Nikolai Bodarevsky_processo a Paolo

Il kerygma cristiano

«Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture e fu sepolto ed è risorto il terzo giorno secondo le Scritture» (1Cor 15, 3)

Questo il kerygma della fede cristiana. Passione, morte e risurrezione di Cristo. Seguendo le Scritture d’Israele. A motivo della salvezza universale.
Né sole invitto, né Natale. Fu faticoso, per il 25 dicembre, farsi strada, nel cuore dei cristiani. Per i seguaci del Nazareno dei primissimi tempi non c’erano dubbi: la festa più importante da celebrare era la Pasqua. Evento imprescindibile che aveva cambiato la storia dell’umanità, oltre che di un manipolo d’uomini, sottratti alle occupazioni della pesca, nei pressi del lago di Galilea. Evento, che non può assolutamente essere slegato dalla storia d’amore iniziata da Dio col popolo d’Israele, perché è precisamente in quello stesso solco che va inserita. Così importante che non bastava avesse cadenza annuale, vi doveva essere assolutamente anche una Pasqua settimanale, giorno in cui riunirsi, ascoltando la Parola di Dio e “spezzando il pane”, perpetuando il vivo ricordo di Chi, con la sua vita, ne aveva fatto uno stile riconoscibile.

Una sequenza di apparizioni

Dopo la morte, Cristo appare, risorto, a Cefa, quindi ai Dodici. Poi a cinquecento fratelli, a Giacomo e a tutti gli apostoli.
Per ultimo, a Paolo “come a un aborto”. Uomo degli eccessi, nel bene, come nel male, così si descrive. E sì che l’ego di Paolo non è mai stato anoressico!
Orgoglioso delle sue origini, della sua appartenenza al popolo ebraico e degli studi prestigiosi col maestro Gamaliele, è sempre stato il primo nell’osservanza della legge, il più fariseo dei fariseo, il miglior conoscitore della Legge, tra gli studiosi della Legge. Perché quindi si definisce in modo così poco onorevole?

Paolo: da persecutore a ministro di Dio

«Sono il più piccolo tra gli apostoli e non sono degno di essere chiamato apostolo perché ho perseguitato la Chiesa di Dio» (1Cor 15, 9)

Sì, il più accanito persecutore della Chiesa, da cui i cristiani fuggirono al solo sentirne il nome. Tanto è vero che, dopo la conversione, il sospetto e la paura vinsero a lungo i cristiani, che temevano di avvicinarsi a lui. Anzi, probabilmente, lo stesso Anania, che gli aprì gli occhi, non avrebbe aviuto il coraggio di avvicinarglisi, se non fosse stato avvertito in visione[1].

Era infatti là, Saulo, quando Stefano fu martirizzato, sotto una pioggia di pietre, a tenere i mantelli degli assalitori[2]. Aveva i permessi dei capi religiosi, per “battere a tappeto” le terre di Giudea e Galilea, fin oltre i confini, persino in città straniere, pur di stanare, punire, torturare ed uccidere i seguaci di quella setta distorta dell’ebraismo, che inquinava la fede dei Padri con le loro dottrine e la loro creduloneria in quel Gesù di Nazaret, l’uomo che aveva voluto farsi come Dio.

“Figlio” della grazia

«Per grazia di Dio, però, sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana. Anzi, ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio che è con me. » (1Cor 15, 10)

Il più grande persecutore diventa il più grande missionario, infaticabile “operaio” nella vigna del Signore, perennemente in viaggio, in particolare via mare, tracciando vie marittime, da un porto all’altro, toccando i bassifondi delle città più malfamate (erano malfamate più o meno tutte le città dotate di porti, dal momento che non godevano di fama di grande moralità i marinai e gli avventurieri che li frequentavano![3]). Non c’è che dire: la creatività divina è senza pari… far diventare protagonista della diffusione del Vangelo nel mondo allora noto proprio chi si era prodigato per spegnere senza pietà ogni scintilla di quella nuova eresia sorta all’interno dell’ebraismo… difficile pensare “vendetta” più dolce.

Uno stratagemma non solo furbo, ma che costringe Paolo a scrivere quanto leggiamo ancor oggi, a distanza di secoli. Il merito non è suo, ma è della grazia. Il suo furore era contro i cristiani. È Cristo che lo ha “preso in contropiede”, proprio mentre lui era intento a mettercela tutta per distruggerne il corpo. Ecco perché non può che arrendersi alla grazia e riconoscerne il solerte lavorio: non solo in lui, ma anche negli altri, convincendo i confratelli di Anania che, davvero, “il lupo dimorerà insieme con l’agnello”[4]

L’incontro con Cristo, evento di grazia

Al di là dell’aspetto “meraviglioso” e simbolico che accompagna la conversione di Paolo, sicuramente ci sono aspetti che sono attuali, anche per noi.

Innanzitutto, il fatto che Saulo il persecutore – nonostante tutto – rimane se stesso, anche diventato Paolo, l’apostolo delle genti. Intransigente rispetto alla dottrina, ma malleabile rispetto alle modalità di trasmissione della fede, legato alla ricezione di quanto è diventato oggetto del suo annuncio, non ha mai perso il fervore che lo ha contraddistinto, dirottandolo solo verso una direzione differente.

Possiamo inoltre notare la profondità del coinvolgimento  di Paolo – che è con Cristo e con la Sua chiesa, così come sottolinea il primo incontro, sulla via di Damasco, che vede un’identificazione totale di Cristo con la Chiesa che soffre –.  

Ciò che Paolo fa è merito di Paolo, per il suo lasciarsi plasmare, in ascolto della Parola e dello Spirito, ma non è ascrivibile a lui personalmente; Paolo percepisce un’assistenza alla propria opera, che è pura gratuità e va oltre ogni merito.

A partire dalla folle scelta di Dio di confidare nella mediazione umana. Di uomini profondamente umani, nella loro fragilità: da Abramo a Mosè, da Pietro a Paolo, a ciascuno di noi, ciascuno può sperimentare – a volte, è da ammettere, anche un po’ a malincuore – che “è nella nostra debolezza che può meglio manifestarsi la Sua forza”.

Perché la Chiesa è ancora in piedi, dopo due millenni, più “nonostante” noi, che grazie a noi… è forse questo il più grande miracolo della grazia!   


[1] At 9, 10-14
[2] At 7, 58
[3] Corinto stessa, del resto, ne  era un esempio in negativo, tanto che “corinzia” era sinonimo di “donna di facili costumi”.
[4] Is 11, 6


Rif. letture festive ambrosiane, nella VI domenica di Pasqua, anno B
Fonte immagine: Wiki Commons, Processo all’Apostolo Paolo, Nikolai Bodarevsky

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