Difficile farsi domande, perché non sempre le risposte arrivano. Talvolta non arriveranno mai, ma a volte è questione di tempo. Saper aspettare, attendere che il filo della vita si dipani, si dispieghi del tutto davanti ai nostri occhi. E, in quel momento, tante cose che fino al giorno prima ci parevano oscure e obnubilanti, in modo sorprendentemente inaspettato, ci appaiono di una chiarezza impensabile.
Ma è la pazienza che manca. Vogliamo tutto, subito e l’attesa non la sopportiamo! E purtroppo la condizione indispensabile per avere risposte è invece aspettare. Perché gli interrogativi che ci attanagliano spesso non son affatto banali, nonostante spesso tentiamo di minimizzarli perché la loro impellenza non disturbi la nostra quotidianità, non urti il nostro quieto vivere. Non ci crediamo veramente, ma ce la mettiamo tutta per mettere in pratica il “vivi e lascia vivere”, perché ci sembra la formula magica del disimpegno, quella che ci consentirebbe di essere sereni e in pace con tutti: senza rancori, senza apprensioni, senza preoccupazioni, senza litigi e discussioni. Ma è proprio vero? È così che possiamo raggiungere la serenità? Oppure è solo una nostra illusione, che amiamo cullare nel tentativo di stare più comodi, di non farci nemici inutilmente.
Problemi ce ne sono tanti, scelte anche di più. Ogni giorno ci attendono nuove sfide da affrontare e sta a noi scegliere come. Ogni giorno, nuove domande. No, non sono esistenziali. A volte, sono le vecchie domande, che si ripropongono, giorno dopo giorno, a non darci pace. Quelle che coinvolgono la nostra vita quotidiana, il motivo per cui ci svegliamo ogni mattina e rientriamo alla sera.
Alle volte ci domandiamo se la nostra vita, attraverso il nostro lavoro sia davvero un modo per renderci utili per la società. Oppure no. Ci domandiamo magari, qualche volta, se il lavoro che facciamo non ci svilisca, o, ancora, sia in contrasto evidente coi principi (che, pure, professiamo e in cui crediamo con convinzione, ma a volte ci sembrano decisamente utopistici di fronte alla cruda realtà dell’effettivo stato delle cose al giorno d’oggi). Alcune volte, ce la prendiamo con noi stessi, vedendoci incapaci di cambiare le cose, anche solo quelle più vicine a noi. Altre volte, pensiamo di consolarci con l’osservazione che, in ogni caso, il lavoro che non faremmo noi spetterebbe a un altro che non si farebbe alcuna “questione morale” al riguardo. Ma ci sono giorni che la nostra immobilità ci dà sui nervi, ci sentiamo farisaicamente ipocriti, incapaci di far seguire i fatti alle parole, vuoi per paura, vuoi per mille e un motivo per cui ci troviamo impossibilitati a farlo. E allora, troppe volte, pensiamo che la vera soluzione sia la rinuncia a fasi domande, a prendere posizioni, a capire e, se necessario, a cambiare.
La realtà è che la sequela di Cristo è esigente e credo che forse nessuno possa definirsi cristiano: dal Papa in giù, siamo tutti in cammino con l’obiettivo di diventarlo, con la speranza di fare qualcosa di buono insieme, ma con la certezza (che in fondo è anche un bel sollievo) di non avere nulla nelle nostre mani e di non poter aggiungere una sola ora ai nostri giorni…
Nonostante questa necessaria presa di coscienza, farsi domande è assolutamente essenziale, una condizione imprescindibile per una crescita personale: umana, tecnica e anche spirituale. È forse l’unico modo possibile per vivere davvero, per essere consapevoli e protagonisti della propria vita.
Ma richiede una condizione tanto fondamentale, quanto difficile da accettare: il silenzio. Un silenzio lungo giorni, mesi o anche anni. Un silenzio che a volte è denuncia, altre è rifiuto, altre ancora indifferenza. Ma, a volte è soltanto il preludio di una risposta. È l’imprescindibile dispiegarsi di quel tempo che occorre perché la vita riesca a farci arrivare la risposta giusta per i nostri petulanti perché.
Ci sono situazioni in cui, però, al silenzio si accompagnano sussurri flebili, che stentiamo a decifrare: non sono ancora risposte, sono solo abbozzi, barlumi che ci donano la speranza di restare ancora in cammino, nel tentativo di venire a capo del compito più impegnativo che ci è assegnato: vivere!