La paura della vita e la paura di Dio. Con tutta un’esistenza trascorsa all’ombra di quest’immagine di Dio tenebrosa e infedele agli occhi dei Vangeli: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo” (Mt 25,14-30). Quel talento Dio non lo voleva indietro, nemmeno quelli che gli altri due servi hanno guadagnato: rimarrà loro, moltiplicato un’altra volta: “Sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto”. Figurarsi se Dio ha bisogno di riscuotere l’accredito sui talenti che dona. Alla creatura il Creatore non chiede la riscossione dei tributi: sono loro che s’avvicinano al Padrone per ridarli ma Lui rilancia l’avventura: moltiplicata per n che tende all’Amore. Dispiace la triste avventura dell’esistenza di quel servo impaurito dall’immagine di un Dio sbagliato: magari un giorno la sua catechista dovrà assumersi le sue responsabilità, nel frattempo Lui ha trascorso una vita a fare i conti con la paura, il timore di non essere all’altezza, la frustrazione di chi si vede ricco di un solo talento. Eppure il tutto si nasconde sempre nel frammento.
Tre servi e due modi diversi di giocarsi la vita: c’è chi nei talenti scopre l’occasione di firmare la sua esistenza da protagonista – “il rischio più grande è non correre nessun rischio. in un mondo che cambia così velocemente, l’unica strategia che garantisca il fallimento è non correre rischi” (Mark Zuckerberg) – e chi vive la vita come fosse un lugubre e funereo tribunale popolato di rischi e di paure con seduto in mezzo un Dio barbuto e accigliato, col dito puntato e la faccia scontrosa. Eppure nella casa di Dio c’è lana e lino, c’è una donna che lavora con le mani per stendere la conocchia e con le dita tiene il fuso. Quando vede un misero spalanca le sue palme e ai poveri allunga la mano: una donna da lodare alle porte della città Impossibile essere timorosi nell’affacciarsi alla soglia di una simile abitazione: ha paura solo chi ha fatto esperienza di un Dio facile, ch’è sempre a rischio d’essere pure un Dio sbagliato, di quelli costruiti su misura per gente di piccole dimensioni. Verrebbe d’avvicinarsi a quel servo e chiedergli come si fa ad avere un tesoro nelle mani e sotterrarlo: davvero la paura gioca questi brutti scherzi, blocca il coraggio fino a rendere inerti e rinunciatari?
Una donna forte chi potrà trovarla?
Ben superiore alle perle è il suo valore.
In lei confida il cuore del marito
e non verrà a mancargli il profitto.
Gli dà felicità e non dispiacere
per tutti i giorni della sua vita.
Si procura lana e lino
e li lavora volentieri con le mani.
Stende la sua mano alla conocchia
e le sue dita tengono il fuso.
Apre le sue palme al misero,
stende la mano al povero.
Illusorio è il fascino e fugace la bellezza,
ma la donna che teme Dio è da lodare.
Siatele riconoscenti per il frutto delle sue mani
e le sue opere la lodino alle porte della città.
(Dal Libro dei Proverbi, cap. 31,10-13.19-20.30-31).
Troppe anime sono bloccate per la paura di Dio: la sindrome del terzo servo è sempre in agguato alle porte delle chiese, laddove da secoli e generazioni si è avvezzi a governare più con la paura che con la gioia. Pensare, invece, che Dio – e la parabola dei talenti ne è il manifesto più avvincente – ha nascosto nei Vangeli e nella creazione un margine di creatività smisurato, la possibilità d’essere obbedienti ma non servili, di scarabocchiare pure noi un pezzo di Storia Sacra prendendo in mano il coraggio. Una storia tutta strana perché storia di Dio: quella che siamo costretti a studiare a scuola la scrivono i vincitori, quella che registra i battiti di Dio domani mattina sarà scritta dai perdenti. Quelli che hanno capito che chi ha dieci talenti non è più bravo di chi ne ha uno: ciò che conta è la qualità agli occhi di Lui.
La paura ha paralizzato il servo del talento: eppure aveva un patrimonio tra le mani. Tutto ciò che si fa sotto la spinta della paura rende paralitici e impoverisce la storia dell’umanità. Quella paura ch’è possibile annientare con la forza disarmante della speranza, il vero talento in grado di trasformare la storia di quaggiù in cronaca di Lassù. Per non sentirsi dire “servo/cristiano malvagio e pigro” da Colui che dei talenti è il Creatore.