rimproveroFinalmente te lo posso dire: non è che mi diverta ad importunarti, a strigliarti o a cercare di risvegliare il meglio che c’è dentro di te così tanto per fare. E’ che Lui stavolta non scherza: “O Figlio dell’uomo, io ti ho posto come sentinella per la casa d’Israele. Quando sentirai dalla mia bocca una parola, tu dovrai avvertirli da parte mia” (Ez 33,1.7-9). Capisci? Mica uno se le sogna di notte le imprese per le quali giocarsi l’esistenza: la Scrittura stessa attesta di incursioni notturne organizzate con angeli e sogni, di tremende imboscate fatte trovare alle porte di una città, di inseguimenti e pedinamenti durati anni in compagnia di animali e demoni per far desistere una persona dalla condotta sbagliata. Più facile sarebbe lasciare andare o, come direbbero i nostri vecchi, tenere l’onore in casa. E’ che se tu non parli poi la situazione si complica e ti si rigira contro: “Se io dico al malvagio: “Malvagio, tu morirai”, e tu non parli perché il malvagio desista dalla sua condotta, egli, il malvagio, morirà per la sua iniquità, ma della sua morte io domanderò conto a te”. Non è poi che chiedere conto di una morte sia una querela semplice da sbrogliare di fronte a Lui. Perché tu di quella perdita eri sentinella: cuore trepidante, sguardo attento e scrupoloso, notti insonni e occhi sull’orizzonte, passi e passaggi tra mura merlate e garitte atte a difendere una fortezza, una città, una costruzione. Con un di più sbalorditivo: essere sentinella di un fratello da recuperare, di un’esistenza da ricostruire, di un miracolo di speranza da organizzare. Perché se la sentinella dorme la città è insicura, il nemico si lecca i baffi, la sconfitta ha già iniziato a muovere i suoi primi passi. “Io ti ho posto come sentinella per la casa d’Israele”. Per la casa d’Israele ma anche per la casa innalzata accanto alla mia nel quartiere o nel paese: là dentro ci abita un’anima da accudire, dei brandelli di umanità da proteggere, un’esistenza alla quale assicurare – per conto Suo – assistenza e protezione. Se poi persevererà nell’errore non sarai tu a dover affiggere l’epigrafe all’ingresso del cancello di casa sua: il fischio finale è di Sua esclusiva competenza, ma almeno a te non sarà chiesto conto di quella disfatta: “Ma se tu avverti il malvagio della sua condotta perché si converta ed egli non si converte dalla sua condotta, egli morirà per la sua iniquità, ma tu ti sarai salvato”. Salvato per aver accettato la tua missione.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano.
In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo.
In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».
(Dal Vangelo di Matteo cap. 18 vv. 15-20)

Ezechiele sognava vallate di ossa inaridite e poco dopo quelle stesse ossa sembravano rimettersi in carne. Le sue immagini turpi non sono opera di un creatore di fantasia e nemmeno di un cercatore di emozioni: sono cenni e assaggi di una possibilità di riscatto che sta sul davanzale di ogni casa abitata dall’uomo quaggiù. Un giorno l’apprenderanno pure i discepoli del Maestro di Nazareth: occorrerà stile anche per rimproverare. E sarà una proposta da fare porta a porta perché Lui ha deciso sin da subito che non ti sputtanerà mai di fronte al palcoscenico della storia: seppur con gli stracci del peccato addosso per Lui sei argilla preziosa e inedita da trattare. Non t’abbandonerà mai tra le zanne del peccato ma cercherà di riconquistarti a Lui con tecniche d’amore sopraffine che i suoi operai dovranno apprendere: prima tra te e lui solo, poi dopo in presenza di due o tre testimoni e solo alla fine di fronte a tutta la comunità. Nemmeno allora, però, saranno prove generali di uno screditamento generale ma sveleranno d’essere l’ultimo grido innamorato che tenta di strappare l’amore dalla distruzione della bruttezza. Poi deciderai tu.
Raoul Follerau, l’apostolo dei malati di lebbra, racconta che un giorno arrivò in un campo di lebbrosi senza niente da offrire loro: né soldi, né vestiti, né medicine. Un po’ impacciato, disse: “Fratelli, non ho nulla da darvi, ma tornerò”. Allora il capo del campo chiese a Follerau di stringere la mano ad uno ad uno e così lui fece. Una stretta di mano: era poca cosa, ma era tutto quello che in quel momento poteva donare. Se ne andò un po’ avvilito per non aver potuto fare quasi nulla. Poi un giorno gli arrivò una lettera: “Caro Follerau, al campo nessuno s’è lavato le mani per una settimana, per non perdere il profumo delle mani”.
E’ che certe mani stringono senza trattenere. E la gente s’accorge che c’è Lui.

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