fa rima con aria salutare, ma forse ne lascia l’illusione, dato che si continua con questo palliativo!

Poi c’è il fanatismo animalista, di quelli che arrivano a dire amenità come “meglio gli animali delle persone” e non si accorgono neppure della gravità (e illogicità) di tali affermazioni. Non basta motivarlo con la cattiveria possibile dell’uomo, con la smania di arricchirsi, l’invidia, la gelosia. Il rischio è dimenticarsi dettagli importanti. Un’affermazione del genere è de-responsabilizzante. Se un leone sbrana un uomo, non ha colpa, perché agisce per influsso dell’istinto, se ha paura diventa aggressivo. Anche l’uomo ha l’istinto, anche l’uomo ha paura e, molto spesso, quando ha paura diventa aggressivo. Ma l’uomo ha ragione, coscienza e volontà. Ecco perché è responsabile delle proprie scelte e delle proprie azioni. Ecco perché può essere colpevole o innocente, santo o peccatore, corrotto od onesto. Il suo destino non è mai già scritto, ma può essere deciso e plasmato in virtù o per colpa della successione delle proprie scelte, prese di coscienza ed anche errori… possiamo diventare ogni giorno uomini migliori, oppure lasciare che la vita ci incattivisca o ci renda apatici. Le nostre reazioni dipendono da noi. Siamo noi a scegliere, siamo noi a dipanare il filo della nostra vita. E a noi sarà chiesto conto, perché ne siamo responsabili. E, al contrario di quanto credeva Caino, siamo responsabili anche del nostro fratello: non possiamo estraniarci nell’indifferenza… se siamo vicini gli uni agli altri, è perché siamo chiamati ad essere gli uni per gli altri.

Correnti fanatiche non dissimili sono quelle che portano ad addobbare cagnolini come fossero alberi di Natale, con ninnoli e pendagli ben lontani da quello che è il seguire la loro natura. Sarò all’antica, ma in questo io ci vedo anche una mancanza di rispetto. Perché ridurre a una bambola o un peluche un essere vivente, utilizzato per soddisfare le proprie voglie, non potrà mai soddisfare quelle che sono le sue vere esigenze e necessità. Mi sembra molto più consono vedere cani scorrazzare per i prati, liberi di giocare e gatti arrampicarsi sugli alberi, piuttosto che assistere a raccapriccianti scene che vedono protagonisti gatti e cani di piccola taglia, ridotti a pupazzetti colorati, per soddisfare la vanità dei padroni.

Naturalmente, anche gli ambienti religiosi, risentono di certe “tendenze”: ecco allora promuovere le “messe per i cani”. Sono mal tollerati i bambini, ma è necessario che siano accolti i cani? Forse qualcuno deve rivedere le sue priorità!

Questo filone, purtroppo, raccoglie nel vortice anche figure come quella di san Francesco, per piegarla ai propri fini, di un ecologismo pagano ben lungi dagli intenti del poverello d’Assisi che, nell’armonia del Creato, vedeva l’impronta del Creatore. Benedetto XVI, ha avuto modo di sottolineare, anche nella sua enciclica “Caritas in Veritate” (punti 48 – 52) la necessità di riscoprire l’amore per l’uomo insieme a quello verso l’ambiente, consapevoli che il rapporto dell’uomo con l’ambiente e la sua qualità è importante per il proseguimento della vita sulla terra; ma non meno importante è il rispetto dell’uomo per se stesso, per la sua dignità intrinseca, per la sacralità della propria vita, per il necessario impegno a favore dei più deboli. Perché se il diboscamento dell’Amazzonia è – e giustamente, s’intenda! – una preoccupazione globale, la sofferenza di un solo bambino dovrebbe smuovere le coscienze a livello planetario.

Vedi anche:
Una messa da cani? Ma anche no!
La vera e la falsa ecologia
Caritas in Veritate, punti 48 – 52

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