stuproIntrappolati nella loro stessa leggerezza: in bilico tra il dramma e la commedia. Il loro volto è mascherato da una rete, le loro storie somigliano a quelle di un Peter Pan rovesciato con il loro Pifferaio Magico che detta le regole di un nuovo modo di abitare la giovinezza: dove il sesso è inflazionato e la cultura dell’immagine eletta a precetto quotidiano. Ogni tanto abbandonano Peter Pan per diventare Pollicino: ma le tracce che lasciano non servono a loro per ricordarsi la strada (quella è già segnata nei blog e nello spazio virtuale), bensì per rammentare agli adulti la loro presenza e il loro non essere da meno.
C’è stato un tempo in cui la minaccia più grande era rinchiudere un ragazzo o una ragazza nella propria stanza: il contatto col mondo era bloccato. Ora quello stesso gesto diviene l’intrigo più bello: da dentro la stanza – muniti di un pc, di un Iphone o di una semplice connessione – si può essere contemporaneamente a Chicago, Pechino, New Deli o Copenaghen e chattare con un mondo mai stato così vicino. Mentre la mamma – ignara delle potenzialità di una camera che somiglia sempre più ad una succursale della NASA – continua ingenua a pulire l’insalata, cuocere i fegatini e spezzare il pane come niente fosse. Eppure lì dentro si sta declinando un modo pericoloso di vivere l’esistenza.
Tutto fila liscio, fino a quando un giorno apri il giornale e leggi di uno stupro, sul limitare della maggiore età, perpetrato durante una gita scolastica. Si grida allo scandalo, s’invocano controlli più severi nelle uscite, s’approvano misure drastiche e si minacciano ritorsioni. Ma, in realtà, quel gesto è solo l’applicazione pratica – la maestra direbbe la “dimostrazione” – di un teorema letto, appreso e provato già virtualmente nelle lunghe serate trascorse a navigare nel chiuso della camera e improvvisarsi amanti, traditori e concubini di vite altrui. Imbattendosi, magari per caso, nel profilo di qualche madre che adesso s’agita per la crisi di valori della società: mentre su Facebook si fa fotografare il tatuaggio sul fondoschiena o in pose che sfiorano l’erotismo che la TV vieterebbe in “fascia protetta”. Ammesso che le gite scolastiche – o “visite culturali guidate” come amano definirle i Direttori nel tentativo di ridare loro credibilità – servano ancora a qualcosa (oltrechè a trescare fra ragazzi/e), resta il fatto che i nostri ragazzi sono il prodotto di un percorso che ha tolto loro il senso della conquista: sostituendo il desiderio con la voglia. Mentre il primo chiede tempo per dispiegarsi, maturare e giungere a pienezza la seconda – figlia primogenita dell’epoca del consumo – invoca l’istantaneità, la smaltibilità e, sopratutto, non chiede ginnastica: cioè tempo per poter giungere a pienezza. Fino a consumare l’attimo presente come se non esistesse nessun’altra dimensione. E’ linguaggio stesso ad attestarlo: parliamo di “desiderio d’amore” e di “voglia di sesso”. Il tempo lungo dell’innamoramento contro l’istantaneità di una violenza, di un gesto brutale, di un istinto sgonfiato. E, strada facendo, s’indebolisce il carattere, s’impoverisce l’immaginazione (ovvero, la capacità di pensare possibile un altro modo di vivere l’affettività), si spegne la freschezza sul volto. Fino ad elaborare dialoghi sempre più scarni fin attorno al tavolo di casa, all’ora della cena: “mi passi l’insalata, mi avvicini il sale, mi versi da bere, grazie, figurati, buon appetito”.
Poi ti cacciano dallo schermo. Ti cacciano dalla stanza. Per cacciarti dalla loro vita. Forse sarà meglio lasciar perdere le quisquilie del gossip o della letteratura da parrucchiere quest’estate e viaggiare nei loro blog: non c’è trattato di pedagogia che dica meglio chi sono e verso dove stanno viaggiando.

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