sfigatoTu li pensi sconfitti e loro scattano in contropiede: fino a mostrarti che il loro grande segreto è stato quello d’essere dei “non-considerati”. Fino a ieri li pensavamo dei piccoli rigagnoli, torrentelli di provincia ma nulla di più: poi si sono svegliati, si sono stiracchiati e quei piccoli fossati d’acqua stanno mettendo in ginocchio le ville del Palladio e la produttività del mitico Nord-Est. Le pensavamo sicure, protette e tecnologicamente salvaguardate: poi un giorno sono state svegliate e le centrali nucleari del Giappone stanno allarmando l’intero pianeta. In America, nel secolo scorso, li avevano bollati come dei “nerd” (sfigati, ndr) a causa della loro asocialità. Poi un giorno si sono svegliati e hanno rivoluzionato il sistema della comunicazione mondiale: Bill Gates (Microsoft), Steve Jobs (Apple), Sergey Brin e Larry Page (Google), Mark Zuckerberg (Facebook). L’arte parte sempre sconfitta, poi un giorno si prende la sua rivincita e iniziano i dolori per tutti.
In Giappone s’erano arrischiati il collegamento terremoto-punizione divina: ai tempi dello Tsunami s’era tentata la medesima accoppiata. Entrambe le volte puntualmente ritrattata e smentita. Magari non sarà una punizione divina – anche se qualche volta non riuscendo a renderci umili il Cielo è costretto e renderci umiliati – ma rimane il riscatto esplicito di ciò che pensavamo in nostro potere e invece non lo era completamente. Cioè succede spesso che tu li pensi sconfitti (o addormentati) e loro scattano in contropiede. Magari un centimetro alla volta, una pagina dopo l’altra, una pioggia dopo l’altra, un tentativo dopo l’altro: non hanno nessuna fretta, ma quando piazzano il colpo vincente non rimane nemmeno il tentativo d’appropriarsi di una nuova chance. Ci rimangono i sacchi pieni di sabbia per arginare i fiumi, gli elicotteri per raffreddare le centrali nucleari, le bombe per scoraggiare/ammazzare gli insorti: ma sono tutti tentativi per cercare di recuperare una disattenzione pagata ora a caro prezzo. Nel peggiore dei casi ci rimarrà la censura (preventiva o successiva) per arginare un pensiero che avevamo molto elegantemente snobbato al suo sorgere.
In un mare di pressapochismo imperante, in cui il modello ultimo di sapiente è divenuto il qualunquista (la cui conoscenza spazia dal fine vita alle pompe funebri, dalla macchina del fango alla bioetica, dalla camorra fino alla mozzarella di bufala), ci sono realtà che apparentemente tacciono, si danno per inesistenti, temporeggiano nella risposta da dare. Perché le idee sono come le piante: hanno bisogno di acqua, di tempo, della frescura, del sole e di tanto pazienza. Forse anche di solitudine, quella solitudine dell’artista di cui tanto bene ne tratteggiava le lodi Eugenio Montale: la necessità di estraniarsi dal mondo presente per poi ritornare con delle parole dense di senso da far veicolare. Fino a far dipendere un’intera società dalle loro azioni e dalle loro intuizioni.
In questi anni la Natura si sta risvegliando: non che fosse morta o rattrappita, semplicemente si divertiva a darci l’illusione d’essere divenuti dei geni capaci di sottometterla alle nostre pretese ed esigenze. C’è il sospetto – oramai in fase di composizione (non de-composizione, ndr) avanzata – che della Natura faccia parte anche il pensiero dell’uomo. In tal caso staremmo a contemplare gli ultimi sprazzi della “Regia dei Dinosauri” un po’ ovunque. Nell’attesa che gli sfigati di turno si sveglino e ci sveglino, ringraziando d’essere stati dati in anticipo per perdenti. Un po’ come la Natura in questi giorni: anche lei la pensavamo sotto controllo.

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