A quanto pare, leggendo i giornali, uccidere è la più seria preoccupazione dell’uomo: se tutti coloro che abbiamo ucciso, anche solamente con il pensiero, scomparissero per davvero, la terra non avrebbe più abitanti. Il fatto è che la pallottola, dati alla mano, rimane il mezzo di comunicazione più rapido tra gli uomini. «Non uccidere» raccomanda Dio a Mosè nel formulare il quinto comandamento: se ne spende uno intero per specificarlo, significa che il fatto di uccidere è una propensione insita nell’uomo stesso. Nessuno, a priori, s’azzarderebbe a contestare questo comandamento: tutti convengono, invece, che ci siano molte cose per le quali valga la pena vivere, parecchie cose per le quali valga la pena morire, nessuna per la quale valga la pena di uccidere. In Italia è la Costituzione stessa ad innalzarsi come argine alla barbarie del sangue: «In Italia non è ammessa la pena di morte» (art. 27). Non uccidiamo, dunque, perchè Dio non vuole che si uccida: non uccidiamo perchè l’assassinio introduce nella comunità un principio che la distruggerà. Rimane una questione: si uccide solo togliendo la vita oppure si può uccidere anche conducendo qualcuno al punto di sfiorare la morte, riducendolo in condizioni così letali da non riuscire più a sopravvivere alla violenza subita? La prima storia della terza puntata de I 10+2 comandamenti – dal titolo “Il corpo” – è la storia di Associazione Meter e di don Fortunato Di Noto. Gente, un esercito di gente, che da oltre trent’anni s’impregna e s’inzuppa della merda liquida della pedofilia per cercare di recuperare ciò che l’orco ha acciuffato nelle sue mani per appagare un prurito sessuale. E’ la storia drammatica di Salvo: «Di me posso dire che sono un sopravvissuto, proprio come chi è sopravvissuto ai lager», dice citando un’espressione di Papa Francesco. Da bambino è stato abusato per anni da un prete: (don) Erode è il successore di (don) Giuda. Nella Chiesa Salvo ha conosciuto il diavolo vestito da prete. Nella stessa Chiesa, ha conosciuto un arcangelo, vestito anche lui da prete: don Fortunato Di Noto. Con il suo esercito di angeli: Associazione Meter. Stessa Chiesa, traiettoria opposte: ancora grano e zizzania. Un bambino abusato: anche qua, ditemi “se questo è un uomo”.
Della serie. quando il corpo diventa scenario di guerra. Guerriglia familiare prima che urbana: «Non commettere adulterio». Materia di una candidezza imbarazzante il sesto comandamento: “Tu non ti introdurrai come terzo incomodo in un matrimonio”. Lasciate da parte, per favore, la caricatura ch’è stata fatta al sesto comandamento dentro la dogana dei confessionali: l’autoerotismo ch’è un peccato, le cose impudiche d’andare a confessare al prete, e via dicendo. Niente di tutto ciò: il Dio di Mosè chiede serietà massima nel vivere l’amore e le sue storie. Una sfida ai limiti delle possibilità umane, se è vero ciò che si pronuncia all’altare nel giorno del sacramento: «Con la grazia di Dio prometto di esserti fedele sempre». Con la grazia di Dio, perchè da soli è una di quelle sfide impossibili. La stessa grazia che, in caso d’incidente, ben conosce l’arte della riparazione. E’ la storia di Vito e Veronica, una coppia di sposi ch’è la protagonista della seconda storia: ancora Sicilia, alle pendici della madre Etna. E’ anche la storia di Retrouvaille, una sorta di salvagente per matrimoni in crisi: “E se, anche in caso di tradimento, non fosse ancora tutto finito?” Forse pretendere che il matrimonio debba offrire a ciascuno una realizzazione perfetta è una sorta di “concorso in adulterio”, contribuisce a creare un’ansia da prestazione assurda: a ben pensarci, esistono anche incompiutezze ben riuscite. Un amore anche solo parzialmente ben riuscito non è poi una storia da gettare così facilmente alle ortiche. Il fatto è che, da fuori, non è mai facile (forse nemmeno corretto) giudicare un amore. Offrire un salvagente a chi sta naufragando, però, è più che un gesto di cortesia: può diventare l’occasione di re-innamorarsi della stessa persona che si è prima tradito. L’amore: con le sue impreviste deviazioni.
Volgarmente questa potrebbe essere una puntata intitolata: “Storie di pedofili e di corna”. Umanamente, invece, è un applauso alla vita: quando tutto sembra sul punto di morire, appaiono dei manovali che, senza paura di sporcarsi le mani e la faccia, praticano le manovre del primo soccorso. L’esatto opposto dell’omissione di soccorso.
(da Il Sussidiario, 7 agosto 2024)
La terza puntata de “I 10+2 comandamenti” (in onda stasera, RaiUno, seconda serata) ha come titolo: “Il corpo”. Attraverso la storia di don Fortunato Di Noto con Associazione Meter e la storia di Vito e Veronica con Retrouvaille, don Marco Pozza racconterà e attualizzerà altre due parole del decalogo che Dio consegna a Mosè sul Sinai: «Non uccidere» e «Non commettere adulterio».
Il programma, in sette puntate, è prodotto da Officina della Comunicazione in collaborazione con Rai Documentari. La regia è firmata da Luca Salmaso con la supervisione di mons. Dario Edoardo Viganò. La terza puntata è stata girata in Sicilia, tra Avola, Pachino e Catania. Tempo di durata: 60′.
Riepilogo degli articoli
Introduzione al programma, I 10+2 comandamenti (RaiUno), domenica 21 luglio 2024
I 10+2 comandamenti, I^ puntata. Dio, 24 luglio 2024
I 10+ 2 comandamenti, II puntata. Il tempo, 31 luglio 2024
2 risposte
Non vedo l’ora. A stasera con tutti voi
Salve, spero di recuperare le puntate perse. Grazie!!
Siete straordinari. Don Marco è capace di tessere interventi di attualità come pochissimi.
Complimenti!!