"Verrà un
giorno in cui…"
– minacciava fra Cristoforo parlando di don Rodrigo. E il
giorno, a scuola, è arrivato: i professori non possono più fare quello che
vogliono nelle aule. Una volta eri costretto al rispetto perchè avevano loro il
coltello dalla parte del manico. Ora l’ingegneria è cambiata, è migliorata: al
posto del coltello c’è il videotelefonino, e il tasto per fare clic ce l’hanno gli studenti. Peggio di
un manico di coltello. Youtube, il portale internet mondiale, sta diventando la
raccolta di video-choc filmati nella quotidianità della nostra scuola. Una
gloria per chi li firma, una vergogna per chi è beccato. In un liceo di Padova,
durante un compito, il professore se ne sta appisolato a sognare giorni
migliori (e gli studenti non se ne dispiacciono), a Lecce una maestra sfoggia
altri seni e tutt’altri coseni da quelli di geometrica memoria (e qui si che si
fa la ola mentre la maestra spiega –
come direbbe John Beer), altrove s’architettano spogliarelli didattici, note
pilotate per diventare famosi, azioni di vero depistaggio nei confronti di docenti
inermi.
Magnaromagna.it
definisce così la scuola: "Un luogo di massima tortura che si divide in
elementare, media inferiore, media superiore, a seconda del grado di cavolate
sparate dai professori. E’ di solito situata in angoli remoti della Terra, da
cui è quasi impossibile scappare. Il motivo della sua fondazione è ancora a noi
sconosciuto".
Ma se il docente (quand’è sveglio) pensasse agli
alunni come a dei fuochi d’accendere invece che a dei vasi da riempire… sarebbe
la stessa musica? Serbo geloso nel cuore il mio docente di esegesi dell’Antico
Testamento. Insegnava l’ebraico e lo vedevi commuoversi, ingigantirsi, sentirsi
nano, rabbrividire, esplodere, innamorarsi, stupirsi…Vibrava la passione e la
miseria dell’uomo, parlava di Abramo e di Sara come se li avesse conosciuti, ti
gettava nella mischia della Scrittura Sacra. Fortuna, perché non è mai scontato
trovare nella vita maestri che si sforzino di saldare la terra al cielo, che
sappiano tessere con la poesia la quotidianità della loro fede, che sappiano
tradurre il loro genio con le parole semplici dei bambini, che sappiano, in
poche parole, far trasparire dalla povertà del linguaggio la ricchezza di una
fede millenaria.
Fuochi da
accendere! Al massimo con una lacrima, non con un pisolino!

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