D’ora in
poi chi vorrà ancora parlare di pace dovrà fare i conti anche con quel feretro
avvolto nella bandiera nera – verde – rossa del Partito Popolare Pakistano che
ora giace a Garhi Khuda Bakhsh, villaggio che custodisce le radici della
famiglia Bhutto. Vicino a papà, morto per impiccagione dopo un processo –
farsa. Anche ai piedi del Golgota imbastirono una farsa attorno ad un Bambino
diventato troppo grande e scomodo: è la specialità dell’uomo quella di
eliminare in maniera grottesca la gente che pensa, elabora, agisce.
Benazir
Bhutto era una leader. Donna con
testa: e oggi le donne con testa che funziona non possono brillare. Signora che
aveva aggomitolato sulle sue spalle le ansie, le attese e gli aneliti di un’intera
nazione martoriata spesso e volentieri: il Pakistan. Sull’omicidio, perpetrato
dall’ennesimo kamikaze sognante vergini paradisiache nell’aldilà, pesa l’ombra
inquietante di AlQaeda ma, soprattutto, la poca trasparenza di Musharraf, della
cui ombra ingombrante la popolazione non tarderà a liberarsene.
Intristisce
come la maggior parte della gente ha fatto proprio questa triste pagina di
storia: con l’indifferenza. L’indifferenza del Natale. Ovvero:la preoccupazione
che le piste siano innevate, che gli skipass prevedano sconti e riduzioni, che
il caviale sia in frigo e le lenticchie della credenza, che la gente non
disturbi più di tanto la tregua fasulla del quieto vivere che il Natale porta
in dono alla gente superficiale. O forse non ci dovrebb’essere stupore per il
trattamento riservato: son secoli che ci addormentiamo volentieri e compiacenti
nel greto di tristi pagine di storia. E sì che quassù, a metà strada tra la
terra e il cielo, l’Ortigara serba geloso una storia pesante da raccontare.
Nel 1939
nel suo romanzo tradotto in italiano con il titolo "Il cielo sottratto" Franz Werfel scriveva: "Quando me ne andavo in giro per le strade della città, i veniva voglia
di prendere per il collo tutta quella gente dalle facce ottuse e di gridargli:
fermatevi un momento a riflettere (…) Io ho saputo molto presto che la rivolta
contro Dio è la ragione di tutte le nostre miserie"
. E la storia siamo noi:
che viviamo, c’impauriamo, c’intristiamo. Ma all’uomo distratto nemmeno il
tramonto più poetico riuscirà mai a ri-svegliare aspirazioni primitive. Forse
la peste e il colera non sono più il peggio. Il peggio è passare davanti al
sacrario della vita e sbadigliare.
La
politica – e anche la Chiesa
in parte – hanno mandato a morire fuori dalle mura chi aveva Parole di vita
eterna. Forse per distrazione. Di certo è stata una distrazione colpevole.
Alexander Solzenicyn, dissidente e Premio Nobel, urlò un invito: "Riportate Dio nella politica!".
Penso a Benazir
Bhutto e mi ritorna alla mente Giorgio la Pira. Correva l’anno 1951: La Pira fu eletto per la prima volta sindaco di
Firenze. Subito domandò a ventun monasteri di clausura di pregare
quotidianamente per il Comune di Firenze. I monasteri aderirono volentieri. Nel
discorso del suo insediamento il sindaco disse: "Abbiamo ventun comunità puntate verso il cielo". Ogni mattina si
fermava a lungo a pregare prima di andare in municipio, dove tante persone lo
aspettavano con i loro problemi. Ripeteva: "Come
potrei stare con questo popolo nel nome di Dio se non stessi in preghiera con
Dio?"
.
A chi è
certo del Cielo, la terra non potrà mai risultare indifferente!

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