Ricordo ancora la definizione aristotelica: “L’uomo è un sinolo di anima e corpo”. Che a domandare il significato, era quasi un dogma: significava semplicemente che anima e corpo erano indissolubilmente unite. Motivo per il quale Aristotele non riteneva possibile l’immortalità dell’anima. Ma questa è un’altra storia ancora….
Eppure tutto diventa – forse – più semplice, nella storia della vita vissuta. Giorno dopo giorno, si sussegue il nostro tempo, si dispiegano i minuti, le ore, i giorni; a volte, vorremmo rallentarlo, o fermarlo, o accelerarlo. Ma quello, implacabile e indifferente alle nostre voglie, continua imperturbabile il suo corso, con o senza il nostro assenso. Ma ci sono situazioni in cui ci rendiamo conto di arrivare al capolinea.
E non è solo una stanchezza fisica. Forse proprio in prossimità delle vacanze ci rendiamo conto di non essere solo corpo, ce ne rendiamo conto in modo quasi ineluttabile, come quando non riesci a farti tante domande e hai solo da constatare come stanno le cose. Pensiamo al corpo stanco e sappiamo di doverlo far riposare, sappiamo che anche se è bello far le ore piccole, è necessario ogni tanto dormire quanto serve, altrimenti, il nostro corpo non lavora in efficienza. Ma anche quando la mente, anche per motivi indipendenti da noi, si riempie di troppi pensieri e preoccupazioni, viviamo una sorta di sensazione da “troppo pieno”: è allora che ci troviamo ad annaspare alla ricerca di un po’ di serenità che ci conceda un po’ di pace dai pensieri, perché, brutti o belli, se sono troppi, raggiungono un peso specifico davvero difficile da sopportare.
Ma per l’anima cosa c’è bisogno? È forse la domanda di sempre, ma: quali sono i suoi veri, primari, insopprimibili bisogni? Se siamo convinti di averne una dovremmo domandarcelo. E, dovremmo anche considerarli quando decidiamo di prenderci una vacanza. Perché altrimenti, per chi facciamo vacanza? Solo per una parte di noi?
Ciò che fa bene all’animo credo sia poter respirare liberamente, che non è soltanto essere spensierati, è occuparsi delle cose non quotidiane, di quelle cose che, smontati i panni del lavoro, della scuola, dell’educatore, del genitore, sono quelle che danno sapore al nostro esistere e ne determinano la qualità.
Non ci basta fare del bene e non ci basta neppure che sappiamo che sia giusto, vogliamo sapere perché. Ci sono tante domande, domande che riguardano non il nostro agire, né il nostro esistere, né il nostro pensare. Riguardano la profondità del nostro essere, sono risposte costitutive per noi, ci aiutano a “costruirci”, a sapere chi siamo.
Non bisogna pensare che siano domande difficili. Sono le stesse domande che ci fanno i bambini, quelle per cui non abbiamo tempo, a cui rifiutiamo di rispondere, forse perché non vogliamo fare uno sforzo.
E questo sforzo, spesso le vacanze ci aiutano a farlo, perché anche senza andare a cercare situazioni propizie, basta una passeggiata in altezza, un tramonto che si specchia sul mare a risvegliare quelle domande che, nella quotidianità, lasciamo assopite nel profondo della nostra anima.
Mi vien da pensare che, se l’uomo è indissolubilmente un’unione di anima e corpo, motivo per il quale è prevista una resurrezione “integrale”, allora anche il mio corpo rispecchia la mia anima. E il fatto che il mio corpo sia fatto in un certo modo non è indifferente, ma è fatto appositamente per l’anima che gli è stata assegnata. E così, insieme andranno sempre considerati. Se vogliamo vivere davvero in modo completo ed integrale e non frammentando la nostra vita.
E Vivere davvero, significa anche ricordarsi che neppure in vacanza possiamo mancare l’occasione di amare: l’oggi è il giorno più importante, perché ci è affidato nelle mani, con il compito di renderlo degno d’essere ricordato…
In questo agosto, mese quasi universalmente dedicato alla vacanza, mi e vi auguro che possa essere, questo ancora più degli altri, un tempo propizio ed opportuno per diventare migliori!