Chiedilo all’aurora. Lei ti risponderà: “è di notte che mi alzo e inizio a spargere la luce”. Chiedilo alla Risurrezione. Lei ti risponderà: “nella notte di quella Croce ho fatto le prove generali per la mia danza”. Chiedilo alla vittoria. Lei ti risponderà: “nella notte della sconfitta ho avvertito il sapore della rivincita”. Chiedilo all’amore. Lui ti risponderà: “Nella notte dell’abbandono ho riamato il volto dell’amato”. Chiedilo a Maria. Lei ti risponderà: “nella notte oscura del Sabato Santo ho avvertito I primi passi del mio Figlio vestito di luce”. Chiedilo a Lui. Lui ti risponderà: “Vigilate dunque, poiché non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino, perché non giunga all’improvviso, trovandovi addormentati” (Mc 13, 33-37).
Di notte – in quel labile spazio che abita tra l’oscurità e la luce – affonda le radici il genio e la santità. Il tempo di Platone del quale si dice consumasse più olio nella lampada che vino nella coppa; di Napoleone che iniziava la giornata alle quattro del mattino, di Balzac che s’aggrappava alla penna all’una di notte. Di D’Annunzio che alle tre del mattino rompeva il sonno per scandagliare l’universo e i suoi segreti, di Gesù di Nazareth che di notte s’alzava per pregare e caricarsi d’Eterno: perchè di notte s’avverte meglio l’urto della secchia nel pozzo, la canzone del fuoco, il tonfo di una mela, le parole cupe sulle soglie, il grido del bimbo. Le cose che non passano mai: quelle di Dio e dei suoi avventurieri.
E dentro la notte c’è un mondo in stato di febbrile e appassionata attesa: il fornaio col suo lievitare il pane, il camionista nella piazzola dell’Autogrill, l’editore nel buio della sua redazione, il monaco nel silenzio claustrale della sua cella, la mamma nell’angosciante attesa di un ritorno. Il popolo di Dio attende per entrare nella Terra Promessa: Mosè attende un cenno nel mezzo del deserto, Maria attende un cenno nell’attesa del Golgota – “Dimmi, Figlio mio, quanto mi resta d’attenderTi” -, i discepoli vivono nell’attesa del Regno. Anche Penelope attende il ritorno di Ulisse, Lucia quello del suo Renzo, Ungaretti attende il ritorno della vita.
“I poeti lavorano di notte
quando il tempo non urge su di loro,
quando tace il rumore della folla
e termina il linciaggio delle ore.I poeti lavorano nel buio
come falchi notturni o usignoli
dal dolcissimo canto
e temono di offendere Iddio.
Ma i poeti, nel loro silenzio
fanno ben più rumore
di una dorata cupola di stelle”
(A. Merini)
Chi attende lo fa per un semplice ammonimento, umano prima che cristiano: “perchè non giunga all’improvviso trovandovi addormentati”. E’ il sonno di chi non spera più, di chi varca la soglia di casa e non avverte più il battito di un’attesa. S’addormenta chi non sa più sognare e immaginare, leggere e rimotivarsi, scrutare l’orizzonte e lasciarsi guardare da un volto. Chi non pensa, non cammina, non s’intestardisce a capire il perchè del mondo e della storia. Che non vi trovi addormentati, o tutt’al più fuori casa come le vergine rimaste senza olio proprio all’approssimarsi dello Sposo. Non ci perdoneremmo mai d’aver smarrito proprio quell’attimo di Cielo per il quale siamo nati e sotto il quale siamo cresciuti: perchè i passi di Dio giungono inaspettati al pari dell’Amore che sorprende, puntuali al pari dell’Amore che ci tiene, esigenti al pari dell’Amore che conosce la sua esigente fascinazione.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare.
Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati.
Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!».
(Dal Vangelo di Marco cap. 13 vv. 33-37)
Verrà nelle vesti di un Ladro per strappare dal ventre nostro la disperazione e colmarlo di parole scelte sapientemente, di fiori che somiglino a pensieri, di rose che tengano il lineamento della presenza, di canzoni che facciano danzare gli inferi della notte, di stelle ancora capaci di sussurrare speranzosi spazi di Cielo. Laggiù nel fondo, accavallata tra una grotta e la calotta dell’universo, s’accende il lume di una stella: il sospetto è che anche quest’anno Dio abbia deciso di riscommettere su quell’uomo così denso di mistero e d’attesa da Lui creato. L’attesa che gli chiede è l’altra faccia dell’Amore.
Buon avvento: che l’Amore non ci trovi assonnati!