La più grande bestemmia è quella d’andare a minacciare uno dicendogli, o dicendole: “Attento che, se continui così, andrai all’inferno!” O, ancora peggio, il minacciare tirando in ballo Dio medesimo: “Dio ti manderà all’inferno!” Fossero la stessa cosa, come apparirà di primo acchito al lettore, non so se varrebbe la candela (af)fidarsi ad un Dio così: di macellai religiosi che vanno a minacciare il quieto vivere armati di mannaie ce ne son a bizzeffe. Cristoddìo, quando venne al mondo, ci venne come nessun altro prima di Lui, dopo di Lui: “Sono venuto fin qui perchè abbiate la vita, e ce l’abbiate pure in abbondanza” ebbe a dire in una giornata uggiosa per gli animi dei suoi ascoltatori. All’inferno, dunque, non si va, non si andrà: punto, a capo. Che nessuno osi professare una baggianata simile. E nemmeno sarà Dio che manderà qualcuno all’inferno. L’Inferno, come pure il Paradiso e il Purgatorio (ch’è l’anticamera del Paradiso), si declina con i verbi al tempo presente, non al tempo futuro: troppo comodo posticipare a data da definirsi la soluzione del nostro caso. All’inferno, dunque, uno ci sta adesso, o non ci starà manco domani. In Paradiso uno ci sta adesso, oppure non ci starà nemmeno domani. Perchè all’Inferno, come anche in Purgatorio o in Paradiso, non ti ci manda Dio: sei tu che decidi di starci adesso. Di rimanerci per sempre, dunque. Anche domani, ch’è il giorno d’inizio dell’eternità. Del tempo perpetuo.

Siamo in presenza dell’ultima eresia? Assolutamente: è qui, nell’oggi della mia storia, che io sto decidendo che ne sarà di me domani. Che sto scegliendo dove andare domani: all’Inferno o in Paradiso, magari abitando qualche tempo in Purgatorio. L’ha messo per iscritto Cristo stesso, venendo al mondo, che Lui non avrebbe assolutamente voluto imporsi o proporsi come disossatore delle carni: visse aprendo parentesi nelle anime, proponendosi come alternativa alla moda del tempo, sognò di diventare l’amico segreto dei pomeriggi tristi. Poi, alla fine però, lasciò all’uomo il diritto di decidere sul suo fine-vita: con Lui, contro di Lui. “Quando mai mi è capitato di decidere dove andare dopo morto – diranno i più leggendo queste righe -. Ovvio che, se spettasse a noi, chi andrebbe giù in fondo ad ardere nell’Inferno?” Rispose Cristo in persona, prendendosi la scena e il microfono: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato». Colpisce l’attenzione ai piccolissimi dettagli, sembra l’elogio della gestualità più semplice: un pezzo di pane, un bicchiere d’acqua, la porta che si apre, una maglietta usata, il letto d’ospedale. Mica parla di incensi, processioni, novene, castità, digiuni, cilici, saturni e talari. Parla di infinitamente meno, perchè per Lui, al centro, c’è l’infinitamente grande della vita. Sono verbi sui quali si sopravvive e si naufraga un po’ tutti quanti: verbi di scogliera, verbi di tempesta, verbi quotidiani. Sono verbi finali attraverso i quali, come al gate di un aeroporto, esibiremo al Dio cristiano la nostra scelta nell’ultimo giorno, quello del grande decollo. Lui, senza battere ciglio, a seconda del “Ero lì e sei venuto” o “Ero lì e non sei venuto, tu mi hai scansato” ci indicherà la direzione, scelta da noi come si sceglie un posto in aereo al momento della prenotazione: «Venite, benedetti del Padre mio (…) Via, lontano da me maledetti, nel fuoco eterno».

Preoccuparsi dunque dell’aldilà non serve a nulla, se non ad illudersi che il tempo faccia le cose al posto nostro. Preoccuparsi dell’al di qua, invece: è qui, in questa trama così apparentemente ripetitiva, che stiamo scegliendo chi saremo per sempre. Invece di vivere la vita com’è di certi uccelli, quelli che sono capaci di dormire in volo, Cristo invita a non farsi scappar la più piccola delle occasioni ch’è sempre la più fastidiosa delle occasioni: «Ero in carcere e voi siete venuti a trovarmi». Ci mancava quest’ultima, proprio il carcere: Cristo nascosto in galera. E lì, in quel posto turpe, aprire una delle sei autostrade che portano in Paradiso.

(da Il Sussidiario, 25 novembre 2023)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra.
Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”.
Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?” E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”.
Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”.
Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”.
E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna» (Vangelo di Matteo 25,1-36).

5 risposte

  1. Grazie per la Parola spezzata!
    Non siamo chiamati a fare grandi cose…ma
    a Essere grandi nelle piccole a volte faticose scelte quotidiane.
    Tutto sarà “pesato”sulla bilancia dell’amore …donato.
    Grazie per le storie di vita raccontate nel programma del sabato mattina….
    Mi incoraggiano a vedere l’Oltre di ogni persona …..e la Grazia che opera in modo misterioso a coloro che aprono il cuore.
    Il Signore Ti renda merito del tuo Ministero.
    Con stima. Maria

  2. Eh! già,caro don Marco hai proprio ragione, è qui e ora l’inferno il purgatorio e il paradiso,in base alle nostre scelte,ci lascia liberi di decidere,e devo dire che a fine giornata con l’esame di coscienza mi trovo spesso in purgatorio, grazie per farci riflettere e meditare il vangelo.buona domenica🙏

  3. Davvero!!! La libertà ci permette di decidere.. grazie per questa spiegazione del nostro “essere qui, adesso’ ❤️

  4. Mi piace leggerti don Marco perché hai sempre uno scorcio di cielo in ogni avvenimento, un andare oltre i limiti e le miserie umane
    Buona domenica

  5. Spiegalo al ricco epulone e al povero Lazzaro che il primo era all’inferno e il secondo in paradiso! Se fosse possibile continuare l’inferno e il paradiso di entrambi penso che il primo sarebbe d’accordo ma non il secondo. Pensi che il “buon” ladrone crocifisso “meritatamente” come lui stesso afferma abbia vissuto il paradiso in terra oppure l’inferno? Ma è bastato il pentimento vero perchè il Signore potesse salvarlo. Permettimi di dire che mi sembra banale quella riflessione anche se concordo che Dio non manda nessuno a l’inferno. Chi ci va lo ha scelto qui e anche dopo lo risceglie perchè non resisterebbe davanti alla Sua Santità di Misericordia e Giustizia, che poi sono la stessa cosa.

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