Roma (dmpozza) – Appena dopo la curva che, abbandonata la fontana, lancia verso il rettilineo finale. Lì, sulla destra a bordo del sentiero, stava Morena. Non so se ci stava realmente o se, complice la fatica, l’ho semplicemente immaginata: a volte lo sforzo fisico allena la mente a creare immagini dentro le quali nascondere e far rivivere poi le sensazioni di un attimo. Per non perdere le sue parole, ve le faccio leggere. Non ci capirete più di tanto, abbiate la pazienza di andarle poi a cercare nel romanzo che parlerà pure di lei. E di un gruppo intero di bombolari romani dalla storia infamante e sublime.

capelli-rossi-lunghi-ricci«Correre è la mia passione. E’ stato il mio riscatto sin da quand’ero bambina. Adoro sentire la cadenza dei passi sul terreno, il fiato corto sulla cima di uno strappo, quella sensazione di stanchezza rigenerante che mi prende terminati gli allenamenti. Eppoi mentre corro riesco a mettere in ordine la mia vita, i miei pensieri, le mie immagini. Succede un po’ quello che capita alle palline di un flipper al bar. Mentre corro pensieri e immagini dalla mente è come se rimbalzassero sui piedi per risalire nell’anima e, lentamente, ogni cosa trova il suo posto, il suo nome, la sua direzione. Così, correndo sento sistemarsi il tutto e guadagno la serenità. Mi capita spesso di vincere, forse ho qualche talento (Dadà avrebbe detto “io sono un talento”!) ma ciò che cerco mentre corro non è vincere, bensì gustare quello che succede durante la corsa (perfetta ripetizione del discorso del mister della sera prima). E poi la corsa è bella perché è poesia. Una poesia molto strana perché ogni giorno scopri che s’aggiunge un verso, un segno di punteggiatura, una rima. Uno spazio bianco. E gli spazi bianchi in poesia valgono più di mille parole.»

Con queste parole s’è chiusa la mia decima settimana d’allenamento in vista della Milano City Marathon 2011. Le ultime settimane sono state faticose a livello mentale e anche fisico: dopo la Belluno – Feltre 2011 ho fatto fatica a recuperare lo sforzo patito e le gambe non mi hanno perdonato il minimo errore. La forza è stata nella mente che, una volta ritrovata la sua concentrazione, è riuscita laddove il fisico tentennava. Oramai è bello la sera prima di andare a letto guardare quella tabella d’allenamenti affissa sopra la mia scrivania: lentamente s’assottiglia, diventa quasi seducente da contemplare, il suo rimpicciolirsi racconta la gioia di un guerriero di ritorno dal suo addestramento. Ora, a quindici giorni dalla maratona, non mi resta che curare i piccoli dettagli che, molto semplicemente, significano tre cose in particolare: a) impormi di dormire otto ore la notte, contro le cinque che i miei ritmi solitamente mi consentono, b) fare attenzione ai piccoli dettagli dell’alimentazione, c) costringermi ad evitare ogni sfaticata che possa essere evitata. E affidarmi alle mani operose di Rita per rigenerare i muscoli perché poi non mi tradiscano lungo la gara. Il di più spetta alla fortuna.
Non so se a Milano riuscirò a strappare quello che c’è scritto nella mia mente. Di certo so che ce la sto mettendo tutta per riuscirci. Non ho mai condiviso l’etica del barone Pierre de Coubertin (quella la lascio ai partecipanti della Clericus Cup indetta dal Vaticano): per me l’importante non è partecipare ma mettere in gioco tutte le mie energie per cercare di vincere. Partecipare tanto per partecipare fa parte di un politicamente sportivo che non mi affascina per nulla: nessun atleta si mette le scarpe tanto per correre. Sapendo, poi, che vincere non è solo arrivare primo ma arrivare al traguardo e scoprire d’aver migliorato anche di un solo secondo il proprio primato personale (il mio è 2h 48’21”, ndr). Ripeto: non so se a Milano mi sarà dato questo momento di gloria, ma sono convinto d’aver fatto tutto il possibile per cercare di farmi trovare pronto.
Non so se questa sarà l’ultima maratona che correrò o se mi sarà data la possibilità nella vita di fare della corsa il mio strumento di evangelizzazione. Di certo c’è la filosofia che anima il mio correre e che, com’era prevedibile, ho messo in bocca ad uno dei personaggi usciti dalla mia fantasia narrativa. Del quale sentirete parlare presto:

Pigi sapeva che correre è una forma lecita di rapimento, una specie di estraneazione e di estasi, una perdita di se stessi e nell’attimo stesso un ritrovarsi spostati più in alto. La sua sfida di mister era quella di mettere i suoi ragazzi nudi di fronte a loro stessi, per poi spingerli al massimo delle loro potenzialità. Non aveva mai chiesto loro di vincere perché il suo sogno d’educatore era quello d’insegnare loro la declinazione della vittoria: passione, applicazione, metodo, stile, fantasia, caparbietà, sogno, costanza, emozione. Ambizione, sana ambizione. Lui sapeva benissimo che il suo era un messaggio fortissimo e massacrante, progettato su misura per chi aveva voglia di osare, per gente caparbia e appassionata, per giovani di grande statura individuale. E loro lo erano per davvero. Se mai accennò alla dimensione della rivalità, lo fece esplicitandone quell’accezione che l’avvicina ad uno stimolo a migliorarsi, la rivalità che rende forti. Quando li lanciava in allenamenti lunghissimi lo faceva a ragion veduta: si trattava di abituare la mente a sopportare la fatica per tempi molto lunghi, per imparare ad alzare la soglia del dolore. Per diventare campioni.
Ma in tutto ciò dovevano sopratutto divertirsi. Provare il gusto dei passi sulla polvere, emozionarsi nel mezzo del bosco d’autunno, sentirsi liberi nel parco della Natura. Perché nessuno muove i suoi passi se non intravede qualcosa che lo strega.

Io mi sto divertendo. E se questo divertimento varrà un pizzico di curiosità anche in un solo ragazzo/a, a tutto il mio correre è già stata tributata la corona più bella. Conquistata un centimetro alla volta (ndr).


La corsa è fatta anche di dati e proiezioni. Per non essere come pescatori che dicono d’aver fatto una pesca memorabile quando la barca è completamente vuota. Vi segnalo i lavori (tralascio le giornate di semplice allenamento a 4’30″/km) fatti in queste ultime tre settimane:
a) 4 volte i 2000m a 3’30″/km con recupero attivo di 3’30” (dati)
b) lunghissimo di 36km (dati)
c) 21km Ritmo Maratona (dati)
d) 3 volte i 3000m a 3’25″/km con recupero attivo di 5′ (dati)
e) lunghissimo di 15km (4’30″/km – dati) + 10km (3’45″/km – dati)

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