Una volta che ce l’ha riavuto in braccio, Maria non si stanca di accarezzare le membra gelate del suo Figliolo appena sgozzato dall’ignavia umana. Pare quasi di vederla, la Mater dolorosa: “Cosa ti hanno fatto, Figlio mio?” Come una sarta, tenta di ricucire le slabbrature delle ferite per cercare di medicarle un pochino: quasi volesse far dolere meno il cadavere di questo bell’Uomo ch’è suo Figlio, ma anche il suo Dio. Un lunghissimo mistero per dipanare il quale non le bastò vivere la vita che ha vissuto, con e senza il suo Gesù appresso. Nicodemo, in disparte, assiste al calvario di questa (ma)donna troppo umana, da lasciarsi ferire: “Hanno battuto il mio Figliolo, ma a provare dolore sono stata io. Bisognerebbe essere madre per capire certe vicissitudini, Giuseppe!” L’uomo d’Arimatea, in religioso silenzio, resta a guardarla mentre appoggia le sue guance di femmina a quelle del Figliolo che non potrà ricambiarle la dolcezza del suo gesto materno. Ha la bocca che resta quasi aperta, le palpebre faticano a restare chiuse: Maria ha la sensazione che la morte, questa schifosissima rivalsa umana, fatichi assai a tenere sepolta la forza della vita. “I suoi capelli: ieri erano così belli!”, pensa Maria. Oggi, invece, assomigliano ad un gomitolo di lana grossa, tutta piena di nodi.
“Che ti hanno fatto, Figliolo mio?” Il suo strazio ha un qualcosa di indicibile: come le paiono distantissimi i ricordi dell’infanzia a Nazareth, delle scaramucce con Giuseppe per l’educazione del loro san Gesù, le prime inquietudini per quel suo modo tutto strano di giocarsi l’infanzia, la fanciullezza, l’adolescenza. Come vorrebbe, Maria, che anche il suo bel Giuseppe fosse qui adesso, assieme a lei, sotto la Croce: “Così, magari in due, questo giogo così pesante peserebbe un po’ meno!” Ricorda tutti i discorsi fatti all’insaputa del loro Figlio, quand’aveva appena chiuso occhio nelle sere bambine: “Anche se Dio non chiude mai occhio, Maria, facciamo finta che non ci senta e fantastichiamo un po’ su chi potrà diventare un giorno, magari a nostra insaputa”. Con la fantasia più cruda, comunque, non giunsero mai, tutti e due assieme, a quest’attimo in cui anche il Cielo sembra aver fatto un collasso. Dopo il Figlio che si lamenta con il Padre – «Dio mio, Dio mio, perchè mi hai abbandonato» (Mc 15,34) – anche la Madre sembra interrogare il Figlio. Che, per la proprietà transitiva, rimanderà gli interrogativi al Padre: “Perchè il tempo, adesso che non mi accarezzi più, sembra durare secoli, Gesù? Da pochi minuti sei sparito, ma a me sembra che l’amore non sia mai esistito sulla faccia della terra”. Lui le sta in braccio a peso morto: è muto come gli agnelli sgozzati, le cade tra le braccia come un fiore reciso dalla falce dell’agricoltore. “Me l’hanno falciato vivo!” continua a ripetere, senza darsi la minima pace. Lui è di ghiaccio, mentre lei arde dalla febbre che l’assale con ferocia.
Ha le braccia che iniziano a pesare come macigni. Siccome è madre, però, regge e sorregge l’avanzare della notte. Quando Nicodemo e Giuseppe le fanno il segno di ridarglielo, perchè lo preparino per la sepoltura, Maria sembra quasi chiedere, come fosse una grazia di quelle che un tempo chiedevano a lei, che il loro buon cuore le conceda di realizzare l’ultimo suo desiderio: “Posso rimanere anch’io qui dentro con Lui?” La compatiscono, perchè è la madre del ragazzo morto, non la deridono perchè le basta il dolore che trattiene, non la rimproverano perchè il solo pensiero di rimproverare una madonna così li tramortisce sul punto. Lei, invece, è seria: “Lasciatemi qui, che lo voglio aspettare. Me ne sto in ginocchio, giuro che non lo toccherò: voglio solo che mi ritrovi qui quando riaprirà i suoi bellissimi occhi. Perchè li riaprirà, ne sono certa!” I due la guardano, non la capiscono ma capiscono che Lei, forse, è l’unica a crederci in ciò che il mondo reputa pazzia. In centro a Gerusalemme c’è gente che, camminando, scoreggia allegramente: sembrano tutti più sereni da quando è stato squartato quest’impostore. “L’inferno sono gli altri” scriverà Sartre secoli dopo. Nel frattempo, per la Madonna gli altri sono Cristo: tutti gli altri, anche i bastardi, oppure nessuno. Nascosta dentro la tomba, la Madonna continua a soffiare sulle braci sotto la cenere della morte: se Lei smette, il mondo creperà di freddo.
(da Il Sussidiario, 7 aprile 2023)
Editoriali della Quaresima e della Pasqua 2023
Mercoledì delle Ceneri, La quaresima della scimmia, 22 febbraio 2023
I^ Domenica di Quaresima, Tentazioni per colazione, 26 febbraio 2023
II^ Domenica di Quaresima, (non) spegnere la luce, 4 marzo 2023
III^ Domenica di Quaresima, Mezzogiorno di fuoco, 11 marzo 2023
IV^ Domenica di Quaresima, I macellai e l’oculista, 18 marzo 2023
V^ Domenica di Quaresima, Lacrime e calcare, 25 marzo 2023
Domenica delle Palme, Come pulcini smemorati, 1 aprile 2023
Giovedì Santo, Il piede di Pietro, 5 aprile 2023
Venerdì Santo, Giuseppe e Nicodemo cuori di leone, 6 aprile 2023
2 risposte
Come sempre parole commoventi, pensieri che rimangono intrusivi e riflessivi nel cuore. Grazie don Marco
Wow, this post really hits home for me. I feel so connected to Maria and her desperate need to touch her son’s frozen body. It’s like she’s trying to heal him herself. I can’t imagine how hard it must have been for her to live that life and then not be able to solve the mystery of what happened to her son.