Il volto di Arianna. La tela di Penelope. I dadi di Cesare:“Alea iacta est” disse attraversando il Rubicone. Come a dire che i giochi oramai erano fatti. E sono fatti anche per noi due. E stasera il campo base è a casa di Peppone, nello splendido scenario della campagna della Brianza. Una scena che nemmeno la fervida fantasia del buon Guareschi avrebbe mai osato immaginato: il suo don Camillo ospite coi fiocchi della splendida famiglia di Peppone. Ma si sa che ciò che la letteratura e la fede a volte tendono a tenere distanti (più per convenienza che per convinzione), lo sport riesce ad unire e riappacificare.

newyork

Domani pomeriggio l’aereo s’alzerà da Milano verso la Grande Mela, facendo scalo ad Heatrow. E noi dentro brinderemo come due scemi perché forse saremo gli unici atleti che partono avendo già la vittoria in tasca. Perché per noi la maratona era il pretesto, la carota: quello che il nostro sogno chiedeva era di raccontare il mondo nascosto della maratona, svelare il cuore dell’atleta, spogliare l’uomo per cercarne dentro i frammenti di Cielo. Partiamo con un sacco di storie raccolte in questi mesi in cui il nostro progetto ha visto la luce. Partito in sordina nella spiaggia di Jesolo ad inizio settembre, atterrerà a New York con più amici di quelli che ci attendevamo.
E tantissima gente che lo sta colorando giorno dopo giorno.
Correremo, perché per noi correre è voce del verbo vivere, un verbo che si declina volentieri nella forma infinita. Quella che compete alle cose che non conoscono tramonto. Come l’Eternità. Domenica con me correranno un gruppo di personaggi che sono nascosti nella carta, quelli che stanno popolando il romanzo che in questi mesi si sta scrivendo. Anche loro stanotte si sono imbarcati da un quartiere romano e sono partiti da Fiumicino per raccogliere la sfida di un educatore intraprendente che ha ridato loro la dignità di artisti. Partono vincitori pure loro, perché forti di una educazione che li ha conquistati e fatti risorgere dalle sabbie mobili della loro mediocrità quotidiana.
Domenica sarà una maestosa liturgia quella che celebreremo dal Ponte di Verrazzano a Central Park. Una liturgia che canta la religione della corsa e durante la quale gli atleti spartiranno tra di loro capitoli di fede. Anche questo è correre: scoprire che i passi portano con loro storie, vissuti ed emozioni difficilmente raccontabili senza il movimento del corpo. Cercheremo Dio nella polvere del quotidiano, nella polvere della strada, nelle gocce di sudore.
Partiamo dicendo grazie. A chi ci ha creduto sin da subito (La Gazzetta dello Sport e De Agostini Scuola), a chi s’è aggiunto strada facendo e a coloro che si aggiungeranno quando avranno capito che dietro l’entusiasmo di due amici c’è la voglia di condividere un sogno a colori. E non fuochi di paglia.
Nella borsa da viaggio ci metteremo i tanti auguri arrivati in questi giorni, il Buon Viaggio della mia splendida Regione del Veneto, l’incitamento dei miei due Alex (Schwazer e Zanardi) e di Lucilla, i pensieri della mia Arianna-allenatrice, l’affetto dei miei amici, le preoccupazioni e i sorrisi di chi di sport non capisce nulla. Ma si dimostra signore nel condividere e cercare di dare un nome a tanto entusiasmo.
New York ci aspetta. Noi aspettiamo New York. Ma se tutto questo non bastasse per farmi arrivare indenne sotto il traguardo, tenterò di pensare che alla fine di tutto sarà Lui ad aspettarmi. Per chiedermi come mi sono giocato la mia vita
E io la vita la voglio giocare da campione. Sognando a colori.

 

 

In God we trust!

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