Quinta Domenica del Tempo Ordinario (Anno A)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente. Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».
(Dal Vangelo di Matteo cap. 5 vv. 13-16)

bambini-in-cucinaChe Gli piacesse giocare a nascondino, questo è risaputo. Anche se non c’è gusto a farGli fare la conta: tutti i nomi sono scritti sul palmo della sua mano (Is 49,16), scruta tutti gli abitanti della terra (Sal 33,14) e chiama pure le stelle per nome (Sal 146). Quanto vuoi ci metta Lui a stanare tutti gli imboscati della storia-gioco? Che fosse pure un poeta, forse in pochi lo sapevano. Eppure narrare storie è la sua passione, anche se è davvero strano come scrittore: ha scritto solo una volta sulla rena della sabbia – ispirato da una donna di malaffare – e il vento ha pure cancellato quelle sillabe. Cosicchè ci è rimasto solo l’eco dei racconti, il flash delle immagini, il rombo di quei versi fanciulleschi. Che hanno fatto di Lui il poeta più grande di tutti i tempi, nonostante la concorrenza fosse spietata: il popolo che ha tramandato il Salterio, la sensuale storia di Ruth, il racconto di Giobbe e il cane di Tobia era un popolo dall’immaginazione possente. Eppure Lui li ha sorpassati: parlando di gigli e di spighe, di passeri e di contadini, di agnelli e di lupi, di stelle e di sabbia si dimostrò un navigato esploratore e inventore d’immagini. Non le immagini sterili dei poster appesi all’oratorio, dei bollettini parrocchiali e dei depliant per il grest estivo. Immagini vere, torturate e torturanti, infuocate che Gli hanno permesso di parlare delle cose più strane e astruse con il linguaggio più familiare e più infantile. Fino ad ammantarle di un’eterna giovinezza.
Il sale. Eppoi la luce (Mt 5,13-16). Se compri il sale è per usarlo: perchè una pietanza senza sale è una pietanza senza sapore. E nulla è più disgustoso da ingoiare di una cosa senza sapore. La luce: nessuno è così improvvido da comperare una bella lampada per metterla sotto il letto. Se l’acquisti le vuoi far fare bella mostra nel mentre lei illumina. Come per una città che se ne sta abbarbicata sopra un cocuzzolo è impossibile rimanere nascosta. “Ma che discorsi fai Gesù: sono così ovvi che fanno ridere!” Davvero: allora cosa aspetti a partire? “Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli”Accipicchia, discorsi così ovvi che sono diventati astrusi – per noi che siamo gente complicata – fino ad essere dimenticati: perchè sono ovvi e perdere il tempo per le cose ovvie ci sembra insulso. Tanto quanto un Dio che parli di sale, di lampadine, di chicchi di grano e domattina di lievito e farina. Un Dio casalingo (esperto pure di elettricità) è sempre un Dio che rompe le uova nel paniere. Perchè Lui ti parla di sale – e tu sei d’accordo – ma intanto ti rinfaccia l’insipida tua fede: quella insulsa, rinunciataria, timida, tremebonda. Quella che non dà più sapore alle giornate della storia. Tu non vuoi capire cosa accomuni il sale con la fede: d’altronde i poeti abitano le sfumature delle parole con eleganza. Lui ti parla di lampadine e tu sei d’accordo: l’abat-jour è sul comodino, infatti. Però quando Lui, dietro la lampadina ci ficca l’ennesimo affondo, allora i discorsi sono ovvi. Tutti sono d’accordo a non oscurare la luce, pochi capiscono quello che il Poeta Dio nasconde dietro la luce. Tanto per noi le cose ovvie non illuminano più: infatti ci siamo complicati la vita alla grande imparando lingue nuove e dimenticando l’alfabeto di quaggiù e di Lassù. Rimanendo senza luce.

Io, fratelli, quando venni tra voi, non mi presentai ad annunciarvi il mistero di Dio con l’eccellenza della parola o della sapienza. Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso.
Mi presentai a voi nella debolezza e con molto timore e trepidazione. La mia parola e la mia predicazione non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio. (1 Cor 2,1-5)

Questo Dio casalingo – con l’aggravante d’essere pure poeta ed elettricista – se ne intende di troppe cose purtroppo. Oggi non abbiamo neanche la scusa di dire che le Sue parole sono arabismi senza sottotitoli: il sale, la luce e la città sono immagini semplici da accendere. Infatti “Lode a Te, o Cristo” risponderà il popolo delle navate a Vangelo proclamato. Magari non avrà capito il doppio senso delle tre immagini, ma ringrazia. Che educazione!
Davvero il popolo che segue Cristo merita un plauso. Peccato solo che, fuori dal tempio sacro, il prossimo appuntamento sia fissato per domenica prossima. Nel frattempo la lampada-fede la mettiamo sotto il moggio.
Cioè capito niente.
Per fortuna erano cose ovvie.

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