Avesse dato retta a tutti i perditempo che trovò per strada, Cristo non sarebbe mai arrivato alla mèta. Al traguardo ch’era, nelle intenzioni degli inizi, non tanto il Calvario ma l’amare il mondo in maniera insolita e dirompente. Sarà stato un insegnamento di Gioacchino, nonno da parte di madre: “Figlio, bada che se devi gettare un sasso a tutti i cani che abbaiano per strada, non arriverai mai in fondo”. O sarà stato uno di Anna, nonna sempre da parte di madre: “Fregatene di chi ti batte alle calcagna: non riuscirà mai a superarti finchè si concentra sulle calcagna”. Si sa quanto i nonni, sui nipoti, abbiamo potere d’acquisto e margine di contrattazione: fatto sta che Cristo, divenuto Uomo tutto un pezzo, di questi due mezzi proverbi annusati a casa ne fece il tesoro prezioso con cui si portò a spasso il mondo. A modo suo, certamente: in una maniera tale che il mondo, sempre ignorante in materia d’amore, ancor oggi è convinto che Cristo sia stato un perdente. Lui, da parte sua, dice invece d’essere diventato addirittura Re. Il che, ai cani che latrano lungo la strada, infastidisce assai: “Come può l’uomo disarmato trascinare più cuori dell’uomo sedotto dalle armi?” L’appesero in croce come un comune bandito: liquidarono la sua vicenda come la vicenda di uno dei tanti facinorosi, capace d’infiammare un popolo di facinorosi, sovversivi e di profeti dell’ultima ora. Da quell’uomo, però, vennero travolti negli incubi notturni.
Di gente lestofante spacciatisi per coraggiosa, e poi caduta al primo colpetto di frusta, Pilato ne aveva piena l’agenda e i pensieri. Quando se lo trovò al suo cospetto, però, Cristo gli mise strane agitazioni addosso: “Non è di quella risma costui – avrà fiutato mentre gli fecero trovare il Dio cencioso davanti -: questa è una forza strana, un coraggio che mi sfugge”. C’era che, nonostante gli stracci – il trucco usato per indebolirne la maestà -, l’occhio trasudava regalità, l’autorità che ne fuoriusciva aveva un che d’indomabile. «Sei tu il Re dei Giudei?» provò a chiedergli Pilato, l’uomo in divisa che sentiva la voce tremare di fronte all’uomo vestito di stracci. E’ la trama di una vecchia storia mai sopita: l’istituzione faccia a faccia con il carisma, la divisa di fronte agli stracci, l’uomo di fronte alla marionetta. Pilato fiuta subito che l’uomo ha carattere da vendere: “Guarda che non le manda a dire, preparati” lo avrà avvisato il cancelliere del tribunale mentre gli passava il faldone giudiziario. Perchè Pilato, quest’uomo, non l’aveva mai incontrato, non ci aveva mai discusso prima: ne aveva sentito parlare dal chiacchiericcio di parrucchiera, era stato tirato in ballo nei rapporti scritti nei faldoni: dicerie del popolo, niente in carne ed ossa. Cristo, però, Pilato non l’aveva ancora incontrato faccia a faccia. E, dunque, non si aspettava che quegli occhi, fissandolo, lo tirassero fuori da quelle vicende della storia per condurlo in quelle sue private e intime, nelle quali Pilato non ci andava da molto tempo. È un colpo da mortaio quello che Cristo gli sferra: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?» Tipo: “Tu sei uno che ragiona con la sua testa oppure anche tu hai il giornalista preferito che ragiona al posto tuo?” Alla domanda risponde con una domanda: è tipico dei geni e dei santi farti vedere chi sei togliendoti per un attimo la divisa.
Seduto sul seggio del giudice giudicante, Pilato è un giudice giudicato: un guscio di noce vuoto frantumato in mille pezzi. Mai avrebbe immaginato di venire vinto così da un uomo che, in vita sua, aveva fatto tre cose di una piccolezza quasi ridicola per il mondo: predicato l’amore, insegnato una preghierina in cima ad una collina, condiviso un progetto di legge sul cambiamento dell’uomo. Quel giorno, che doveva essere giorno di giudizio e di chiarimenti, lo fu per davvero. A parti invertite, però: l’uomo che «patì sotto Ponzio Pilato» firmò la sentenza di morte di Pilato, non fu Pilato a firmare la sentenza di morte del Cristo. Temo sia per questo che, nel Credo, Ponzio Pilato è l’unico nome proprio di persona che si deve citare ad alta voce ogni domenica: perchè il rischio di prendere in affitto pensieri già pensati per rapportarsi con Cristo rimarrà sempre dietro l’angolo.
(da Il Sussidiario, 23 novembre 2024)
In quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?».
Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù».
Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce» (Vangelo di Giovanni 18,33-37).
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«Beati gli ultimi perché saranno i primi. A sorridere della spudoratezza di Dio». È la vecchia storia della maglia nera che c’è stata al Giro d’Italia dal 1946 al 1951: a indossarla, e dunque a vincerla, era colui che si classificava ultimo. Era, chiaramente, l’esatto opposto della maglia rosa, quella indossata dal primo arrivato. Valeva tanto quanto. Uno che se ne intendeva era Luigi Malabrocca, famoso proprio per aver indossato una maglia così epica e strana. Non è mai entusiasmante, nel mondo degli uomini, arrivare ultimi. Quando, però, incontri un ultimo diventato primo, è l’attimo nel quale ti si svela l’evidenza di quell’apparente assurdità architettata dal Cristo: «Chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti» (Mc 10,44). Il Cristo che, quando voleva deteriorare alla base le verità dei presunti santi, insospettiva con creanza e savoir-faire: «Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi i primi» (10,31). Detto e fatto. Detto e rifatto. Con lo stile dissacrante e profondo che ormai gli è proprio, il parroco del carcere di Padova, vicino da sempre a Papa Francesco, segue il Vangelo di Luca per andare in gita dentro le sue provocanti immagini, in un cammino mai prevedibile come quello di Gesù, per ritornarsene poi nella vita di tutti i giorni con un’evidenza più luminosa. Come se, specchiandosi nelle pagine dei Vangeli, la vita – quella che, sovente, fatichiamo a leggere nei minimi dettagli – si ripresentasse ai suoi occhi in alta definizione. È la magia di parole, quelle evangeliche, che non hanno mai finito di raccontare tutto ciò che sognano di raccontare ai loro innumerevoli lettori» (dalla quarta di copertina).
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2 risposte
Attuale come sempre, ancora oggi abbiamo potenti ,o meglio credono di esserlo, che sono in balia dei consigli fuorvieri di manipolatori……la nostra umile speranza è che il Cristo li zittisca e faccia prevalere l’ amore.
Un umanità che, disconoscendo in maggior parte la regalità dell’amore incondizionato, da sempre si divide in ingannatori, ingannati, ignavi. La potenza delicata del disarmato, disarma il potere. Il governatore di Galilea si ritrova spogliato più dell’ “Ecce homo” che gli sta di fronte. Il terrore dettato dall’impopolarità, per una decisione incoerente con la sua stabilità più che dell’area, ha prodotto la non scelta nel baratto proposto con Barabba, consentendo che nella storia si realizzasse l’incommensurabile prodigio della Resurrezione di Cristo.
Grazie Marco.