Non bastava nascondere lo spregio dei diritti umani deportando i profughi nei lager costruiti nel deserto, la gravissima responsabilità dell’appoggio al terrorismo internazionale e la presa in giro agli italiani rimpatriati dalla Libia senza indennizzo alcuno. Non bastavano nemmeno i trenta cavalli berberi giunti direttamente da Tripoli, lo stuolo di amazzoni scortanti e adoranti il dittatore, lo stuolo e spiegamento di auto bianche, elicotteri e inservienti. E nemmeno lo sfarzo e la stregoneria della tenda berbera piantata a Roma ovunque il leader chieda. Stavolta serviva l’eccesso, il di più: e questo di più si poteva trovare solo nell’Italia della P3 dove la donna vale e aumenta se è bella, maggiorata e montabile-smontabile a piacimento. Torna sempre molto volentieri il rais libico: d’altronde non esiste paese europeo che gli consenta di sentirsi a casa propria e fare ciò che vuole come l’Italia d’oggi. Un gesto di cortesia diplomatica – come lo definiranno i colonnelli – che ha messo a disagio pure frange intere della maggioranza: oramai incapace di giustificare strampalate bizzarrie.
L’accoglienza è parte della nostra cultura: ma riunire 500 donne, metterle in fila, farle passare al body-scanner e ammucchiarle in una sala in attesa di uno schifoso proselitismo religioso è qualcosa che va oltre il debito di riconoscenza politico – internazionale. A maggior ragione se chi accetta queste richieste è il rappresentante di un governo che s’ostina a rinfacciare a Santa Romana Chiesa d’essere il paladino e il difensore delle radici cattoliche dell’Italia e dell’Europa. Salvo poi permettere ad un leader musulmano di avere a disposizione 500 menti manipolabili da convertire grazie al carisma, alle promesse e alla più ibrida contaminazione di pensiero. Non è certamente questo l’Islam con il quale il popolo cristiano è chiamato a dialogare: questa è una delle forme più scurrili di “evangelizzazione premeditata”. Bisognerebbe vedere se, una volta giunto a Tripoli per ricambiare la visita, fosse permesso ad un rappresentante di un Governo cristiano (se ancora si può trovare) di avere a disposizione cinquecento donne berbere, musulmane e rigorosamente con lo chador da poter manovrare con un’evangelizzazione che prometta successo, avvenire e prosperità come credito di una conversione. Chiedendo loro il silenzio assoluto pena la mancata retributività.
Magari domani ci sveglieremo e tutto questo sarà stato solo un drammatico sogno. O, molto più realisticamente, impareremo a fare i conti con chi usa spudoratamente la religione come merce di scambio per tenere in piedi un armadio che, qualora aprisse le ante, mostrerebbe l’identità di migliaia e migliaia di scheletri nascosti lì dentro. Nel frattempo continua a stonare sempre più l’immagine dell’Italia che il mondo capta: persino il presidente Obama – quello ribattezzato, dopo una festante notte, abbronzato – inizia a trattare direttamente con i paesi caldi del terrorismo e dell’Islam. I suoi voli non sono più come quelli dell'”amico Bush” con scalo a Ciampino, ma vanno diretti a Islamabad, Baghdad, Il Cairo. E questa circumnavigazione dell’Europa è segno eloquente di una perdita di credibilità internazionale che passa anche attraverso questi show religiosi finanziati, approvati e mantenuti da chi al cristianesimo dovrebbe rendere inchini per la finezza della cultura lasciata in eredità.
Anche perchè l’esistenza del popolo italiano non è una barzelletta. E le nostre donne – bellissime, intelligenti e sensuali per la maggior parte – non sono giocattoli, merce di scambio o pedine del miglior gioco di Monopoli. E questo chi comanda lo sa: tant’è vero che appoggiare tale politica femminile non figura tra i cinque punti sui quali non si ammette replica, pena la caduta del governo. Ma a questo punto è già caduto lo stile e la dignità.
Chissenefrega del Governo.