Troppo tardi per far carriera tra i profeti: la figura austera e saggia di Zaccaria – ultimo profeta dell’Antico Testamento – è appena dietro l’angolo. Troppo presto per far carriera tra gli apostoli: Pietro e Giacomo, Giovanni e i figli di Zebedeo e tutta la “compagnia del lago” abitano ancora nel ventre dei sogni: manca del tempo perché sulle sponde di quel Mare soprannominato “Arpa” s’inizi ad avvertire il tonfo delle parole del Nazareno. Troppo tardi o troppo presto: strana l’avventura del Battista – all’anagrafe Giovanni di Zaccaria ed Elisabetta -, a metà strada tra le promesse dell’Antico Patto e l’avventura tutta da scrivere del Nuovo, l’amico prescelto che spianerà la strada al bambino di Nazareth. Le sue sono parole che vengono da lontano, dal profondo del deserto laddove l’uomo incontra la sua nudità e s’aggrappa al riverbero delle parole del Cielo. Parte dal deserto perché nel deserto Dio chiama i suoi per addestrarli alla dura legge della Salvezza: nudi, spogliati, soli per stare in Sua compagnia a raccogliere l’eco e farsi forti della nostalgia delle cose grandi. Quando usciranno sul palcoscenico della storia tratterranno un qualcosa di irresistibile, di magnetico, d’insopportabile fascino. Il mondo li odierà, li ricorrerà nelle strade, li condurrà nei tribunali, li darà in pasto alle belve selvatiche. Domani li irriderà e decreterà insignificante la loro presenza. potranno non essere turbati da quel che loro annunceranno, dal contenuto improbabile di questa fede furibonda, ma di certo verranno stravolti dal fatto che vi siano uomini capaci di essa. Ecco perché loro non cederanno, il Battista Accaldato non tradirà mai i panni del gladiatore: il loro compito – una volta abbandonato il silenzio del deserto e rincasati nel ventre delle città – sarà in aeternum quello cantato da Isaia, uno della loro tribù: “Sali su un alto monte tu che annunci liete notizie a Sion! Alza la tua voce con forza, tu che annunci liete notizie a Gerusalemme. Alza la voce, non temere” (Is 40, 1-5.9-11). Non temerà annuncio di sventura il profeta vestito di pelli di cammello: le sue sono parole che vengono da lontano – “preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri” – e scuotono, sbilanciano per bilanciare, scompigliano per ricomporre, disturbano per concentrare. Parole calde e ammalianti, dense e scivolose, spavalde ed esuberanti, giocose e festose. Parole che sono cose preziose, cose che nessuno sa, cose delicatissime: sono e rimarranno le cose di Dio.
Una cosa non dovete perdere di vista, carissimi: davanti al Signore un solo giorno è come mille anni e mille anni come un solo giorno. Il Signore non ritarda nel compiere la sua promessa, anche se alcuni parlano di lentezza. Egli invece è magnanimo con voi, perché non vuole che alcuno si perda, ma che tutti abbiano modo di pentirsi.
Il giorno del Signore verrà come un ladro; allora i cieli spariranno in un grande boato, gli elementi, consumati dal calore, si dissolveranno e la terra, con tutte le sue opere, sarà distrutta.
Dato che tutte queste cose dovranno finire in questo modo, quale deve essere la vostra vita nella santità della condotta e nelle preghiere, mentre aspettate e affrettate la venuta del giorno di Dio, nel quale i cieli in fiamme si dissolveranno e gli elementi incendiati fonderanno! Noi infatti, secondo la sua promessa, aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali abita la giustizia.
Perciò, carissimi, nell’attesa di questi eventi, fate di tutto perché Dio vi trovi in pace, senza colpa e senza macchia.
(2Pt 3,8-14)
Parole che diventeranno frammenti d’amore, quest’amore che ci fa impazzire di Lui perché pare in eterno ritardo: quaggiù l’attendiamo da millenni, domani sembra sempre essere l’ora giusta e Lui non capita mai: sembra rimandare, sembra non essere puntuale all’appuntamento, sembra un fidanzato smemorato delle promesse. Ogni secondo potrebbe essere il suo, ogni istante potrebbe essere l’istante del Messia. A calcolarlo con il tic-tac dell’uomo il ritardo è pesantissimo. Chissà mai che non sia il suo, invece, l’Amore più puntuale: quello che attende per non far trovare impreparato l’amico, che accetta di sembrare smemorato per ridestare la voglia di stringerselo a sé, che gioca con l’attesa come due amanti in trepidazione, che dei minuti è padrone e dell’ansia dei cuori custode: sono gli attimi di Dio, fatti di spasimi e battiti, di sguardi cacciati tra le fenditure delle rocce e di faticose attese. Eppure se tarda un motivo l’Amore ce l’ha: “non vuole che nessuno si perda, ma che tutti abbiano modo di pentirsi”. Figurati se Lui è in ritardo, Lui che della storia è Signore e Principe, la Bellezza di fronte alla quale “un solo giorno è come mille anni e mille anni come un solo giorno”. Alcuni parlano di lentezza, altri di tradimento, qualcun altro d’illusione. Eppure è il volto più bello di Dio, quel Dio per il quale il sogno più bello rimane la festa del cuore.
Lui viaggia sempre in apparente ritardo: è l’altra faccia della misericordia. Quella che nel suo alfabeto è sinonimo d’eleganza amorosa.