Sfacciato com’è, Satana si fece beffe dell’avvisaglia di Dio: come colui che pensa di vivere al di sopra di ogni cosa. Eppure, a pensarci, Dio l’avea avvisato, perchè l’avversario va combattuto con lealtà: per non vincere di frodo, in modo disonesto. Gli disse: “Fà attenzione a fare il bullo, vecchio diavolo: partita finisce quando arbitro fischia”. Lui, pitocco, immaginava che l’aver rovinato a Dio il suo capolavoro più bello – l’uomo e la donna – con l’arma dell’invidia e del sospetto, avesse messo ko Dio. Aveva colpito al cuore Dio, questo sì: aveva anche vinto una battaglia, la prima. Dal vincere una battaglia, però, a dire d’avere vinto la guerra ne passa acqua sotto i ponti. Ecco: Satàn pensava d’aver vinto la partita, solo perchè lui avea segnato un goal a Dio. Che, senza perdere le staffe, provò a farlo ragionare con le buone: «Io porrò inimicizia tra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno» (Gen 3,15). Tradotto: “Fà quel cavolo che vuoi, ma ti avviso: prima che finisca la partita, arriverà una Donna contro la quale tu non potrai nulla, vecchio!” Che, da buon sbruffone, si sia messo a ridere a crepapelle, è da crederci: “Una donna, che ridere!” Fu la prima e l’unica volta che Dio guardò in faccia il Demonio e lo sfidò firmando una sorta di mandato di cattura internazionale. Rimase, Lucifero, a piedi libero: ma restare a piedi libero sapendo d’avere la ghigliottina che tende ad abbassarsi dopo giorno giorno è una libertà che non è già più libertà.
Nel frattempo, Dio – ch’è misericordia – provò comunque a fare in modo che Satàn mollasse la presa: inviò donne a destra, a manca, capaci di fare cose che gli uomini manco sognavano: Rebecca, Ruth, Giuditta, Noemi, la Sulannita, Deborah, Ester. Fosse stato scaltro, Lucifero avrebbe inteso che dietro ognuna di loro c’era un pezzettino della Donna che sarebbe diventata la sua disfatta: la scaltrezza, la furbizia, l’ardore, la seduzione, il coraggio. Niente da fare: mentre Cristo affinava la strategia per la battaglia finale, Satana brindava com’è di colui che alza le mani prima della linea d’arrivo. Poi, esaurita la pazienza – anche Dio ha un limite alla sua pazienza – scatenò l’inferno. Lo scatenò, però, non usando i carri armati, le contraeree, i fuochi d’artificio. Lo scatenò facendosi ridere dietro apposta. Ecco come entrò in guerra, dopo aver fallito i tentativi di pacificazione: «L’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazareth – annota Luca, evangelista pittore – a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria» (1,26-27). Il che fece rovesciare Satàn dalle risate: “Questo decide di entrare in guerra con una donna: apposto. Vinto a tavolino!” Dio ama farsi ridere dietro: ciò gli permetterà di colpire di sorpresa, senza lasciare scampo alcuno.
La Bella (donna) crebbe, divenne madre, sposa, Madonna. Non fece bene i conti quella bestia di Satàn: «Maria concepita senza peccato originale». Una minuzia che segnerà la sua condanna, di Lucifero: il peccato, nella creatura, è il suo punto d’appoggio per andare a svaligiare l’anima, la casa, il cuore. Se una, l’unica, nasce senza peccato, anche il maiale diventa fiacco. Non ha nessun aggancio per entrare e saccheggiare: «Per invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo e ne fanno esperienza tutti coloro che gli appartengono» (Sap 2,24). Non che senza Satàn saremmo rimasti vivi quaggiù per sempre ma la nostra fine non avrebbe avuto nulla a che spartire con paura, angustia, angoscia che ci avvolge. Saremmo passati nell’aldilà diversamente. Di questo desiderio iniziale di Dio, è rimasta Maria come prototipo: di modo che se guardiamo Lei, vediamo come moriremmo se Satàn non ci avesse preso per le budella: assunti in cielo non nelle camere mortuarie. Che l’ultima della classe, poi, sia stata assunta a tempo indeterminato nell’azienda di Dio, questo Lui non se l’aspettava. Saperla amministratrice delegata del cuore di Dio, è una cosa che lo fa andare in bestia.
(da Il Sussidiario, 15 agosto 2024)
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo.
Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Allora Maria disse:
«L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome;
di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.
Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
come aveva detto ai nostri padri,
per Abramo e la sua discendenza, per sempre».
Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua (Vangelo di Luca 1,39-56).
2 risposte
Caro Don Marco, sei sempre fonte di riflessione. Ad es. non avevo mai considerato che Dio ha voluto Maria senza peccato originale affinché non ci fosse l’appiglio per Satana: il peccato. Sia quindi sempre per noi il prototipo a cui ispirarsi. Grazie. Gemma