maniscalcoIl loro raglio può arrecare simpatia o antipatia. Come quelle orecchie lunghe e irriverenti che colorano spesso e volentieri le minacce dei genitori e le prospettive degli insegnanti. Eppure – per uno di quegli strani casi della vita – fu proprio a lui, orecchie lunghe e pelo folto, che il Dio Altissimo chiese uno strappo in direzione di Gerusalemme. Non cambiò più di tanto nell’immaginario comune da quell’autostop divino: ma nel suo curriculum può vantare un Cliente di tutto rispetto. E’ davvero un peccato che sotto il cielo degli uomini se nasci asino tutti ti debbano guardare con sospetto e ignominia.
Nelle strade di paese c’è la sagra del cinghiale, dei bigoli e dell’anitra, delle castagne e dell’uva. Delle ciliegie, della trebbiatura e dell’asparago: ogni occasione è buona per fare festa, perchè nessuna casa deve essere senza la festa del cuore. Questo se lo raccomanda pure il Creatore. E allora domani, zaino in spalla e matite colorate all’interno, si dà inizio alla “sagra dell’asino”, l’unica sagra che dura quasi trecento giorni all’anno. Dopo mesi di transumanza in giro per il mondo – chi a spaparanzarsi al sole, chi a studiare una lingua nuova, chi semplicemente a macinare vasche nei centri di villeggiatura – la campanella detterà l’inizio di una nuova avventura. Che per gli asini sarà tutta in salita, ma che per i docenti non sarà certo una passeggiata. Perchè faticare e sudare sui libri per trasmettere cultura ad una testa d’asino non è poi il sogno migliore che alberga nel cuore di chi fa della scuola una ragione di vita. Loro arriveranno scanzonati e festanti, fischiettando il loro raglio e scalpitando nei corridoi delle scuole: si racconteranno di nuovi amori, di qualche veloce lettura, di simpatiche ed estroverse intuizioni partorite al chiaror di luna. Loro, i docenti-pastori, magari già da domani inizieranno a colorare l’orizzonte d’interrogazioni e di supposizioni, di esami ormai prossimi e di test da verificare. Inizierà quella strenua battaglia che, simpaticamente o meno, durerà fino all’approssimarsi della prossima estate. “Maledetti asini” – s’ostinerà a gridare qualcuno.
Eppure pensa che tristezza se – armato di registro, programmi e appunti – un docente entrasse in classe e la trovasse vuota. O, peggio ancora, piena di teste geniali: a che cosa servirebbe il suo insegnamento se non ad inanellare una gara di prestazioni tra geni che cercano gloria e docenti che vogliono saperne più dei loro geni? Perchè chi nasce docente deve sempre mantenere la linea di demarcazione con il resto del mondo. Per fortuna rimangono loro, quegli asinacci da penultima fila a destra: laddove il termosifone si erge a compagno e confidente di chissà quante mattinate spese per vedere scorrere il tempo sull’orologio. Eppure sono proprio loro la ragione della presenza del prof sulla cattedra: mancassero, a cosa servirebbe insegnare se tutti sanno già tutto? Sono loro la scommessa più bella: perchè se acceso, il raglio di un asino può oltrepassare la noiosa perfezione della melodia di chi è nato genio.
Il confine è molto sottile, come nei pascoli d’altura: se l’asino è l’ignoranza, la scuola rimarrà una “riserva per geni”. Se l’asino è la possibilità di stupire, allora dal penultimo banco a destra arriveranno le risposte più inaspettate. Perchè può anche darsi che per qualcuno nascere asino in un mondo di genialoidi più che un’offesa sia una posizione fortemente custodita.
Il maniscalco ha avvisato.

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