L’ultimo colpo di coda che vorrebbero convalidare è quello di sequestrarci la speranza in un domani diverso: non ci riusciranno perchè il loro non è ancora il tempo esatto del Messia. Lo dimostra la diagnosi della loro morte: scomparsi per troppa forza, per quel cervello così piccolo divenuto incapace di governare quintali di carne nascosti nel corpo. Eppure lo dovevano sapere che come il pesce inizia a marcire dalla testa così pure l’uomo inizia a scomparire dalla testa: pensieri che non accendono più, parole che non sanno più esercitare una forma di attrazione, stili di vita incapaci di far nascere quel fremito che nell’animo è sinonimo di passione per le grandi domande della vita. Stiamo davvero assistendo alla scomparsa finale dei dinosauri, non solo nell’arena politica ma pure dentro qualche tempio cristiano ne danno per certa la fine imminente: scomparsi per troppa forza. Guai, però, a cantare vittoria prima dell’atto finale: i loro colpi di coda sono micidiali perchè raccontano la disperazione di un branco che scopre il fallimento dell’autorità quando è priva di autorevolezza. Stanno scomparendo loro, sotto la protezione della loro Santa Patrona, quella donna Prassede dipinta dal buon Manzoni, la quale diceva spesso agli altri e a se stessa che tutto il suo studio era di assecondare i voleri del cielo: ma faceva spesso uno sbaglio grosso, che era di prendere per cielo il suo cervello.
Noi li guardiamo: un giorno la storia ci accrediterà come fortuna invidiabile l’aver potuto assistere dal vivo alla loro estinzione: rimarrà la lezione più bella – per chi vorrà firmare la sua vita da protagonista – di cosa significhi avere una testa piccolissima e un corpo gigantesco: è avvisaglia di morte per implosione. I timori di chi teme la fine di Muhammar Gheddafi (“sic transit gloria mundi”), di chi si vede incapace di conquistare le folle con merletti e vesti filettate, di chi sente ormai la fine bussare alla porta è l’incoraggiamento più bello per continuare a sperare contro ogni speranza. Non c’è emozione migliore di vedere in anteprima sui volti di chi si pensava immortale i lineamenti di un incubo che ha ormai piantato la sua tenda nello sguardo. Che c’importa se continuano a posticipare ad oltranza la loro morte? In fin dei conti per chi s’immagina d’essere come Dio la tentazione di pensarsi immuni da morte è sempre a portata di mano: nel massimo della genialità c’è sempre un frammento dell’intelligenza di Lucifero. Basta aspettare: ormai è questione di attimi. Attimi dentro i quali la speranza sta facendo le ultime prove generali.
Noi giovani – appartenenti alla sfera politica, ecclesiale, educativa – li guardiamo e aspettiamo: loro non mollano, nemmeno noi. Hanno gioito troppo presto nel decretarci vinti, senza sapere che quando tu li pensi sconfitti loro scattano in contropiede e ti ribaltano la partita. E’ per questo che non abdicheremo mai ai nostri sogni di Chiesa e di Stato. Perchè sappiamo che se è vero che c’è un autunno, è altrettanto vero che alla caduta delle foglie e al gelo segue ogni anno la primavera: tutto rinasce, tutto ritorna, tutto evolve e ai colori ferrigni di un bosco autunnale seguiranno presto quelli accesi e luminosi di un ciliegio che fiorisce a primavera. La morte – fisica e metaforica – è morte e come tale merita rispetto: siamo contrari alla spettacolarizzazione della morte e c’impegnamo pure a portare qualche fiore in loro ricordo. Noi ci proponiamo di non gioire, ma i dinosauri di ogni specie si risparmino il diritto all’accanimento terapeutico: sarebbe forte il rischio di farci ridere contro il nostro proposito di star zitti il tempo che li seppelliscano.
Come sono prevedibili i dinosauri quando stanno morendo.