pretofiloE’ stato ancora una volta Facebook – ufficio stampa di milioni di comunicati giovani – a lanciare l’allarme: quest’anno le “vacanze col don” registrano un deficit pubblico a causa di una certa precauzione dovuta a fatti di cronaca. Da secoli anche d’estate il campanile continua a segnare i rintocchi del lavoro: anzi, proprio l’estate – laddove c’è un prete che serba nell’animo la passione pastorale – la parrocchia si rimbocca le maniche per tentare ancora una volta di organizzare la speranza e l’esistenza sopratutto nei cuori giovani. Eppure quest’anno qualcosa sembra vacillare: il parroco vede le iscrizioni diminuire, le esperienze si accorpano, le parrocchie si uniscono, la magia di un’esperienza che ha cresciuto generazioni di uomini e donne sembra pagare anch’essa lo scotto di un clima difficile da abitare in questo periodo di caccia al prete.
Forse val bene puntualizzare un aspetto nell’economia dell’obiettività: un conto è debellare il male un altro è custodire e promuovere il bene perchè una bufera – lo insegna Ramazzotti nel suo album – può certamente strappare un fiore, ma non può radere al suolo la primavera. Che la parrocchia soffra di una certa disaffezione non occorre sia il mondo laico e puritano a ricordarlo: lo sanno avvertire pure i ministri di Dio poco avvezzi alle perturbazioni sociologiche. Quel mondo laico e puritano che, in maniera più subdola che esplicita, continua imperterrito a gettare il sospetto – e con esso l’acredine – nei confronti di una Chiesa che ancora oggi si batte per testimoniare la Verità che salva: certe volte inciampando. Ci sono gerarchie colpevoli – direttamente o per la teologia dello struzzo – ma non sono certo queste a pagare per prime lo scotto di tale sospetto: la ferita la rintracci nella tristezza di quel prete che, indomito e appassionato, s’arrabatta sfidando la sorte e cercando di mascherare quel dispiacere che gli abita dentro il cuore. Dispiacere per vedere la sua onesta passione – e quella di flotte di animatori bendisposti – screditata a priori per la sua appartenenza al genere ecclesiastico. E tutto questo non è giusto, sopratutto se lontani dai Sacri Palazzi. Perchè quest’estate il campeggio è sinonimo di rischio e di paura? Non è forse lo stesso prete, la stessa parrocchia, lo stesso team di educatori dell’estate precedente (e forse di quello dell’estate successiva)? Se c’è una critica che si muova alla gente di parrocchia è di essere “sempre i soliti”: ma allora perchè dare fiducia l’anno scorso e ritirarla quest’anno nel cui corso tutto s’è svolto con trasparenza? Tutto questo è semplicemente assurdo e nuoce non solo alla vita della chiesa – sopratutto quella di periferia – ma anche alla formazione umana dei nostri ragazzi.
Probabilmente ci sarà qualcuno che sta già stilando la trama di un cortometraggio – stile Draquila – dal titolo “In fuga dal prete”: le prime prove di movimento le possiamo già scorgere al passaggio di un prete per strada, al sorgere di qualche battuta sarcastica, alla lenta demolizione di una fatica secolare. Ci sono confratelli che hanno giocato pesante con la fiducia della gente: e per costoro tutti, agganciati alla misericordia, urliamo giustizia. Ma c’è anche tanta gente che in tempo di crisi economica potrebbe risparmiare sul cibo consumando le fette di salame che ha messo al posto degli ultimi occhiali da sole: perchè se la colpa di uno distrugge a priori la manovalanza di un intero popolo, allora da domani mattina tutti siamo potenzialmente indagati per il “reato di iperbole”. E il cortometraggio che nascerà sarà intitolato “In fuga da tutti”: cioè la fine delle vacanze per sempre.

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